LA PARTITA A POKER SU CHRYSLER SPIEGATA DAL ‘’FINANCIAL TIMES’’ – E SE LO SLITTAMENTO DELLA QUOTAZIONE IN BORSA FOSSE SOLO UN BLUFF PER AVERE PIU’ TEMPO PER RAGGIUNGERE UN ACCORDO CON I SINDACATI DI VEBA?

Carlotta Scozzari per Dagospia

Bye bye Ipo di Chrysler, se ne riparlerà nel primo trimestre del 2014. Lo slittamento della quotazione in Borsa della casa automobilistica in mano a Veba sposta più in là nel tempo, automaticamente, anche l'accordo tra il fondo, che ha in mano il 41,5% della società, e la Fiat, che custodisce la quota di controllo del 58,5 per cento. In attesa che il quadro meglio si chiarisca, il "Financial Times" cerca di fare luce sulle motivazioni dello scontro tra i due soci di Chrysler.

Al centro della querelle c'è il prezzo che il gruppo guidato da Sergio Marchionne dovrebbe pagare per rilevare la partecipazione in mano a Veba. A complicare le cose, poi, ci si è messo lo stesso fondo dei sindacati statunitensi, che a settembre ha spinto Fiat a chiedere la quotazione, e quindi ad avviare le procedure dell'Ipo, per una parte delle azioni.

In questo modo, Veba può percorrere due strade, corrispondenti a due diverse alternative: procedere verso la quotazione in Borsa dei propri titoli Chrysler, oppure raggiungere un accordo privato con il gruppo dell'auto italiano.

Marchionne, che guida sia Fiat sia la società americana, dal canto suo, vorrebbe che il gruppo italiano comprasse l'intera quota in mano a Veba rendendo così Chrysler una controllata al 100% ed evitando l'Ipo. Il Lingotto, del resto, non sta certo attraversando una fase semplicissima, anche perché ha fatto troppo affidamento sull'asfittico mercato dell'auto europeo.

Per questo motivo ha bisogno dei flussi di cassa e delle economie di scala realizzabili soltanto con un consolidamento totale a bilancio di Chrysler. Basti pensare che nell'ultimo trimestre Fiat avrebbe realizzato una perdita di 247 milioni anziché i 189 milioni di utili effettivamente annunciati, che ovviamente tengono conto dell'andamento della controllata statunitense. D'altra parte, il fondo Veba, che di certo non vuole restare socio di Chysler all'infinito, è intenzionato a spuntare il migliore prezzo possibile.

E' chiaro quindi che la battaglia tra i due azionisti, che ha assunto ormai i contorni di una vera e propria partita a poker, si gioca tutta intorno al valore della società dell'auto americana. Secondo indiscrezioni, la valutazione potrebbe aggirarsi sui 10-11 miliardi di dollari, anche se è indubbiamente difficile stimare un valore preciso per via delle passività legate alle pensioni che l'azienda ha in pancia. Stando agli accordi del 2009, anno in cui Fiat ha acquistato la quota di controllo di Chrysler, Veba avrebbe potuto spuntare al massimo 5 miliardi di dollari per il 41,5%, mentre il Lingotto inizialmente aveva attribuito alla stessa quota un valore di 2 miliardi.

Ora, da quel che sembra, Marchionne sarebbe disposto a mettere sul piatto un prezzo intorno ai 4 miliardi (allineato a una valutazione della società di quasi 10 miliardi). Si tratterà allora di capire se la Borsa potrà attribuire alle azioni un valore maggiore, cosa che renderebbe logicamente più appetibile per il fondo pensione statunitense la strada dell'Ipo.

Quel che è certo è che la quotazione emetterebbe un verdetto che risolverebbe una volta per tutte la questione del prezzo. Ma siccome le ultime dichiarazioni di Marchionne fanno intravvedere un accordo all'orizzonte, non ci sarebbe da stupirsi se a breve, nel bel mezzo di questa partita a poker, arrivasse l'annuncio di una "pace" tra Fiat e Veba.

 

 

SERGIO MARCHIONNE FIAT CHRYSLER Marchionne e Obama nella fabbrica Chrysler CONCESSIONARIA CHRYSLERSPOT FIAT-CHRYSLERLogo "Fiat"CHRYSLER

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