1- IL RITORNO DEL BANANA TERRORIZZA I POTERI FORTI: MOODY’S DECLASSA L’ITALIA 2- L'AGENZIA DI RATING HA PEGGIORATO IL GIUDIZIO SUI TITOLI DI STATO ITALIANI DI DUE GRADINI PER LA DIMINUITA DISPONIBILITÀ DEGLI INVESTITORI STRANIERI D'OLTREOCEANO A COMPRARE I BOND ITALIANI E IL NETTO AUMENTO DEI COSTI DI FINANZIAMENTO SUI MERCATI 3- MA IL VERO MOTIVO È IL TIMORE È CHE LA POLITICA POSSA FRENARE L'OPERAZIONE DI RISANAMENTO MESSA IN CAMPO DAL GOVERNO MONTI CON “UN PROGRAMMA DI RIFORME CHE HA DAVVERO LE POTENZIALITÀ PER MIGLIORARE LA CRESCITA E LE PROSPETTIVE DI BILANCIO” 4- BRUXELLES: “IL RITORNO DI B. È UN PERICOLO ROVINERÀ TUTTO QUELLO CHE FA MONTI” 5- E SUBITO GLI STATI UNITI DI OBAMA FANNO CAPIRE CHE NON VEDONO DI BUON OCCHIO ALLA TESTA DELL’ALLEANZA ATLANTICA UN EX MINISTRO DI BERLUSCONI COME FRATTINI

1 - MOODY'S DECLASSA IL RATING DEI TITOLI DI STATO ITALIANI DA A3 A BAA2 E MANTIENE UN OUTLOOK NEGATIVO
Da "il Sole 24 Ore"

Moody's declassa l'Italia. L'agenzia di rating ha peggiorato il giudizio sui titoli di Stato italiani di due gradini, con un outlook che resta negativo. L'annuncio dell'agenzia di rating è stato fatto nella notte, poco prima dell'arrivo del presidente del consiglio Mario Monti a Sun Valley, sulle montagne dell'Idaho, negli Usa, alla conferenza annuale della banca d'affari Allen & Co, raduno dei big dei media e della new economy.

Il premier, ospite d'onore della sessione odierna del raduno, punterà, nonostante tutto, a rassicurare gli investitori. A far paura, spiega Moody's, è il rischio di contagio dalla Grecia e dalla Spagna ma anche il clima politico che «con l'avvicinarsi delle elezioni della prossima primavera - si legge nella nota dell'agenzia di rating - rappresenta un'ulteriore fonte di rischio», nonostante le positive misure intraprese dal Governo.

Moody's segnala la diminuita disponibilità degli investitori stranieri d'oltreoceano a comprare i bond italiani e il netto aumento dei costi di finanziamento sui mercati. Per l'agenzia di rating, le prospettive per l'Italia sono deteriorate perché la crescita è debole e la disoccupazione è in aumento. Il Pil, in particolare, è stimato in calo del 2% con la conseguenza di rendere più difficile per il Paese centrare gli obiettivi fiscali e di bilancio.

L'Italia è insomma un sorvegliato speciale e Moody's non esclude un ulteriore declassamento. «I rischi che gravano sull'attuazione delle riforme restano considerevoli - sottolinea Moody's - e aumentano il peso dell'austerity e delle riforme sulla popolazione italiana». Il timore è che la politica possa frenare l'operazione di risanamento messa in campo dal Governo con «un programma di riforme che ha davvero le potenzialità per migliorare notevolmente la crescita e le prospettive di bilancio».

LE CRITICHE ALLE AGENZIE DI RATING
A metà maggio, la stessa agenzia di rating aveva pesantemente declassato 26 banche italiane, portandole ai livelli tra i più bassi in Europa. Una decisione che era sembrata animata da un certo accanimento nei confronti del nostro paese, tanto che Abi e Consob avevano duramente criticato la decisione di Moody's, invitando i responsabili dell'agenzia a fornire spiegazioni.

Agli inizi di luglio, inoltre, l'Esma, l'authority europea con sede a Parigi incaricata di vigilare sulla stabilità dei mercati finanziari, ha deciso di avviare un'inchiesta sull'operato delle tre grandi agenzie di rating - vale a dire Standard & Poor's, Moody's e Fitch - per quanto riguarda le modalità e le procedure di valutazione della solidità patrimoniale delle banche.
Effetti a cascata

La decisione di Moody's si è subito fatta sentire in Borsa: Milano ha inizialmente aperto in positivo ma ha subito virato sotto la parità (segui gli Indici in tempo reale). E c'è attesa per l'asta dei BTp che chiuderà il termine per le offerte in mattinata.

