mark zuckerberg facebook

QUESTA L'HO GIÀ SENTITA - FACEBOOK MINACCIA DI OSCURARE I GIORNALI SE DOVRÀ PAGARE GLI ARTICOLI: LA PROPOSTA DI LEGGE AUSTRALIANA - ALCUNI PAESI EUROPEI CI HANNO GIÀ PROVATO, CON GOOGLE NEL MIRINO. IL RISULTATO È STATO CHE IL MOTORE DI RICERCA IN QUEI PAESI HA CHIUSO LA SEZIONE NEWS - È VERO, I GIGANTI DELLA SILICON VALLEY POSSONO AMMAZZARE ALCUNI MEDIA, SOPRATTUTTO QUELLI CHE AVEVANO PUNTATO TUTTO SUL TRAFFICO GENERATO DA SEO E SOCIAL, CONSEGNANDOSI MANI E PIEDI AI LORO CARNEFICI

 

Vittorio Sabadin per ''la Stampa''

 

Facebook minaccia di impedire ai suoi utenti australiani di condividere gli articoli ripresi dai giornali, se verrà approvata una legge che impone ai giganti del web di pagare i contenuti agli editori.

La battaglia è appena cominciata e segnerà un precedente importante. Le imprese editoriali agonizzano a causa della sleale concorrenza dei motori di ricerca e delle piattaforme social: il fatto che Mark Zuckerberg non esiti a prendere in ostaggio i cittadini australiani per ricattare il governo mostra quanto grande sia la posta in palio.

MARK ZUCKERBERG

 

Meno di un anno fa, sul tavolo del primo ministro Scott Morrison era arrivato un dossier di 623 pagine redatto da Rod Sims, presidente della Competition and Consumer Commission. Sembrava il rapporto di un coroner che annunciava l' imminente funerale dei giornali australiani, indicando anche i nomi dei killer: Google e Facebook. Sims ha più di 60 anni e per tutta la vita si è occupato di contrastare i monopoli nelle comunicazioni: «Il potere monopolistico - ha ricordato a Morrison - non deve mai essere superiore alle leggi nazionali». Il governo, appoggiato dai principali editori del Paese, ha così varato un «codice di condotta vincolante» che obbliga Facebook e Google a pagare i giornali, quando utilizzano i loro contenuti, e a rendere trasparenti gli algoritmi che decidono la gerarchia degli articoli.

 

Facebook ha respinto l' accusa di fare soldi con il lavoro degli altri e sostiene che nei primi cinque mesi del 2020 ha inviato due miliardi di click dal suo News Feed ai siti web dei giornali australiani, consentendo agli editori di guadagnare 200 milioni di dollari. Gli editori, ai quali questi conti non tornano, osservano che, se Facebook rinuncerà ai contenuti qualificati per evitare di pagarli, nelle sue piattaforme dilagheranno solo disinformazione e teorie complottiste. La battaglia in corso è decisiva e si aggiunge a quelle che si stanno combattendo in ogni Paese per la sopravvivenza dei giornali.

mark zuckerberg

 

Nell' aprile del 2019, l' Unione Europea ha approvato una direttiva sul «diritto connesso», stabilendo che gli editori hanno il diritto di negoziare con Google e Facebook un compenso per l' utilizzo dei loro contenuti. Gli Stati europei hanno due anni di tempo per recepire la norma. L' Italia non l' ha ancora fatto: a Bruxelles il primo governo di Conte, quello Lega-5 Stelle, aveva votato contro il provvedimento. La Francia è stata invece il primo Paese europeo ad adottarla. Google ha reagito con una dura rappresaglia: ha deciso che, se gli editori francesi vogliono essere pagati, gli estratti dei loro contenuti non finiranno più sulla piattaforma di Google News, ma saranno evidenziati solo dall' indirizzo Internet che rinvia all' articolo.

