IL PROGETTO DI BERNABÈ PER SOPRAVVIVERE CHE NESSUNO HA ANCORA RACCONTATO - PLACARE LA FAME DI SOLDI DEI SOCI DI TELCO COL BORSELLINO DILI KA SHING DIVENTATO NEL FRATTEMPOAZIONISTA DI TELECOM GRAZIE AL CONFERIMENTO DI 3 ITALIA; ARROTONDARE LA QUOTA DI CONTROLLO FINO AL 25-26%; CONFERMARE BERNABÈ AL VERTICE, AFFIANCARGLI NOVARI; E VENDERE LA RETE FISSA ALLA CASSA DEPOSITI E PRESTITI
DAGOREPORT
Vuoi vedere che Bebè Bernabè, in articulo mortis, ha piazzato la botta vincente nella partita a scacchi per sopravvivere lui ed evitare a Telecom la fine dei tracchi? Questa storiella dei cinesi che parcheggerebbero nella vecchia Sip la loro 3 Italia per sedersi su uno strapuntino del gran convoglio di Telecom è tutta mal raccontata. Dietro, c'è di più e c'è ben altro, dicono quelli che la sanno lunga, lunga quanto i coltelli che girano in corso d'Italia cercando di conficcarsi tra le scapole di Bernabè e che il coriaceo altoatesino è abilissimo nel deviare e rispedire al mittente.
Le chiacchiere che il consiglio d'amministrazione Telecom ha fatto ieri stanno a zero: il dossier sull'integrazione di 3 Italia nel corpaccione dell'ex monopolista com'è trapelato finora, è una piccola parte del tutto. Dentro c'è l'ultima chanche di Telecom e dell'Italia nel risiko dei telefoni...
E' chiaro che la scommessa di Franchino Bernabè - ricondurre a fisiologia il megadebito contratto da Telecom per finanziare l'Opa del '99 di Baffino D'Alema e Chicco Berlusca Gnutti - è una scommessa perduta. Lo spread l'ha complicata, la redditività caratteristica del business s'è ammosciata. Se dopo quattordici anni ci sono ancora 28 miliardi di euro da digerire, se nel frattempo è cambiato il mondo, e le "telecommunication company", in questo loro mondo cambiato, fanno e rifanno i conti di una ricchezza che non c'è più...be', qualcosa vorrà pur dire.
Bernabè lo sa: tutto è fuorchè un fesso. E guardandosi attorno ha avuto un'idea intelligente. Questi cinesi di Hong Kong - ha pensato - hanno finora puntato 10 miliardi sull'Italia, 10 miliardi in 10 anni, un miliarduccio all'anno, per ritrovarsi oggi dieci milioni di clienti: insomma hanno regalato 1000 euro a cliente pur di strapparlo alla concorrenza, con tariffe stracciate, inventandosi per di più la qualsiasi, dalla videochiamata quando Skype non lo conosceva nessuno ad un loro I-Tunes pre-litteram, quando ancora la gente scaricava musica da Napster.
Meno male che ci sono stati, dei cinesi così: hanno calmierato le tariffe, spezzando (in verità , con l'aiuto di Wind e senza l'aiuto dell'Autorithy) il cartello Telecom-Vodafone e dal 2010, con buona pace di quelli che non si prendono la briga di andare a vedere il bilancio a Hong Kong, a quanto pare, questi loro 10 milioni di clienti hanno perfino cominciato a fargli guadagnare qualcosina, in modo da recuperare i soldi investiti nell'arco del prossimo ventennio.
Ma i cinesi hanno detto a Bernabè: noi aspettale anche vent'anni, ma se potele fale plima, essele più contenti. Nati a metà dell'Ottocento nella Hong Kong britannica e riempitisi di dollari cinesi fino a versarli, hanno la testa nei secoli ma il guizzo del business nel sangue. Per cui l'idea di sedersi in Telecom Italia ed entrare in forze sul mercato più ricco delle telecomunicazioni italiane non gli fa schifo affatto.
Però sanno stare al mondo, ed è su questo che conta Bernabè. Li conosce bene, Franchino: conosce sia l'ultraottuagenario Li Ka Shing che il suo plenipotenziario Canning Fok - oltre che, naturalmente, il proconsole italiano Vincenzo Novari. Di 3 Italia Bernabè è stato consigliere per anni, in quanto fu proprio Hutchison Wampoa a comprare Andala, il consorzio inventato da Bebè con Soru per vincere la licenza Umts e lanciare in Italia il quarto gestore telefonico e a trasformarla appunto in 3 Italia. Era il 2003, una vita fa, e l'idea di bussare ad Hong Kong fu appunto di Novari meritatamente famoso anche per aver sposato una bellissima ex Miss Italia 2001.
