RICCHEZZA DI SECONDA MANO – DA TREVISO A NEW YORK, L’INCREDIBILE ASCESA DI DEPOP, L’APP PER VENDERE ACCESSORI DI MODA, PAGATA PIÙ DI INSTAGRAM: È STATA COMPRATA PER L'ASTRONOMICA CIFRA DI 1,33 MILIARDI DI EURO DA ETSY, SOCIETÀ DI E-COMMERCE QUOTATA AL NASDAQ - LA START-UP DA 30 MILIONI DI UTENTI FA IL BOOM GRAZIE ANCHE ALLA SPINTA CLAMOROSA AVUTA DURANTE IL LOCKDOWN...
Francesco Spini per "la Stampa"
L' uomo da 1,6 miliardi di dollari ha un nome inglese, Simon Beckerman, ma è nato a Milano. Dieci anni fa, a Treviso, ha creato una sorta di mercato digitale, Depop, attraverso cui gli utenti possono comprare e vendere capi e accessori di moda, nuovi o di seconda mano. Ieri Depop è stata venduta per l' astronomica cifra di 1,33 miliardi di euro, per lo più in contanti, a una società di e-commerce di New York quotata al Nasdaq, Etsy. Più di quanto Facebook nel 2012 abbia pagato Instagram.
Così Beckerman e la sua società sono entrati ufficialmente nel club degli «unicorni», animali mitici e rari come le startup che raggiungono la valutazione di almeno un miliardo. In Italia sono miraggi: l' esempio è la Yoox net-a-porter di Federico Marchetti.
Per Depop tutto comincia nel 2011. Raccontano che sia stata la mamma di Beckerman, sante mamme, a leggere su un giornale dell'esistenza di una società, vicino a Treviso, che aiutava le startup a svilupparsi, una certa H-Farm: «Perché non li chiami e gli racconti la tua idea?».
Fin lì Simon, classe 1974, indole e stile da creativo, liceo artistico e studi al Politecnico aveva già avviato una carriera. A metà degli Anni 90 fa il grafico a Milano. Sul finire del decennio, col fratello Daniel, apre una agenzia creativa per siti Internet. Ma si annoia e fonda una rivista, Pig, «People in groove», in cui si racconta il mondo dei creativi nella moda, nel cinema, nella musica, nel design. E mentre il fratello lancia un marchio di occhiali di successo, Retrosuperfuture, lui vuole dare profondità digitale alla rivista per permettere alla comunità che si è sviluppata intorno di comprare e vendere quel che legge. È lì che bussa ad H-Farm. «Ci siamo subito piaciuti: persona umile, grande sensibilità per capire come evolvono le cose», ricorda il fondatore e presidente dell' incubatore trevigiano, Riccardo Donadon. Idea semplice dell' imprenditore milanese: creare una sorta di Instagram col bottone «buy», acquista.
Semplice ma efficace. H-Farm ci crede e mette i primi soldi.
Poi arrivano i colossi come Balderton Capital, l' allora partner Roberto Bonanzinga è tra i primi a credere nel progetto.
Poi il tedesco Holtzbrinck Ventures, Creandum e così via.
Nel 2013 la società, che agli inizi si chiamava Garage, s' è già trasferita a Londra, gli investitori si susseguono, la pressione su Beckerman sale: «Ci sono stati giorni in cui mi svegliavo quasi piangendo, con certi mal di pancia...», confesserà in un' intervista. Nel 2014 l' era degli influencer è già cominciata e Simon chiama Chiara Ferragni quando comincia a essere una star internazionale. Diventa ambasciatrice del marchio e azionista: gli utenti volano.
Oggi Depop ne ha 30 milioni in oltre 150 paesi al mondo. Nel 2020, il lockdown spinge gli affari, le vendite lorde sono pari a 650 milioni di dollari, i ricavi a 70 milioni, +100% in entrambi i casi. Dopo Londra aprono le sedi di Manchester, New York, Los Angeles e Sidney. L' acquisto di Etsy premia anche la lungimiranza di H-Farm. «Depop in 10 anni ha fatto qualcosa di straordinario - dice Donadon - raggiungendo numeri a cui molti gruppi industriali arrivano in due generazioni». Due anni fa H-Farm ha venduto la partecipazione ma ha tenuto un diritto di earn-out nel caso Depop fosse stata rivenduta oltre certe soglie: arriveranno così altri 6 milioni di euro, portando a 11 milioni l' incasso totale, contro un investimento iniziale da 792 mila euro. Morale: H-Farm balza del 12% in Borsa. Merito dell' unicorno a cui ha insegnato a volare.
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