PANTERE GRIGIE UBER ALLES – CON BLOOMBERG E DEL VECCHIO ECCO IL RITORNO DEI “GRANDI VECCHI” NELLE IMPRESE DI FAMIGLIA – ANCHE CAPROTTI DI ESSELUNGA E KAMPRAD DI IKEA ERANO TORNATI AL COMANDO, E ORA CI PROVA TACCHINI
Sandra Riccio per "la Stampa"
Mr Bloomberg torna di nuovo al timone di Bloomberg. Dopo oltre un decennio di lontananza, il 72enne fondatore dell’omonimo impero mediatico si riprende il comando del gruppo che aveva creato nel 1981 e che l’ha reso uno degli uomini più ricchi d’America con un patrimonio stimato in 33 miliardi di dollari. Nel 2002, dopo aver lasciato l’azienda per fare il sindaco di New York, aveva detto che non sarebbe più tornato sui suoi passi. Dopo la politica voleva dedicarsi alla beneficenza. E invece, neanche un anno dopo aver lasciato la poltrona di sindaco della “Grande Mela”, ha ripreso l’attività di manager.
Le tentazioni del resto non mancavano. Bloomberg si era sistemato l’ufficio a un passo dalla scrivania dell’attuale ad, il 58enne Dan Doctoroff, che ha gestito tutto il gruppo dopo la sua uscita. Il ritorno dell’ex sindaco coincide quindi con l’uscita dell’attuale numero uno e amico di lunga data perché al comando per tutti e due non c’è posto.
Michael Bloomberg non è l’unico a riprendersi le redini. Altrettanto ha fatto, pochi giorni fa, il 79enne Leonardo del Vecchio che è tornato ai vertici di Luxottica. Un altro irriducibile è l’89enne Bernardo Caprotti. Il fondatore della catena di supermercati Esselunga si è ripresentato al comando togliendo la poltrona al figlio. All’estero poi ha fatto parlare la vicenda del fondatore dell’Ikea, Ingvar Kamprad. A 87 anni, l’uomo che ha arredato milioni di case in tutto il mondo, è ritornato all’ovile. Stessa strada che sta tentando Sergio Tacchini, il 76enne stilista e fondatore dell’omonimo marchio che sta cercando di ricomprarsi l’azienda - ora in crisi - finita in mano ai cinesi.
I “seniores” si riprendono le poltrone. Spesso perché non riescono a separarsi dalle loro creature. Anche la crisi fa però la sua parte. Di questi tempi, ogni mossa sbagliata può significare un fallimento. Meglio affidarsi alle vecchie volpi che finora non hanno fatto passi falsi. Specie se si tratta di grandi brand e gruppi quotati come Luxottica o Bloomberg. Il non ritorno del vecchio fondatore, specie nei passaggi difficili della vita della società, potrebbe mettere in cattiva luce l’azienda davanti ai mercati.
L’impressione è però che ci sia anche un fallimento della generazione dei manager over 40. Di fatto sono messi senza difficoltà in disparte dai veterani e non riescono mai a scardinarli dalla poltrona. «Il fenomeno nel nostro Paese, va letto guardando alla capacità di fare gruppo delle generazioni più giovani – racconta Luisa Bagnoli, ad di Beyond International, società di consulenza direzionale con focus sull’Executive Search -. Non fanno squadra e per riuscire a soppiantare i leader che hanno posizioni consolidate, di potere, occorre agire insieme. Invece succede che chi è bravo tende a chiudersi in se stesso e a muoversi con le proprie forze e basta. Senza fare network».
I vecchi leader spesso si sono fatti da soli e mantengono quella vena combattiva che li ha portati in alto. «Molte volte più che tornare in azienda, non se ne vanno proprio da questa. E’ un po’ la prassi nel nostro Paese - dice Luisa Bagnoli -. Da noi una spinta al ringiovanimento sarebbe servita già 30 anni fa e purtroppo non c’è stata. E quindi spesso i manager di oggi, anche se anagraficamente più giovani, sono già vecchi ancora prima di compiere i 50 anni».