QUANDO BANKITALIA SBANKÒ SPOLETO (PDL) E LA DIEDE A MPS (PD)

Gian Marco Chiocci per "Il Giornale.it"

Mps, Bankitalia e Coop rosse: la guerra segreta per la scalata all'ambitissima Banca, la Popolare di Spoleto. Nella marea di carte dell'inchiesta di Siena esce marginalmente una storia curiosa, che merita qualche approfondimento anche perché finisce per incrociarsi con un'altra inchiesta sul mondo bancario aperta in Umbria.

L'inedita storia che alimenta interrogativi sul ruolo di Mps e di Bankitalia viene definitivamente alla luce a gennaio di quest'anno quando, in pieno scandalo Mps, a Spoleto si fa avanti una cordata composta da investitori privati e istituzionali denominata Clitumnus che comunica l'intenzione di acquistare il pacchetto di maggioranza che controlla la Banca popolare di Spoleto, fiore all'occhiello del credito umbro, 110 sportelli in tutta Italia, guidata da oltre un decennio dall'assicuratore spoletino Giovanni Antonini, un tipo all'apparenza burbero, con enorme seguito cittadino, una mosca bianca nella rossa cittadina del Festival essendo da sempre di area Pdl.

A quest'Opa (Offerta pubblica di acquisto) partecipano le cooperative rosse con la «Coop Centro Italia» e un pool di imprenditori e istituti umbri. Per capire cosa ci azzecchino nella guerra per la Bps il Mps (già partner di Bps) e Bankitalia occorre fare un passo indietro.

Nel lontano 2010 Bankitalia dispone a sorpresa un'ispezione alla Popolare di Spoleto. Stando ai risultati finali l'istituto umbro pur avendo una «capacità di reddito» pari a un «+10,6%», ottima dunque, viene invitata a cambiare strategia aziendale svecchiando i vertici perché sarebbero stati riscontrate carenze nelle strategie, nella trasparenza, un rischio creditizio legato alla redditività, anomalie nella governance e via discorrendo.

Di lì a poco la procura di Spoleto, nel 2011, apre un'inchiesta e iscrive sul registro degli indagati 17 persone, tra cui Antonini, che nel frattempo si era dimesso dalla carica di presidente per assumere, con voto plebiscitario, quella di presidente della Fondazione della Scs, la cooperativa Società credito e servizi che detiene il 51 per cento della Bps. Il Cda dà subito seguito alle indicazioni di Bankitalia e «svecchia» la governance.

Ma, evidentemente, non basta perché dopo una nuova ispezione nel 2012, Antonini sarà «costretto» a lasciare anche il vertice della Fondazione che finirà commissariata al pari della Banca. Ma perché tanto accanimento da parte di Bankitalia su una banca radicata nel territorio, che in dieci anni ha decuplicato gli sportelli, assunto circa 500 persone, e che ha «solo» circa 30 milioni di euro di rosso? La domanda sorge spontanea visto che tanta e continua attenzione non è stata riservata ad altri istituti in difficoltà come il ben noto Monte dei Paschi, oppure la Banca delle Marche (529 milioni di sofferenze) Banca Etruria (186 milioni) Banco Popolare (900) e via discorrendo. Lo scopriremo a breve.

Torniamo a quella seconda ispezione di Bankitalia del 2012. In una sola settimana di luglio accade di tutto, e di più: partono gli avvisi di garanzia, scattano perquisizioni e sequestri, gli 007 di Bankitalia si ripresentano, Mps annuncia disdette importanti. Poi passano sei mesi e gli ispettori della Vigilanza il 10 dicembre del 2012 lasciano gli uffici della Popolare di Spoleto contestualmente alla ratifica della decisione di Monte dei Paschi di Siena (che ha il 26 per cento della Bps e il 30 della Fondazione) di rescindere i patti parasociali e rientrare in possesso del capitale immesso nella Popolare di Spoleto per un valore nominale di circa 30 milioni.

Il nuovo ad di Montepaschi Viola scrive ad Antonini a fine luglio 2012 per comunicare il prezzo della cessione di 8 milioni di azioni ordinarie per un importo ben più alto, pari cioè a oltre 73 milioni di euro (a fronte di un valore a bilancio 2011 di 49 milioni). Una cifra spropositata perché, come vedremo fra poco, quando si tratterà di lanciare un'Opa sulla Popolare, il valore crollerà incredibilmente di ben 57 milioni di euro, fermandosi a 16 milioni. Un affarone per chi compra.

Trascorre poco più di un mese e la cordata di imprenditori e coop denominata Clitumnus ufficializza la proposta pubblica di acquisto. A guidare l'Opa è il professor Francesco Carbonetti, avvocato e finanziere romano, già consulente legale di Bankitalia, capo area degli studi giuridici della Consob, noto per aver «gestito» il crac Federconsorzi, e secondo i veleni cittadini, imparentato col procuratore capo di Spoleto, Gianfranco Riggio, che sta indagando su Bps. Vero? Falso? Contattato dal Giornale, Carbonetti, dice: «Delle cose mie personali non parlo».

Dai documenti presentati alla Consob dalla Clitumnus emerge quel che accennavamo sopra, e cioè la disponibilità di Mps a vendere ai nuovi proprietari le proprie azioni non per 73 milioni (come da richiesta alla Popolare) ma bensì a euro 16.247.730. Tant'è. L'8 febbraio, a distanza di 10 giorni, arriva il commissariamento.

In alcuni carteggi ad uso interno di Bankitalia visionati dal Giornale, datati 12 luglio 2010 (tre anni prima del commissariamento) già si preannuncia l'Opa «rossa» ufficializzata a gennaio 2013. Si legge infatti: «Adeguata la dotazione patrimoniale, irrobustita da un recente aumento di capitale; in prospettiva tuttavia, stante la paventata indisponibilità da parte della controllante a ulteriori apporti, è allo studio l'intervento di un nuovo socio esterno (Coop Centro Italia)».

E ancora: «In prospettiva, appare peraltro ineludibile il ricorso a ulteriori mezzi patrimoniali per accompagnare il processo di crescita, che né l'autofinanziamento né il socio di maggioranza sono in grado di fornire. Da qui l'ingresso nel capitale di Coop Centro Italia e l'ipotesi di costituzione di una holding da parte degli attuali azionisti». Nella relazione tecnica fiduciaria ci si dilunga persino in commenti «politici» sul dominus della Popolare, Antonini, troppo presente in banca e a stretto contatto con personale e clientela, un «personaggio assai noto presso la comunità spoletina, capace di coagulare vaste aree di consenso».

Gli ispettori ricordano che all'interno della Popolare di Spoleto ci sono uomini affidabili provenienti «dal nostro Istituto» e «da Mps». Si fa presente che la Banca fatica ad uscire da logiche provinciali senza dire, però, che 110 sportelli in ogni angolo del Paese rappresentano tutt'altro che un «accentuato localismo». Insomma, per rilanciare la banca occorre togliere Antonini che ad oggi, con un ricorso pendente al Tar, si ritrova effettivamente fuori dai giochi con un avviso di garanzia e una defenestrazione commissariale in Banca e Fondazione.

Il risultato ipotizzato nel 2010 è dunque raggiunto nel 2013. Con una postilla che, in tempo di crisi, merita di essere rivelata: tra le accuse mosse alla Bps dagli ispettori di Bankitalia, quella di aver erogato troppo credito ad aziende, piccoli imprenditori, famiglie. Una politica che Bankitalia, evidentemente, non gradisce.

 

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