 

Chi chiede di essere pagato viene in sostanza oscurato, perdendo milioni di lettori sul web. Secondo Google, gli editori europei ricavano già introiti significativi dagli 8 miliardi di visite che ricevono ogni mese da utenti che fanno ricerche su Google, e questo dovrebbe bastargli. Le Monde ha replicato, rilevando che questi «introiti significativi» sono solo briciole e che bisogna reagire per salvaguardare la libera stampa, uno dei pilastri della democrazia.

facebook e le notizie 5

 

Negli Stati Uniti Facebook e Google mostrano un po' meno i muscoli e questo fa ben sperare. Facebook ha già staccato alcuni assegni milionari per fare accordi con gruppi editoriali basati su una licenza di tre anni. Dopo il disastro della disinformazione diffusa nelle elezioni presidenziali del 2016, Zuckerberg è stato costretto a riconoscere il valore dell' informazione di qualità. «Perché ci avete messo così tanto?», gli ha chiesto ironico Robert Thomson, ceo di News Corp.

 

Google ha scelto un approccio diverso, attraverso accordi con i giornali per produrre informazioni condivise, un' innovazione giudicata dagli editori americani una falsa filantropia che tratta da mendicanti i giornali.

 

facebook e le notizie 1

Come finirà? I governi dovrebbero intervenire, come è avvenuto in Australia e in Francia. Gattini e celebrità, ha scritto il New York Times, sono i più cliccati dagli utenti di Internet, ma ai politici interessa l' informazione. Dovrebbero dunque occuparsene, almeno quei politici ai quali importa ancora qualcosa: una categoria della quale, osserva il giornale, negli Usa non c' è quasi più traccia. E non solo negli Usa, purtroppo.

Ultimi Dagoreport

giorgia meloni donald trump - immagine creata con grok

DAGOREPORT – CHE FINE HA FATTO IL FANTOMATICO "PONTE" CHE MELONI SOGNAVA DI CREARE TRA USA E UE? PRIMA DEL VERTICE BY MACRON, LA DUCETTA AVREBBE AVUTO LA TENTAZIONE DI CHIAMARE TRUMP, MA POI CI HA RIPENSATO. PERSINO LEI HA CAPITO CHE DALL'"IMPERATORE DEL CAOS" AVREBBE RICEVUTO SOLO ORDINI, VISTO CHE CONSIDERA I PAESI EUROPEI SOLO DEI VASSALLI - DAVANTI A UN PRESIDENTE AUTORITARIO CHE DIFFONDE MENZOGNE E RIBALTA LA REALTÀ (“ZELENSKY È UN DITTATORE MAI ELETTO. L’UCRAINA NON DOVEVA INIZIARE LA GUERRA. L'EUROPA HA FALLITO”), SIAMO SICURI CHE L’ANTIPATICO GALLETTO FRANCESE MACRON E L’EUROPA MATRIGNA (CHE COMPRA BTP E DA' 209 MILIARDI DI PNRR) SIANO PEGGIO DI UN INAFFIDABILE AFFARISTA TRAVESTITO DA PRESIDENTE?

donald trump bin salman zelensky putin xi jinping

DAGOREPORT - CHE COSA FRULLA NEL CAPOCCIONE DI DONALD TRUMP? QUAL E' IL SUO PIANO PER UN NUOVO ORDINE MONDIALE, A SUA IMMAGINE E SOMIGLIANZA? - L'AFFARISTA FATTOSI PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI È CONVINTO CHE RILEGITTIMANDO LA RUSSIA DI PUTIN COME POTENZA MONDIALE, MOSCA SI SLEGHI DALL’ABBRACCIO COL SUO NEMICO N°1, LA CINA, E MOLLI L’IRAN AL SUO FATAL DESTINO - MA IL TRUMPONE LA FA TROPPO FACILE, AL PUNTO DA PROVOCARE PERPLESSITÀ IN UN ALLEATO DI FERRO COME IL SAUDITA MOHAMMED BIN SALMAN (NON E' UN CASO CHE RIAD OSPITI IL VERTICE PER LA PACE IN UCRAINA, ANZICHE' NELLA NEUTRALE SVIZZERA) – IL DIALOGO IMMAGINARIO TRA IL PRINCIPE EREDITARIO SAUDITA E “THE DONALD” E TUTTE LE VARIABILI CHE TRUMP NON PRENDE IN CONSIDERAZIONE: DALLA REAZIONE CINESE ALLA DEPORTAZIONE DI DUE MILIONI DI PALESTINESI, DALLE SPACCATURE NELL’ISLAM A TAIWAN, PASSANDO PER L'EUROPA...

