POSTE IN RITARDO ANCHE IN BORSA - PER L'AD CAIO IMPOSSIBILE SBARCARE A PIAZZA AFFARI A NOVEMBRE - TUTTA COLPA DEI CONTRIBUTI DEL TESORO, SU CUI AVEVA FATTO AFFIDAMENTO SARMI, E DELLA CDP

Laura Serafini per “Il Sole 24 Ore”

 

Francesco Caio Francesco Caio

La macchina per la privatizzazione di Poste Italiane si mette in moto, ma resta con la marcia in prima. La riunione che si è tenuta ieri al ministero per l'Economia, presenti per il dicastero Franco Parlato, responsabile della direzione privatizzazioni, Stefano Di Stefano (supervisione processi dismissione), Olga Cuccurullo (gestione partecipazioni in società non quotate) e per le Poste l'ad Francesco Caio (assieme agli advisor Rothschild e Clifford Chance), è servita per prendere contatto con il consorzio di banche, tre global coordinator (Citi, BofA-Merril Lynch, Citi) e due joint lead managers, (Unicredit e Banca Imi), nominato in questi giorni e avere il loro punto di vista su tempi e modalità dell'Ipo.

 

La sintesi della giornata è la constatazione che, al momento, l'ipotesi di novembre come previsione per lo sbarco della società a piazza Affari appare sempre più difficile da rispettare, nonostante ci sia la volontà da parte di tutti di accelerare.

 

Gli ostacoli sulla strada della privatizzazione sono sostanzialmente due e li ha messi in chiaro l'ad Caio. Il nuovo management della società dei recapiti è stato colto un po' in contropiede dal documento di consultazione sul costo del servizio universale pubblicato una settimana fa dall'Authority per le comunicazioni. Centocinquanta pagine di documento il cui cuore è un algoritmo per calcolare il costo del servizio che, a seconda di come vengono considerate alcune voci contabili, può dare risultati molto diversi.

Poste Italiane jpegPoste Italiane jpeg

 

In sostanza, le Poste si sono rese conto che la certezza di rivedersi riconoscere i costi del servizio per il triennio 2011-2013 (700 milioni l'anno chiesti da Poste) e per gli anni futuri su cui aveva fatto conto il piano industriale dell'ex ad Massimo Sarmi si sta decisamente ridimensionando. Si tratta di contributi del Tesoro molto consistenti destinare a incidere sui flussi di cassa attesi e dunque, inevitabilmente, anche sulla valutazione di Poste. Il documento è in consultazione fino a metà luglio; poi servirà altro tempo all'Authority per trarre le sue conclusioni.

 

Massimo SarmiMassimo Sarmi

L'altro fronte aperto è la convenzione con la Cdp, che deve essere rinnovata per 5 anni con una remunerazione annua per Poste di circa 1,5 miliardi. Un confronto è in corso tra le due parti e verte sui volumi di raccolta che la società si impegna a fare per conto di Cdp sui prodotti di risparmio postale nell'evenienza che le condizioni di mercato siano sfavorevoli.

 

Un advisor comune ha approfondito la questione e fissato una forchetta di valore minimo e massimo per la remunerazione in caso di mercati negativi. Le parti sono divise su questi valori: Poste punta al massimo del range, Cdp al minimo. Anche questo fronte incide sulla valutazione di Poste.

 

Il punto è che in mancanza di questi due tasselli, anche il piano industriale, che Caio ha praticamente ultimato, resta carente di componenti essenziali. E se non si può chiudere il cerchio sul piano, le banche non possono andare a vendere l'equity story sul mercato né i legali possono chiudere la bozza di prospetto.

 

RENZI E PADOAN RENZI E PADOAN

Per andare in Borsa a novembre, un pre-filing in Consob dovrebbe essere depositato entro fine luglio. La risposta finale sullo slittamento dell'Ipo - dalla quale Caio si aspetta di incassare 6 miliardi per la cessione del 40% - si avrà nella prima decade di luglio. Nel frattempo, i primi di luglio, sarà aperta la data room per consentire alle banche di cominciare a lavorare alla due diligence.

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