Ebbene i cinesi di Hutchison piacciono a Bernabè perché fanno sul serio e sono davvero internazionali: Europa, Australia, Asia. Gli manca il Sudamerica, e quello Telecom Italia ce l'ha.
Allora l'idea completa - il progetto integrale che nessuno ha ancora raccontato - è una vera quadratura del cerchio: placare la "fame" di quei poveracci dei soci di Telco - Generali, Mediobanca e Banca Intesa, che non ne possono più di minusvalenze e che venderebbero volentieri a chiunque gli offrisse un euro o poco più per azione - col borsellino dei cinesi, nel frattempo già diventati azionisti di Telecom grazie al conferimento di 3 Italia;
arrotondare la quota di controllo fino al 25-26%; confermare Bernabè al vertice, affiancargli Novari, internazionalizzare il business; e, soprattutto - tassello fondamentale - vendere la rete fissa alla Cassa Depositi e Prestiti, che non aspetta altro e non chiede di meglio, sostenuta dalla partecipata F2i di Vito Gamberale con la sua Metroweb, in modo da lasciare sotto il tricolore italiano l'unico asset infrastrutturale davvero "strategico", un po' com'è stato con Snam Rete Gas.
In questo modo, Telecom Italia ripartirebbe affrancata dalla pressa dei debiti (proprio come l'Eni, che ha preso il terno sbolognando la rete dei gasdotti), e finalmente sarebbe libera di investire anche nei mercati in crescita - sicuramente l'Asia ma anche l'Africa, dove Cina vuol dire fiducia - oltre che in Sudamerica, dove finora, con una Telefonica azionista e concorrente tra i piedi, Franchino Bernabè più di tanto non ha potuto fare.
Insomma, una discreta quadratura del cerchio. Tanto più che - Gamberale e Bassanini a parte - non è che in Italia, in tutti quest'anni, si sia mai fatta avanti finora una "cordata di patrioti" pronta a farsi carico dei debiti Telecom ereditati dall'Opa di Baffino. E, diciamola, quella che ha provato a "salvare" l'Alitalia, scaricando 4 miliardi di costi sul pubblico erario, ancora maledice il giorno che l'ha deciso...
Controindicazioni? Tutti fanno le belle fighe, in questa fase, sdegnosette e contegnose. Ma in realtà i soci di controllo italiani farebbero fatica a spiegare ai loro azionisti e alle imprese cui non concedono fidi perché non vendono, prezzo permettendo. I piccoli azionisti masticano amaro, perchè vagheggiano un'Opa che oggi, però, farebbe soltanto un marziano novantenne accompagnato dai genitori: potrebbero, all'atto pratico, accontentarsi del fatto che, alleggerita dai debiti e con un socio forte a cassetta, Telecom non potrebbe che riprendere valore in Borsa, a beneficio anche loro.
La controindicazione vera è solo una, che di nome fa Telefonica. Cioè il gruppo spagnolo che con una quota, in "trasparenza" attraverso Telco, di circa il 10% é il maggior azionista (straniero) di Telecom Italia. Proprio come con Air France nel caso di Alitalia, anche in Telecom la sagacia dell'italico "salotto buono" ha fatto accomodare ai comandi il principale concorrente dell'azienda. Come chiamare Dracula a presiedere l'Avis.
Telefonica avrebbe dovuto giocare la parte del socio industriale, quello che sviluppa le sinergie, che cura il business. Macchè. L'unico business che gli spagnoli del conducator Alierta - buon amico, ahi ahi, di Gabriele Galateri - hanno presidiato è stato il loro, in Sudamerica, dove di Telecom sono appunto concorrenti e dove temono come il fumo negli occhi l'espansionismo di Carlos Slim.
E temono anche che, con Hutchison Whampoa come socio di riferimento e partner industriale, Telecom potrebbe finalmente smetterla di fare la "bella addormentata brasiliana" e far leva sul mercato più ricco che ha; oltre a poter riprendere l'iniziativa di investimenti, e crescita, sul mercato italiano.
A questo punto, se ci fosse un governo e uno straccio di politica industriale in questo Paese, qualcuno dovrebbe chiedersi se all'Italia convenga lasciare Telecom in mano agli indebitatissimi spagnoli di Telefonica che - nel caso esercitasse la prelazione - taglierebbe a Telecom pure quel pezzettino di ali industriali che gli è rimasto;
o al contrario "affidarla" ad un partner industriale come Hutchison Whampoa che ha investito finora 10 miliardi di euro nel nostro Paese, roba che Alierta non se l'è mai nemmeno sognato, e coinvolgerebbe Telecom, rilanciandola, nel proprio ambito di business internazionale già molto forte in Europa come in Asia. Creando una Telecom Italia con cuore e teste italiane ma con portafoglio cinese, che forse potrebbe provare a riprendere a giocare in Champions League e non in Coppa Italia...
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