mediaset matteo salvini marina berlusconi piersilvio giorgia meloni paolo del debbio mario giordano nicola porro

DAGOREPORT – MATTEO SALVINI ATTACCA MARINA BERLUSCONI, REA DI AVER LIQUIDATO TRUMP COME "BULLO", PERCHÉ A MEDIASET NON SE LO FILANO PIÙ: IL CLUB DEGLI ''AMICI DI GIORGIA'' (PORRO-DEL DEBBIO-GIORDANO, CAPITANATO DA SALLUSTI) LO HA ESTROMESSO DAI TALK DI RETE4 – L’INTERVISTA RILASCIATA DALLA CAVALIERA AL ''FOGLIO'' È UN MANIFESTO PER LA FORZA ITALIA GUIDATA DALL'INETTO TAJANI, MARCANDO COSI' LA SUA DISTANZA DA MELONI. E ANCHE DA CHI IN MEDIASET, SUONA OGNI SERA LA GRANCASSA ALLA DUCETTA (E INFATTI LE PAROLE DELLA FIGLIA PREDILETTA DI SILVIO BERLUSCONI HANNO INDISPETTITO IL POCO CORAGGIOSO PIER SILVIO…)

giorgia meloni vertice parigi eliseo emmanuel macron

DAGOREPORT- PER CAPIRE COSA È SUCCESSO AL VERTICE PARIGINO DI MACRON, BASTA VEDERE IL VOLTO INGRUGNITO DI GIORGIA MELONI - PER DARE UN SEGNALE A TRUMP DEL SUO STATO D’ANIMO ALLA ‘’CONVOCAZIONE’’ DEL PRESIDENTE FRANCESE, È ARRIVATA ALL’APPUNTAMENTO CON UN’ORA DI RITARDO, PER POI PRODURSI IN UNA FIGURA BARBINA QUANDO HA AFFERMATO DI NON ESSERE D’ACCORDO SULL’IDEA DI PROPORRE UNA VIA EUROPEA AL CESSATE IL FUOCO IN UCRAINA: L’UNIONE DA SOLA NON VA DA NESSUNA PARTE, QUINDI OCCORRE ‘’RAGIONARE’’ CON TRUMP. A QUEL PUNTO, LA PREMIER MUSK-ERATA SI È RITROVATA ISOLATA, CON I PRESENTI CHE IN CORO LE HANNO FATTO PRESENTE CHE, FINO A PROVA CONTRARIA, È IL PRESIDENTE AMERICANO CHE NON INTENDE “RAGIONARE” CON L'EUROPA (VEDI LE TRATTATIVE RUSSIA-USA IN CORSO A RIAD...)

giorgia meloni donald trump emmanuel macron

DAGOREPORT – GIORGIA MELONI NON AVEVA ALCUNA VOGLIA DI VOLARE A PARIGI AL VERTICE ORGANIZZATO DA MACRON PER L’UCRAINA (E SI VEDEVA), MA HA DOVUTO ABBOZZARE – IL TOYBOY DELL’ELISEO HA APPARECCHIATO UN TAVOLO CON TUTTI I PRINCIPALI LEADER EUROPEI (PIÙ IL BRITANNICO STARMER, PRIMO CONTRIBUTORE DI KIEV, DOPO GLI USA) E LA DUCETTA NON POTEVA DISERTARE – A CONVINCERLA È STATO ANCHE IL PRESSING DELLA "FIAMMA MAGICA", CHE LE HA FATTO NOTARE CHE NON PRESENZIARE L’AVREBBE ISOLATA COMPLETAMENTE. MEGLIO PARTECIPARE, E MARCARE LA PROPRIA DISTANZA AGENDO COME “DISTURBATRICE” TRUMPIANA. E COSÌ È STATO – IL PIANO DI TRUMP: RIAVVICINARE PUTIN ALL’ORBITA EURO-ATLANTICA PER LASCIARE SOLO XI JINPING...