dicaprio in wolf of wall street

QUANDO I BROKER TI LASCIANO BROKE - I GIUDIZI TOPPATI DEGLI ANALISTI: POPOLARE MILANO, UNICREDIT, FIAT E TELECOM. E A WALL STREET, IN TRE CASI SU QUATTRO, GLI ESPERTI CONSIGLIANO DA MESI DI COMPRARE AZIONI CHE NON SI MUOVONO MAI - UNO STUDIO RIVELA TUTTE LE PREVISIONI CANNATE DEI 'PARA-GURU' DI BORSA

Ugo Bertone per ''Libero Quotidiano''

 

tradeline broker x tradeline broker x

Non si può sbagliare almeno a prima vista. Unicredit, da mesi sotto tiro in Piazza Affari, ha tutte le caratteristiche dell' affare del secolo. Questo dicono gli studi degli analisti usciti negli ultimi giorni. Ha aperto le danze Mediobanca Securities giovedì alzando sia il prezzo obiettivo delle azioni Unicredit da 3,5 a 4,4 euro che il giudizio da «neutral» a «overweight».

 

Il giorno dopo la palla è passata a Jefferies: il broker Usa ha iniziato la copertura su Unicredit con un target price di 2,75 euro (contro una quotazione in chiusura di 2,148 euro) e l' indicazione di acquisto delle azioni. Un giudizio, però, influenzato dall' inevitabile aumento di capitale necessario per adeguare il patrimonio alle richieste delle autorità Ue e di Basilea: 11 miliardi di euro almeno. Niente paura, ha fatto sapere Goldman Sachs, la regina dei mercati azionari che, da sempre, detta la linea ai mercati azionari con i suoi report assai ambiti dalle società (che non a caso li pagano a peso d' oro).

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LO STUDIO

Unicredit, secondo quanto si legge nello studio pubblicato venerdì (69 pagine firmate da Jean-François Neuez e Valentine Arditi) può davvero rappresentare la gallina dalle uova d' oro nella prospettiva di un cambio degli equilibri sul fronte delle banche. Il broker, che ha inserito la banca nella propria lista dei titoli preferiti, ha aumentato da 3,5 euro a 3,8 euro il prezzo obiettivo sul titolo.

 

Non solo. La banca, anche grazie ad un' efficace politica della gestione delle sofferenze, può chiudere l' esercizio in corso con un utile per azione di 0,36 euro, rispetto alla precedente stima di 0,31 euro mentre, per l' esercizio successivo, Goldman Sachs prevede un incremento dell' utile da 0,44 euro a 0,5 euro.

 

Ma, soprattutto, la banca d' affari stima che, nel caso l' ad Jean Pierre Mustier riesca a vendere gli asset considerati non strategici (da Pekao a Pioneer), l' ammontare dell' aumento (9,2 miliardi se non cambia il perimetro attuale) potrà essere ridotto drasticamente. O addirittura azzerato, con evidente beneficio per la politica dei dividendi di Unicredit per i prossimi esercizi.

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Insomma, il futuro sembra in discesa. O no? Non è certo il caso di mettere in discussione la competenza e la professionalità degli economisti del colosso Usa. Ma non è difficile collegare il cambio di umore degli analisti (non solo di Goldman Sachs) se si pensa alla pioggia di commissioni che arriveranno ai broker via aumento di capitale o consulenze per le vendite.

 

Certo, dalla crisi del 2008 in poi sono stati alzati «muri cinesi» tra le varie sezioni delle banche d' affari per contenere i conflitti di interesse, ma non è del tutto eliminato il rischio di qualche clamoroso abbaglio, come quello occorso in occasione del caso Parmalat. Alla vigilia del crack, nel 2003, la società di Calisto Tanzi vantava da Goldman Sachs un più che ragguardevole voto in pagella, BBB-/A3, che è costato una forte ammenda dopo il fallimento.

 

Un infortunio che non ha pesato più di tanto sulla reputazione del colosso. Ma l' atteggiamento dei big Usa, nei momenti più caldi, suscita più di un dubbio. A metà luglio, è piovuto come un fulmine a ciel sereno il report di Morgan Stanley sul gruppo Banco Popolare. Una bocciatura in anticipo sull' esito degli stress test che si sarebbero tenuti pochi giorni dopo con una sudata sufficienza per le banche europee. Un esame severo, condito da diversi errori, che all' epoca ha avuto come effetto immediato il crollo del titolo in Borsa: un pessimo affare per chi ha dato retta agli analisti.

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Insomma, i report vanno letti e analizzarsi con prudenza, per vari motivi. Primo, non è affatto detto che l' interesse del piccolo azionista coincida con quelli dei broker: sono diversi i tempi e le finalità dell' investimento, al pari delle modalità. Ormai i big suggeriscono ai loro clienti di investire in fondi o meglio ancora in Etf, riservando i consigli sui singoli titoli ai gestori professionali.

 

Secondo, quando i consigli per gli acquisti arrivano al largo pubblico (specie sui titoli più sottili) i giochi sono già stati fatti e per il «parco buoi» non restano che le briciole.

Terzo, anche per evidenti motivi commerciali, il mercato è più orientato verso i consigli per gli acquisti che per le vendite. È quel che emerge dalle analisi su Wall Street: prevalgono in misura schiacciante (3 su 4) i consigli «buy», anche in una condizione di mercato come l' attuale, piatta più che esuberante.

 

I CONSIGLI

Come giudicare, allora, i consigli per gli azionisti? Sono elementi di cui occorre tener conto perché riflettono gli umori del momento. Il giudizio borsistico positivo sulle banche italiane (condiviso da un broker del calibro di Crédit Suisse) non è certo una garanzia, per esempio, sull' esito dell' aumento Mps.

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Ma è una traccia di cui occorre tener conto per captare gli umori del mercato. Senza farsi troppe illusioni. Basti al proposito, ad esempio, andare a vedere le stime su Fiat Chrysler di inizio anno, che finora si sono rivelate troppo ottimistiche.

 

Senza trascurare gli aneddoti, tipo quello su un analista di Deutsche Bank, una leggenda nel settore, che da tempo immemorabile mantiene il rating di Telecom Italia a 1,422.

Un' apparente follia che ha, probabilmente, una qualche spiegazione perché il rating risponde a varie necessità, anche al di là dell' immediata corsa dei prezzi. Roba per professionisti, insomma, che va trattata con la massima prudenza: per gli outsider lo spazio in manovra (e di guadagno) è limitato. O, comunque, non assicurato.

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