LE SPINE DEL BISCIONE: PREMIUM, MILAN E MEDIOLANUM - L'EDITORIA INVECE VA BENE. A CASA BERLUSCONI MARINA BATTE PIERSILVIO 1-0 - I ROSSONERI COSTATI UN MILIARDO IN TRENT’ANNI - IL BUCO DELLA PAYTV E LA CAUSA A BOLLORE’

 

Maria Elena Zanini per “CorrierEconomia - Corriere della Sera”

 

FininvestFininvest

Ci sono due intoppi sul cammino di pulizia e crescita di Fininvest: la mancata cessione di Premium (che impatta su Mediaset) e il nodo di Banca Mediolanum. Il desiderio di veder finalmente archiviata la querelle sull' istituto controllato pariteticamente dalla holding della famiglia Berlusconi e dal gruppo Doris, è sfumata martedì 25 ottobre quando dalla Bce è arrivato un messaggio chiaro: Fininvest non può tornare in possesso della quota del 30,124% che detiene nell' istituto di credito, «per il profilo reputazionale di Silvio Berlusconi».

 

L' AFFAIRE MEDIOLANUM

 

ENNIO DORIS CON ALLE SPALLE UN RITRATTO D ANNATA DI BERLUSCONIENNIO DORIS CON ALLE SPALLE UN RITRATTO D ANNATA DI BERLUSCONI

La vicenda era già stata affrontata e superata a livello nazionale nel 2014 quando la Banca d' Italia aveva imposto a Fininvest la cessione della quota eccedente il 9,9% di Mediolanum, a causa delle norme europee sui conglomerati finanziari e alla perdita dei requisiti di onorabilità dell' ex premier, condannato in via definitiva per frode fiscale.

 

Silvio Berlusconi aveva fatto ricorso contro il provvedimento e il Consiglio di Stato lo aveva accolto annullando l' obbligo di vendere il 20% della banca. A distanza di due anni e dopo la fusione per incorporazione in Mediolanum Spa diventata la capogruppo del gruppo Mediolanum, (e proprio come conseguenza della fusione) il problema ritorna.

DRAGHIDRAGHI

 

Immediata la risposta della holding di famiglia: «impugneremo la decisione della Banca centrale in tutte le sedi giurisdizionali competenti», inclusa la Corte di Giustizia europea. E come prima conseguenza, i diritti di voto della holding della famiglia Berlusconi sono stati sospesi per la quota eccedente il 9,99 per cento. Il progetto di tagliare i rami secchi nel 2016 e di concentrarsi sulla crescita, auspicato dai vertici di Fininvest, Marina Berlusconi in primis , sembra rimandato.

 

VINCENT BOLLORE ARNAUD DE PUYFONTAINEVINCENT BOLLORE ARNAUD DE PUYFONTAINE

Anche perché il gruppo deve fare i conti (letteralmente) con il passo indietro di Vivendi. Se l' operazione con Vincent Bolloré fosse andata in porto, il 2016 sarebbe stato un anno felice per le casse della holding, considerando anche la futuribile cessione del Milan. Per quanto riguarda la querelle con i francesi, Mediaset si trova ad avere per le mani, oltre a un accordo non rispettato, una causa che potrebbe valere 1,5 miliardi. Il condizionale per la vicenda è d' obbligo visti i continui chiari di luna delle parti interessate.

piersilvio berlusconi mediaset vivendipiersilvio berlusconi mediaset vivendi

 

I CONTI DEL BISCIONE

 

Certo è che i conti di Mediaset (in cui Fininvest ha una partecipazione del 34,7%) dovranno rimandare a data da destinarsi un risultato netto positivo, contando che l' ultima riga del conto economico relativo al primo semestre evidenzia un rosso di 27,8 milioni, contro i 24,2 milioni del 2015.

