1- PER DIVENTARE CONSIGLIERI DI UNICREDIT CALTARICCONE E LO SCARPARO, IN NOME DELLA LEGGE, ABBANDONERANNO IL POSTO CHE HANNO DENTRO LE GENERALI DI TRIESTE? 2- PER QUALE RAGIONE IL GIOVANE RIELLO HA FATTO QUESTA CLAMOROSA MARCIA INDIETRO? 3- NEGLI ULTIMI ANNI NON SI ERA MAI ASSISTITO IN CONFINDUSTRIA A UNA GARA SUL FILO DI LANA COSÌ INTERESSANTE E PER CERTI VERSI DRAMMATICA. PRESIDENTI COME MONTEZEMOLO E LA MARCEGAGLIA SONO STATI ELETTI CON PLEBISCITI BULGARI, MENTRE ADESSO LO SCONTRO SI GIOCA SUL PALLOTTOLIERE CON SCARTI ECCEZIONALMENTE ESIGUI 4- QUALCUNO POTREBBE RICORDARE A MORETTI CHE NEGLI ULTIMI TRENT’ANNI SONO STATI INVESTITI 60 MILIARDI NELLE FERROVIE MENTRE SI È SCORDATA LA NECESSITÀ DI METTERE LE SERPENTINE RISCALDATE NEGLI SCAMBI E IL LIQUIDO CHE SCONGELA I PANTOGRAFI? 5- DAL 24 FEBBRAIO ROCCO SABELLI ABBONDENERA’ AL LORO DESTINO I PATRIOTI DI ALITALIA

1- PER QUALE RAGIONE IL GIOVANE RIELLO HA FATTO QUESTA CLAMOROSA MARCIA INDIETRO?
Sono arrivati sfidando la neve con le gomme delle automobili che slittavano paurosamente, e quando sono andati via avevano l'aria di chi si sente preso per i fondelli.

È questo lo stato d'animo dei 65 imprenditori del Triveneto che ieri mattina hanno raggiunto Villa Braida, un hotel in stile veneziano immerso nella campagna trevigiana, dove avrebbero dovuto assistere al confronto tra Alberto Bombassei e Andrea Riello, due dei tre candidati alla presidenza di Confindustria. Prima ancora che si aprissero le danze, al primo piano della villa il 49enne Riello ha annunciato ai colleghi industriali che affollavano la sala di aver preparato due discorsi: il primo per spiegare il suo manifesto, il secondo per annunciare il ritiro dalla competizione.

"All'ultimo momento - si legge nella cronaca del "Corriere del Veneto" - ho deciso di leggervi il secondo facendo un passo di lato e non indietro perché credo che due candidati (Bombassei e Squinzi) bastino e avanzino. Esco con rammarico ma bisogna dare un esempio di sobrietà".

Per i 65 imprenditori tra cui spiccavano il presidente regionale del Veneto, Andrea Tomat, e quello di Vicenza, Roberto Zuccato, è stata una doccia fredda, anzi forse è meglio dire una scarica di adrenalina che ha fatto montare il sangue al cervello. E molti di loro si sono chiesti per quale ragione il giovane Riello, che a ottobre da Mestre aveva lanciato la sua sfida esclamando "il Veneto è con me", abbia fatto questa clamorosa marcia indietro lasciando al 72enne Bombassei e al 68enne Squinzi il compito di giocarsi la partita finale.

Per alcuni dei presenti a Villa Braida la ragione va cercata in una presunta telefonata che sarebbe arrivata il giorno prima da Padova dove la Marcegaglia ha presieduto l'Assemblea degli Industriali locali, e a questa ipotesi si accompagna il sussurro malizioso che Bombassei gli abbia offerto una vicepresidenza nel futuro organigramma di viale dell'Astronomia.

Sono ipotesi contraddittorie perché è noto che la Marcegaglia sta tirando la volata a Giorgio Squinzi che ha disertato l'incontro di ieri mattina a Mogliano Veneto e non ha mai avuto nel cervello l'idea di offrire vicepresidenze senza garanzie. Il patron della chimica si è incazzato quando Dagospia lunedì scorso ha insinuato che la sua assenza fosse dettata dalla convinzione di partecipare a un'inutile sceneggiata e ha precisato in una lettera che la sua assenza era semplicemente dovuta ad impegni assunti in precedenza con gli imprenditori della Toscana.