2 - L'EX PREMIER TERRORIZZA BRUXELLES: "IL SUO RITORNO È UN PERICOLO ROVINERÀ TUTTO QUELLO CHE FA MONTI"
Andrea Bonanni per "la Repubblica"

Da quando i giornali hanno riportato le dichiarazioni di Alfano che aprono la strada a una rinnovata leadership berlusconiana della destra italiana, i centralini di Palazzo Chigi e quelli del Quirinale hanno passato ai piani alti dei due palazzi molte telefonate provenienti dalle altre capitali europee con richieste di chiarimenti e segnali di inquietudine. E il «percorso di guerra» di Monti a Bruxelles si è fatto, se possibile, ancora più difficile.

«Ancora non riesco a credere che, dopo un totale fallimento politico ed economico, qualcuno possa pensare di riproporsi agli elettori», confida Hannes Swoboda, il capogruppo del Pse al Parlamento europeo. «Tutto quello che Monti sta facendo è cercare di porre rimedio ai danni provocati da Berlusconi. La sua ricandidatura non sarà bene accetta in nessuna capitale perché costituisce un danno per l'immagine dell'Europa che appare come una democrazia in cui non si sanno trarre le conseguenze delle esperienze negative».

Naturalmente, a livello ufficiale, tutte le bocche sono cucite. Nessuno che abbia incarichi istituzionali si permette quella che apparirebbe come una plateale ingerenza negli affari interni di un Paese che ha appena riconquistato credibilità e prestigio sulla scena internazionale. Ma l'annuncio di un ritorno di Berlusconi alle prossime elezioni conferma nel modo peggiore le preoccupazioni che molti governi avevano già espresso in via riservata sulla tenuta del Paese nel dopo-Monti. E si scopre che le ultime dichiarazioni del Cavaliere, sulla possibilità di uscire dall'euro, sulle critiche all'Europa, sull'opportunità di far stampare moneta dalla Banca d'Italia, erano state ascoltate e registrate con attenzione anche quando sembravano, appunto, esternazioni di un fantasma incollerito.

«Non voglio immischiarmi negli affari interni italiani - dice Sylvie Goulard, esponente francese del gruppo liberale al Parlamento europeo, co-fondatrice del Gruppo Spinelli e relatrice del rapporto parlamentare sulle misure di rafforzamento della governance economica - ma tutte le capitali europee vorrebbero che il governo italiano restasse impegnato nella difesa dell'euro.

Certo le ultime dichiarazioni di Berlusconi sulla moneta unica o sul ruolo della Banca centrale gettano all'aria tutti i progressi accumulati negli anni da uomini come Ciampi, Prodi, Draghi e Monti. Non credo proprio che nelle capitali abbiano accolto la notizia con
piacere. L'ultima cosa di cui hanno bisogno gli europei è una campagna elettorale italiana giocata sul sì o sul no all'Europa. Ovviamente la decisione finale spetta agli elettori italiani. Del resto hanno già avuto modo di sperimentare per tre volte i governi Berlusconi».

A stemperare le reazioni europee contribuisce il fatto che nessuno, per ora, prende sul serio le possibilità di successo della destra berlusconiana alle elezioni. «Ma quello che nelle capitali non si è ancora capito, è che la presenza stessa di Berlusconi basta a complicare gli esiti del dopo-voto - spiega un alto funzionario italiano nelle istituzioni comunitarie -. Infatti, mentre prima si poteva comunque contare sulla possibilità di un governo di emergenza nazionale che tenesse insieme centrodestra e centrosinistra per l'adempimento degli impegni europei, la leadership berlusconiana rende di fatto impossibile anche una riconciliazione postelettorale».

Un altro fattore che fanno rilevare gli osservatori europei delle cose italiane è che l'annuncio del ritorno di Berlusconi, se anche dovesse dimostrarsi un "ballon d'essai" destinato a non avere seguiti concreti, ha comunque avuto l'effetto di togliere ogni credibilità politica ad Alfano, che era stato presentato in Europa come il suo delfino. Il leader provvisorio del Pdl aveva perfino abbozzato una mini tournée nelle capitali europee per accreditare la propria immagine e la propria autorevolezza. Alla luce degli ultimi sviluppi, avrebbe fatto meglio a restare a casa. Ma lo sconcerto per la ricomparsa di Berlusconi non si limita all'Europa. Anche a Washington la notizia non deve aver fatto piacere.

L'entusiasmo con cui Obama ha accolto Monti in America è stata letto dai diplomatici anche come un segnale di sollievo per l'uscita di scena del Cavaliere, contro cui l'amministrazione democratica aveva decretato un vero e proprio ostracismo. La riprova dei sentimenti americani per il leader della destra italiana si è avuta recentemente nel corso delle grandi manovre diplomatiche per la scelta del prossimo segretario generale della Nato.

Si sa che l'Italia vorrebbe mettere sul tavolo la candidatura dell'ex minsitro degli esteri Franco Frattini, uomo che si pensava ben accetto dagli americani. Ma da Washington è arrivata una vera e propria doccia fredda: nonostante la stima personale per Frattini, gli Stati Uniti non vedono di buon occhio alla testa dell'Alleanza Atlantica un ex ministro di Berlusconi. Anche per questa partita, la ricomparsa del Cavaliere non aiuta certo ad aggiustare le cose.

 

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