 

Ed è proprio la pay a pesare sui conti del colosso tv controllato da Fininvest, una pay che non ha mai fatto utili e su cui pesa l' esborso di 690 milioni per i diritti della Champions League. E che chiuderà il 2016 con un rosso di 200 milioni. Dove ha funzionato e sta funzionando la «cura» di Marina Berlusconi è Mondadori. Dopo aver chiuso, ristrutturato e ridisegnato il proprio portafoglio di pubblicazioni (con quattro testate chiuse negli ultimi tre anni), Segrate ha deciso di ricominciare con lo shopping acquisendo la parte digital del gruppo Banzai e Rcs Libri, con il beneplacito dell' Antitrust che ha posto come condizione l' alienazione di Marsilio e Bompiani.

mediaset vivendimediaset vivendi

 

L' ADDIO AL CALCIO

 

L' editoria si conferma quindi come uno dei principali asset di Fininvest che ha potuto archiviare il 2015 in sostanziale pareggio: l' indebitamento è sceso a 789,1 milioni dai 1,055 miliardi dell' anno prima, mentre il patrimonio netto consolidato sfiora i 5 miliardi di euro. La capogruppo ha quindi messo a bilancio un utile netto di 221,4 milioni decidendo di pagare, per la prima volta dopo cinque anni, dividendi alla famiglia per 91,6 milioni di euro. E a dare ulteriore ossigeno alle casse della holding, come si diceva prima, potrebbe essere la cessione del Milan, sul tavolo da diverso tempo, con molte incognite ancora da chiarire (per esempio la lista degli investitori), ma che in termini di liquidità non farebbe che bene.

 

berlusconi sacchi baresiberlusconi sacchi baresi

Un preliminare con il fondo di private equity Sino Europe è stato firmato il 5 agosto, dopodiché Yonghong Li e David Han Li, le due menti che hanno strutturato tutta l' operazione finanziaria, hanno versato i 100 milioni necessari per la firma. Il closing è previsto tra metà novembre e i rimi di dicembre e al momento della nuova firma saranno versati altri 420 milioni che porteranno alla cessione definitiva dell' intera quota detenuta dalla famiglia Berlusconi (dal 1986) nella squadra milanese. Un duro colpo per Silvio Berlusconi, un sospiro di sollievo per Marina Berlusconi che vede grandi risparmi nel futuro della holding. Negli ultimi 30 anni il Milan è costato quasi un miliardo a Fininvest.

MILAN BERLUSCONIMILAN BERLUSCONI

 

Ultimi Dagoreport

turicchi, giorgetti, sala

FLASH! - IL DILEMMA DI GIORGETTI: IL CAPO DELLE PARTECIPATE DEL TESORO E SUO FEDELISSIMO, MARCELLO SALA, NON HA INTENZIONE DI TRASLOCARE ALLA PRESIDENZA DI NEXI PER FARE POSTO AD ANTONINO TURICCHI, CHE VANTA PERO’ UN ‘’CREDITO’’ NEI CONFRONTI DEL MINISTRO DEL MEF PER AVER CONDOTTO IN PORTO LE TRATTATIVE ITA-LUFTANSA. MA ALLA PRESIDENZA DI ITA, INVECE DI TURICCHI, MELONI & C. HANNO IMPOSTO SANDRO PAPPALARDO, UN PILOTA PENSIONATO LEGATO AL CLAN SICULO DI MUSUMECI – ORA GIORGETTI SPERA CHE VENGA APPLICATA LA LEGGE CHE VIETA AI PENSIONATI DI STATO DI RICOPRIRE INCARICHI RETRIBUITI)…

donald trump

DAGOREPORT - LA DIPLOMAZIA MUSCOLARE DI TRUMP È PIENA DI "EFFETTI COLLATERALI" - L'INCEDERE DA BULLDOZER DEL TYCOON HA PROVOCATO UNA SERIE DI CONSEGUENZE INATTESE: HA RIAVVICINATO IL REGNO UNITO ALL'UE, HA RILANCIATO L'IMMAGINE DI TRUDEAU E ZELENSKY, HA RIACCESO IL SENTIMENT ANTI-RUSSO NEGLI USA - LA MOSSA DA VOLPONE DI ERDOGAN E IL TRACOLLO NEI SONDAGGI DI NETANYAHU (SE SALTA "BIBI", SALTA ANCHE IL PIANO DI TRUMP PER IL MEDIO ORIENTE) - I POTENTATI ECONOMICI A STELLE E STRISCE SI MUOVONO: ATTIVATO UN "CANALE" CON LE CONTROPARTI BRITANNICHE PER PREVENIRE ALTRI CHOC TRUMPIANI...