Ora non è certo il caso di mettere in discussione la buonafede di Squinzi, ma certamente la ritirata improvvisa di Riello fa venire strani pensieri. Resta il fatto che adesso Bombassei, il candidato di Luchino di Montezemolo che ha raccolto nelle ultime ore il consenso di due pezzi da 90 come Carletto De Benedetti e Gianfelice Rocca, può mollare i freni e viaggiare più spedito verso l'appuntamento di domani in Assolombarda dove si troverà vis a vis con il suo avversario Squinzi.

Questo è di sicuro il passaggio più difficile, perché se è vero che il Triveneto può buttare sul piatto il 20% dei voti, il peso di Assolombarda è decisivo. E qui l'imbarazzo più grosso ce l'ha il presidente Alberto Meomartini, l'ex-Reviglio boy socialista che si porta dietro il peso dell'Eni e quello di Franchino Bernabè, ma non può ignorare le pressioni della Marcegaglia, della Bracco e di tanti piccoli e medi imprenditori.

Entro il 22 marzo i tre saggi scelti da Confindustria per sondare gli umori delle diverse associazioni dovranno portare in Giunta i risultati e tutti fa pensare a un corpo a corpo tra i due candidati rimasti sul campo. Negli ultimi anni non si era mai assistito a una gara sul filo di lana così interessante e per certi versi drammatica. Presidenti come Montezemolo e la Marcegaglia sono stati eletti con plebisciti bulgari, mentre adesso lo scontro si gioca sul pallottoliere con scarti eccezionalmente esigui.

E c'è chi teme che il risultato finale di questa spaccatura tra l'imprenditore di Brembo e quello di Mapei possa riproporsi dopo l'Assemblea di fine aprile indebolendo ancor di più quella Confindustria sulla quale Marpionne e De Benedetti hanno picconato senza pietà.

2- PER DIVENTARE CONSIGLIERI DI UNICREDIT CALTARICCONE E LO SCARPARO MARCHIGIANO ABBANDONERANNO, IN NOME DELLA LEGGE SULL'INCOMPATIBILITÀ DELLE CARICHE, IL POSTO CHE HANNO DENTRO LE GENERALI DI TRIESTE?
I grandi investitori e il popolo bue dei piccoli risparmiatori che hanno aderito all'aumento di capitale di Unicredit sono molto soddisfatti per lo strappo in Borsa del titolo che ha preso a veleggiare smentendo le previsioni degli iettatori.

Adesso questi universi variegati per razza e quattrini si chiedono quale sarà l'assetto finale della banca dove il presidente tedesco Rampl e il roseo piacentino Ghizzoni si trovano d'accordo nell'idea di ridurre il numero dei consiglieri per avere un board più leggero e meno condizionato da interessi esterni.

Oggi a piazza Cordusio si riunisce il Comitato governance del quale fa parte anche il massiccio Fabrizio Pallenzona, leader delle Fondazioni che dopo l'aumento di capitale detengono circa il 12%. È probabile che durante la riunione si affronti il problema del dimagrimento della governance perché a questo punto c'è sufficiente chiarezza per capire chi sono i soci forti sui quali si carica il rilancio dell'Istituto preso di mira dalle autorità europee e da quell'italiano di nome Enria che adesso ha spostato il tiro su MontePaschi.

All'Assemblea di bilancio che si dovrebbe tenere l'11 maggio verranno fuori i numeri esatti e si deciderà il nuovo consiglio di amministrazione nel quale siederanno il Fondo di Abu Dhabi, i libici, gli americani con il loro 8%, i tedeschi di Allianz e le Fondazioni rappresentate quasi certamente dal loro peso massimo Pallenzona.

Un problema più complesso riguarda il fronte dei soci privati, cioè di quei patrioti italiani che negli ultimi giorni dell'aumento di capitale sono spuntati fuori. Anche loro, Caltariccone, Dieguito Della Valle, Del Vecchio, De Agostini, sono saliti sul pennone che è apparso nell'orrenda campagna pubblicitaria, e hanno voluto mettere un chip che oggi vale nell'insieme un 4-5% del capitale.

Chi tra questi cavalieri dell'imprenditoria e della finanza andrà a sedersi nel consiglio multietnico della "nuova Unicredit"? È una bella domanda alla quale nessuno finora ha dato una risposta precisa. L'unica cosa certa è che per diventare consiglieri Caltariccone e lo scarparo marchigiano dovrebbero abbandonare, in nome della legge sull'incompatibilità delle cariche, il posto che hanno dentro le Generali di Trieste.

L'unico tra i patrioti che non ha conflitto di interessi è Leonardo Del Vecchio, il 76enne patron di Luxottica che durante lo scontro tra Geronzi e Della Valle si è dimesso dalle Generali lasciando al management il compito di gestire la Compagnia.

