ABBIAMO TOCCATO IL FONDO (MONETARIO) - ALLA FINE DEL G20, NESSUNO HA CAPITO QUALE SIA IL PIANO PER USCIRE DALLA CRISI - SI PARLA DI UN “MURO” DI SOLDI PER PROTEGGERE LE BANCHE, ATTRAVERSO IL FONDO EUROPEO SALVA-STATI (EFSF), CHE GARANTIREBBE FINO A 1500 MLD € - MA È SOLO UNA LEVA FINANZIARIA PER PERMETTERE ALLE BANCHE DI INDEBITARSI, TENENDO FUORI LA BCE - DALLA GRECIA ALLA GERMANIA, IL PIANO RISCHIA DI SCONTRARSI CON LE OPPOSIZIONI POLITICHE DEI SINGOLI PAESI…

Massimo Gaggi per il "Corriere della Sera"

«Direi un pareggio. Un pareggio dell'irresponsabilità» tra Stati Uniti ed Europa. Parola di Paul Volcker. L'ex capo della Federal Reserve (ed ex consigliere di Obama) risponde ridacchiando, mentre consuma una rapido «breakfast» nella caffetteria del Grand Hyatt. La domanda era se l'ha fatta più grossa l'America consentendo un boom dei mutui subprime che ha messo alle corde banche e sistema finanziario, o l'Europa della moneta unica che ha stabilito la regola del «rischio zero» per le emissioni di titoli pubblici dei Paesi dell'euro. Lasciando ora gli istituti di credito vulnerabili davanti alla crisi del debito sovrano di vari Stati dell'Unione.

Dai suoi due metri d'altezza e col distacco del «grande vecchio», Volcker osserva l'andirivieni di ministri e funzionari europei che, arrivati a Washington per le riunioni del Fondo Monetario, hanno speso tutto il weekend - incalzati dal Tesoro Usa, dai cinesi e dai maggiori operatori del mercato finanziario - a replicare alle critiche con controaccuse, ma anche a cercare soluzioni praticabili a vecchie e nuove emergenze: dalla Grecia alle banche (soprattutto francesi) vulnerabili al «rischio contagio» del debito Ue.

Lui, nel frattempo, si è limitato a celebrare la carriera di Jean Claude Trichet, venerdì sera, in un ricevimento oceanico in onore del presidente uscente della Bce. Volcker che per anni, prima della crisi del 2008, aveva messo in guardia l'America «drogata» di finanza facile (ma non l'Europa), spiega di aver voluto onorare un uomo che, come lui, ha sempre creduto nelle regole e «non si è mai fatto affascinare dall'ingegneria finanziaria». Ma sull'ipotesi di intesa tra gli europei per creare un «firewall», un muro finanziario per mettere al riparo Italia e Spagna dal rischio di «effetto Grecia» (salvando così anche le banche più esposte), non dice nulla. «Accordo? C'è un accordo? Io non l'ho visto. Lei sì?»

In effetti della possibile intesa parlano in tanti, ma i termini sono sfuggenti. Alcuni sostengono che una proposta sufficientemente condivisa - dopo le caute aperture del ministro tedesco Schäuble - c'è, ma non può essere resa pubblica fino a quando non verrà ratificato il passaggio precedente di questo percorso di salvataggio: la ratifica dell'accordo europeo del 21 luglio che verrà approvato dal Bundestag di Berlino giovedì prossimo. Un atto che deve ancora essere votato da altri 10 dei 17 Paesi dell'eurozona.

Ma anche i termini dell'accordo che vengono riferiti riservatamente (con l'eccezione del Commissario europeo Olli Rehn che ne ha parlato in modo esplicito), si sono fatti meno chiari col passare delle ore. I fatti più positivi maturati a Washington, gli unici risultati al momento certi, sono due. Intanto la presa d'atto da parte delle autorità di tutti i Paesi europei della gravità della situazione e della necessità di intervenire al più presto con strumenti straordinari.

In secondo luogo il parziale superamento delle resistenze della Germania che rimane contraria a curare il debito con altro debito (il «non salvi l'alcolizzato con l'alcol» scandito da Schäuble), ma capisce che c'è un'emergenza banche e che, pur di non aprire la strada agli Eurobond, si dice disposta ad autorizzare un uso più ampio dell'Efsf, il fondo «salva stati», che dovrebbe moltiplicare le sue risorse (da mettere poi a disposizione dei partner) utilizzando un meccanismo di leva finanziaria.

Qui si fermano le certezze. Sabato diverse fonti, anche della Bce, parlavano della creazione di un nuovo strumento esterno allo «European Financial Stability Facility» che riceverebbe dal Fondo una dotazione di 200 miliardi di euro (ma c'è chi parla di 300) da moltiplicare poi per cinque (o anche per un multiplo maggiore, fino a 10) con un effetto leva affidato alla Banca Europea degli Investimenti (Bei).

Ma già ieri sono emersi dubbi su questa soluzione. Ad esempio quelli del Fondo Monetario per il quale l'Efsf non basta: ci vuole anche un intervento massiccio della Banca centrale europea. Lo dice il responsabile per l'Europa del Fmi, Antonio Borges, ma anche il direttore generale Christine Lagarde che, però, stavolta, precisa di esprimere un giudizio personale.

Cautela comprensibile: i tedeschi sono disposti a collaborare al dispiegamento di un grande muro finanziario a protezione delle banche e dei Paesi più a rischio a patto che la Bce venga lasciata fuori. Schäuble l'ha detto chiaramente.

Ma al di là del problema politico, ci sono difficoltà di tipo normativo: il Fondo «salvastati» non può finanziare entità diverse dai governi. Difficile, quindi, passare per la Bei per realizzare l'effetto-leva. Ma anche la Bce ha impedimenti regolamentari. Resta la possibilità che questi 2-300 miliardi vadano direttamente alle banche. Le quali, usandoli come una polizza assicurativa, potrebbero emettere fino a 1500 miliardi di euro di debito, con la garanzia di una copertura di eventuali perdite fino al 20%. Ma l'Efsf non può prestare direttamente nemmeno alle banche. Forse lo potrà fare attraverso i governi.

Si vedrà nei prossimi giorni. Se i parlamenti andranno avanti speditamente e se gli operatori terranno i nervi saldi. I ministri europei sperano di avere sei settimane di tempo, fino al G-20 di Cannes. Ma i mercati nei giorni scorsi hanno mostrato tutta la loro impazienza. E venerdì la tv finanziaria Cnbc ha presentato, tra le battute sarcastiche dei suoi commentatori, una tabella delle votazioni «sensibili» che si svolgeranno questa settimana in Europa: da Berlino ad Atene, ogni giorno un voto che può avere conseguenze pesanti sulle Borse.

 

draghi trichet Paul Volcker CHRISTINE LAGARDE AL G20TIMOTHY GEITHNERWolfgang Schaubleolli rehnevangelos-venizelos

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…