giorgia arianna meloni maria grazia manuela cacciamani gennaro coppola cinecitta francesco rocca

DAGOREPORT - MENTRE LE MULTINAZIONALI STRANIERE CHE VENIVANO A GIRARE IN ITALIA OGGI PREFERISCONO LA SPAGNA, GLI STUDIOS DI CINECITTÀ SONO VUOTI - SONDARE I PRODUTTORI PER FAVORIRE UNA MAGGIORE OCCUPAZIONE DEGLI STUDIOS È UN’IMPRESA NON FACILE SOPRATTUTTO SE A PALAZZO CHIGI VIENE L’IDEA DI NOMINARE AL VERTICE DI CINECITTÀ SPA, CARDINE DEL SISTEMA AUDIOVISIVO ITALIANO, MANUELA CACCIAMANI, LEGATA ALLE SORELLE MELONI, IN PARTICOLARE ARIANNA, MA DOTATA DI UN CURRICULUM DI PRODUTTRICE DI FILM “FANTASMA” E DOCUMENTARI “IGNOTI” – FORSE PER IL GOVERNO MELONI È STATA PIÙ DECISIVA LA FEDE POLITICA CHE IL POSSESSO DI COMPETENZE. INFATTI, CHI RITROVIAMO NELLA SEGRETERIA DI FRANCESCO ROCCA ALLA REGIONE LAZIO? LA SORELLA DI MANUELA, MARIA GRAZIA CACCIAMANI, CHE FU CANDIDATA AL SENATO NEL 2018 NELLE LISTE DI FRATELLI D’ITALIA - QUANDO DIVENTA AD DI CINECITTÀ, CACCIAMANI HA LASCIATO LA GESTIONE DELLE SUE SOCIETÀ NELLE MANI DI GENNARO COPPOLA, IL SUO COMPAGNO E SOCIO D'AFFARI. QUINDI LEI È AL COMANDO DI UNA SOCIETÀ PUBBLICA CHE RICEVE 25 MILIONI L'ANNO, LUI AL TIMONE DELL’AZIENDA DI FAMIGLIA CHE OPERA NELLO STESSO SETTORE…

consiglio europeo giorgia meloni viktor orban ucraina zelensky ursula von der leyen

LE DECISIONI ALL’UNANIMITÀ IN EUROPA SONO FINITE: IERI AL CONSIGLIO EUROPEO IL PRIMO PASSO PER IL SUPERAMENTO DEL VETO, CON L’ISOLAMENTO DEL PUTINIANO VIKTOR ORBAN SUL PIANO IN CINQUE PUNTI PER L’UCRAINA – GIORGIA MELONI NON POTEVA SFILARSI ED È RIUSCITA A RIGIRARE LA FRITTATA CON MATTEO SALVINI: NON ERA UN DESIDERIO DI TRUMP CHE I PAESI EUROPEI AUMENTASSERO FINALMENTE LE SPESE PER LA DIFESA? DI CHE TI LAMENTI? - ANCHE LA POLEMICA DEL LEGHISTA E DI CONTE SUI “SOLDI DEGLI ASILI CHE FINISCONO IN ARMAMENTI” È STATA AGILMENTE NEUTRALIZZATA DALLA SORA GIORGIA, CHE HA FATTO “VERBALIZZARE” LA CONTRARIETÀ DELL’ITALIA ALL’UTILIZZO DEI FONDI DI COESIONE…