L'ingresso in consiglio di un uomo come Del Vecchio, che da orfanello nativo di Barletta è riuscito a diventare con la sua azienda in provincia di Belluno uno degli uomini più ricchi del mondo, darebbe un tocco di nobiltà al salotto di piazza Cordusio. Chi però conosce il fondatore di Luxottica sa che non è un collezionista di cariche e preferisce starsene sullo yacht "Moneikos" ormeggiato a Montecarlo. L'unica volta in cui il suo nome è balzato alle cronache è stato per colpa di una cameriera che lavorava sullo yacht e lo denunciò per mancato versamento dei contributi.

Un uomo di così basso profilo è difficile vederlo mentre si destreggia a piazza Cordusio per tenere a bada le ambizioni dei vari Pallenzona, Ghizzoni e Rampl.


3- QUALCUNO POTREBBE RICORDARE A MORETTI CHE NEGLI ULTIMI TRENTA ANNI SONO STATI INVESTITI CIRCA 60 MILIARDI DI EURO NELLE FERROVIE MENTRE SI È SCORDATA LA NECESSITÀ DI METTERE LE SERPENTINE RISCALDATE NEGLI SCAMBI E IL LIQUIDO CHE SCONGELA I PANTOGRAFI.
Mauro Moretti è uscito dalla war room allestita al primo piano del palazzo-obitorio delle Ferrovie e dove senza pigiama ha trascorso tre giorni e tre notti, per andare a Bologna, lo snodo cruciale del trasporto.

Qui lo ha raggiunto un giornalista del quotidiano "La Stampa" al quale l'ex-sindacalista di Rimini ha dato spiegazioni molto dettagliate sulla risposta che la sua azienda ha saputo dare alla tormenta dei giorni scorsi.

L'assoluzione del sistema che deve governare è assoluta perché - dice Moretti - solo 8 treni su 42mila hanno avuto problemi. "Parliamo di 8 convogli, di cui tre bloccati per gli alberi caduti sulla linea elettrica e sui binari, e cinque con ritardi dovuti ai manicotti di ghiaccio sulle linee di contatto...però mille ferrovieri hanno distribuito 7mila kit di conforto, 50 bar sono rimasti aperti nelle stazioni periferiche, 12 bus e 140 taxi messi a disposizione dei viaggiatori e a tutti è stato offerto il pernottamento in albergo...permettetemi di ringraziare a nome dell'azienda gli uomini delle Ferrovie dello Stato".

Al giornalista che gli chiede per quale ragione gli scambi ghiacciano, Moretti risponde: "abbiamo avviato un piano per dotare di scaldiglie anche altri lunghi tratti di linea". E all'obiezione sui treni dei pendolari penalizzati dall'Alta Velocità, aggiunge: "gli utili che facciamo con Frecciarossa li impieghiamo a coprire le perdite del servizio universale".

È chiaro che il supermanager delle Ferrovie non ci sta a salire sul banco degli accusati e non accetta nemmeno la lezioncina che Franchino Bernabè ha pronunciato ieri sera a "Ballarò" dove ha detto: "non c'è nulla di più prevedibile dell'imprevedibile".

L'aspetto più nobile della sua intervista è comunque rappresentato dal rifiuto di scendere in campo nella polemica casereccia tra il sindaco di Roma con il sale da cucina e l'arcangelo Gabrielli senza poteri. Ma qualcuno potrebbe ricordare a Moretti che negli ultimi trenta anni sono stati investiti circa 60 miliardi di euro nelle Ferrovie mentre si è scordata la necessità di mettere le serpentine riscaldate negli scambi e il liquido che scongela i pantografi.

Anche loro: scambi, pantografi, piccole stazioni non presidiate, sono cose prevedibili, anzi da manuale.

4- DAL 24 FEBBRAIO ROCCO SABELLI SMETTERA' DI VOLARE ALITALIA-COLANINO
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che Rocco Sabelli, il manager di Agnone scelto nel 2008 da BancaIntesa per salvare l'Alitalia con la cordata dei patrioti italiani, sta per smettere di volare.

I giornali oggi danno per sicure le dimissioni che presenterà alla prossima assemblea fissata per il 24 febbraio. Nel palazzo dell'Alitalia si dice che Sabelli abbia intenzione di ritirarsi nella sua piccola società Data Service e che stia dialogando con l'azienda di informatica Engineering per una nuova avventura imprenditoriale".

 

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