
GLI STATI UNITI PAGHERANNO CARO I DANNI DEL “DAZISTA DELLA CASA BIANCA” – DOPO IL TERREMOTO POST DAZI SUI LISTINI, PER GLI INVESTITORI È CAMBIATA LA MAPPA DEI BENI RIFUGIO: IL DOLLARO USA E I TREASURY MOSTRANO NON SONO PIU’ PORTI SICURI, MENTRE SI RAFFORZANO L’ORO E IL FRANCO SVIZZERO – IL DOLLAR INDEX È SCESO SOTTO QUOTA 100 (-10% DAI MASSIMI DI GENNAIO), I RENDIMENTI DEI TREASURY DECENNALI SONO BALZATI DAL 3,8% AL 4,5% – IL VERO PROBLEMA PER TRUMP È CHE GLI STORICI CREDITORI, COME LA CINA, STANNO RIDUCENDO LE LORO ESPOSIZIONI IN TITOLI DI STATO AMERICANI. E WASHINGTON SI FA SEMPRE PIÙ DIFFICILE COLLOCARE NUOVO DEBITO…
Estratto dell’articolo di Vito Lops per “Il Sole 24 Ore”
Lo shock dazi sta mandando anche gli investitori in confusione, costretti a ridisegnare la mappa dei beni rifugio in scia ai profondi cambiamenti geopolitici in atto. Il ritorno dell’amministrazione Trump alla guida della politica commerciale americana, con l’introduzione del pacchetto di dazi “Liberation 2” mirato in particolare contro la Cina, ha destabilizzato l’intero equilibrio macro-finanziario globale.
In questo nuovo scenario, due dei quattro storici asset rifugio — il dollaro Usa e i Treasury — stanno mostrando segni di evidente debolezza, mentre l’oro e il franco svizzero si confermano porti sicuri. Bitcoin, dal canto suo, inizia a mostrare una sorprendente resilienza, ponendosi come un potenziale outsider.
In passato, il binomio dollaro–Treasury rappresentava il baluardo difensivo per eccellenza nei portafogli globali. Oggi entrambi i pilastri traballano. Il Dollar Index (DXY) è sceso sotto quota 100 (-10% dai massimi relativi del 10 gennaio), segnalando un progressivo disallineamento tra gli Stati Uniti e il resto del mondo, mentre i rendimenti dei Treasury decennali sono balzati dal minimo del 3,8% del 4 aprile al 4,5%, nonostante l’esito positivo di un’asta da 39 miliardi di dollari in settimana che ha registrato il record storico di domanda da investitori stranieri (87,9%).
A pesare sui tassi sono le nuove stime sul deficit. Le stime per l’anno fiscale del 2025 indicano un possibile aumento del 23% del deficit, che potrebbe balzare da 1.900 miliardi a un range compreso tra 2.500 e 2.700 miliardi. Nonostante l’attività di taglio costi impostato dal Doge guidato da Elon Musk. Inoltre se Trump porterà fino in fondo i dazi aumenterà il rischio di stagflazione, scenario avverso alle obbligazioni di lunga durata.
Come se non bastasse, storici creditori -come Cina e Giappone - stanno progressivamente riducendo le loro esposizioni in titoli di Stato americani. È quindi chiaro che per Washington si fa sempre più difficile collocare debito, soprattutto sulla parte lunga della curva. Il rischio è che gli Stati Uniti siano costretti ad affidarsi a una combinazione di domanda domestica e supporto della Federal Reserve, con potenziali effetti distorsivi sulla politica monetaria.
In questo contesto, l’oro si sta confermando re indiscusso. In settimana ha aggiornato un nuovo massimo storico a 3.245 dollari l’oncia. [...]
Oltre che bene rifugio durante le fasi di tensione il metallo giallo si sta confermando l’asset preferito dalle banche centrali dei Paesi non allineati al dollaro (Cina in primis) per diversificare le riserve estere, proprio a scapito di dollaro e titoli di Stato. Un movimento partito nel 2022, in seguito alle sanzioni internazionali comminate alla Russia dopo l’invasione dell’Ucraina con annesso congelamento delle riserve in dollari. Da quel momento, il metallo prezioso è tornato a essere visto come un bene neutrale, fuori dal controllo politico dell’Occidente.
Il franco svizzero, dal canto suo, ha mantenuto il suo ruolo storico, favorito dalla tradizionale neutralità del Paese e dalla solidità del suo sistema bancario. Ma due soli pilastri sembrano insufficienti a reggere la crescente domanda di protezione finanziaria globale.
Ed è qui che Bitcoin inizia a guadagnare terreno. L’asset digitale, a lungo ritenuto troppo volatile per essere classificato come rifugio, durante lo shock dazi sta mostrando un comportamento più solido rispetto alle precedenti fasi di impennata della volatilità sui mercati tradizionali. Mentre il Nasdaq leva 3 - a cui viene spesso correlato - ha perso dal 2 aprile il 22%, Bitcoin ha lasciato sul terreno il 5%, meno anche del Nasdaq tradizionale (-7,5%).
Bitcoin sembra stia rompendo quella correlazione storica con il tech a leva che ne aveva finora limitato la credibilità come asset difensivo. È ancora presto per promuoverlo ufficialmente tra i beni rifugio, ma la sua resilienza in questa crisi segna un passaggio importante nella percezione degli investitori. [...]
Il paradosso è evidente: gli Stati Uniti, con la loro politica aggressiva, rischiano di compromettere i due asset che più di ogni altro hanno garantito stabilità negli ultimi decenni. Un “autogol” strategico, che potrebbe avere come effetto collaterale quello di accelerare la transizione verso una nuova architettura multipolare dei beni rifugio, dove la neutralità (oro), l’indipendenza (Bitcoin) e la stabilità (franco svizzero) diventano le nuove parole d’ordine.