1- CI VUOLE UN SUPERDETECTIVE INTERNAZIONALE NELLA LOTTA AL RICICLAGGIO E AL FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO PER DIMOSTRARE CHE I SOLDI DEL VATICANO NON PUZZANO 2- PER EVITARE GUAI IN ARGENTINA E ANCHE IN BRASILE, BERNABÈ DOVRÀ STARE MOLTO ATTENTO AL “VENTO STATALISTA DI CHAVEZ”. IN CASA FRANCHINO DOVRÀ VALUTARE SE CONVIENE DI PIÙ SVENDERE “LA7” O TENERSELA STRETTA COME ARMA DI SCAMBIO CON I PARTITI 3- I DUE QUOTIDIANI PIÙ VICINI ALLA FIAT (“LA STAMPA” E IL “CORRIERE”) BEN SI GUARDANO DAL CHIEDERSI QUALI SIANO LE RAGIONI PER CUI MARPIONNE SI IMPEGNA A INVESTIRE MILIARDI A DETROIT PER 66 NUOVI MODELLI QUANDO SI È LASCIATO ALLE SPALLE IL SOGNO DI FABBRICA ITALIA. LA CRISI, UN OTTIMO ALIBI PER TAGLIARE I PONTI CON TORINO 4- GIRA LA VOCE DELLA CANDIDATURA DI MAURO MORETTI AL VERTICE DI FINMECCANICA

1- VIENI AVANTI, FRANCHINO
Franchino Bernabè è partito per Venezia dove è prevista per domani la riunione del consiglio di amministrazione.

Lontano dagli uscieri romani che alimentano di notizie quel sito disgraziato di Dagospia, il manager di Vipiteno farà il punto sulla situazione del Gruppo dopo la nota informativa inviata ai consiglieri prima di partire per le vacanze in montagna.

Gli argomenti sono molti e la situazione per Telecom come per le altre aziende del settore è sempre più delicata a causa di una concorrenza feroce dove con offerte mirabolanti si cerca di accalappiare i clienti di un mercato vicino alla saturazione.

Questo però è solo uno dei tanti problemi che pesano sulle spalle di Franchino gravate da 30 miliardi di debiti che secondo le sue intenzioni dovrebbero alleggerirsi entro la fine dell'anno. Accanto a sé ha voluto come nuovo direttore per la finanza Piergiorgio Peluso, il 42enne figlio della ministra Cancellieri che dopo aver lavorato con Matteuccio Arpe è passato in Unicredit poi è sbarcato in Fondiaria dalla quale ha tagliato la corda rapidamente.

L'assunzione del figlio del ministro dell'Interno non va interpretata come un segnale politico perché il capo di Telecom cerca di tenersi alla larga dalla mischia dei partiti. La sua ultima apparizione risale all'inizio di agosto quando a Trento ha partecipato all'appuntamento estivo di "veDrò", l'Associazione dell'impopolare Enrico Letta.

Qui ha parlato soprattutto dell'annosa questione della rete che dovrebbe finire in una newco sotto il cappello del Fondo Strategico Italiano. Su questo tema è scattata la consulenza di Deutsche Bank, l'istituto tedesco che ha un rapporto solido con il Tesoro.

Se il dialogo tra Bernabè e l'amministratore delegato del fondo, Giovanni Gorno Tempini (reduce da una lunga vacanza a Cortina), andrà in porto Telecom potrebbe alleggerire sensibilmente la massa dei debiti e portare in casa qualcosa intorno ai 10-11 miliardi anche se Franchino ne vorrebbe almeno 16.

Nell'incontro di domani si parlerà inevitabilmente anche de "La7", l'emittente televisiva per la quale l'advisor Mediobanca non riesce a trovare un'offerta dignitosa. Al momento l'unico interesse vero sembra essere quello del fondo gestito da Carlo Sposito, ma non c'è nessuna conferma che questo finanziere e manager prosperato all'ombra di Berlusconi abbia l'intenzione di caricarsi delle perdite che nell'ultimo semestre hanno raggiunto i 49 milioni. A questo punto Franchino dovrà valutare se conviene di più svendere "La7" con la sua corte di giornalisti o tenersela stretta come arma di scambio con i partiti e il prossimo Governo.

Quello di domani potrebbe essere quindi un consiglio di amministrazione senza scintille, ma c'è un problema che è balzato fuori negli ultimi giorni a migliaia di chilometri sul quale merita fermare l'attenzione. Riguarda la situazione in Argentina dove Telecom a partire dal '90 quando l'azienda di Stato fu privatizzata ha consolidato la sua presenza dopo un braccio di ferro con gli azionisti della famiglia Werthein. A Buenos Aires tira una brutta aria perché la presidentessa Kirchner, oltre ad essere gonfia di botulino, è pervasa dall'ideologia rivoluzionaria del collega venezuelano Hugo Chavez.

Nonostante il cancro alla prostata l'erede di Simon Bolivar continua a masticare cocaina come un dannato e soprattutto propugna la nazionalizzazione a tappeto delle compagnie straniere. Molti governi sudamericani sono contagiati dal messaggio di Chavez che rischia di creare grossi problemi a Telecom e Telefonica, le due aziende che nel mercato latino operano in maniera separata ma si ritrovano socie in Telco, la holding che controlla il Gruppo italiano.

A conferma di questo vento statalista ispirato da Chavez, arriva oggi la notizia di una furibonda polemica tra la Casa Rosada e il Gruppo Techint della famiglia Rocca. In un servizio molto accurato di Angela Zoppo, la giornalista del quotidiano "MF" che segue con attenzione le vicende dei gruppi italiani all'estero, si legge che Paolo Rocca, ultimo erede della dinastia milanese, ha accusato il governo argentino di scarsa competitività.

La Kirchner è andata su tutte le furie e ha minacciato il Gruppo Techint (presente in Argentina da oltre 65 anni) di durissime ritorsioni. Così Paolo Rocca (classe 1952 e una laurea ad Harvard) ha dovuto fare marcia indietro con una lettera in cui spiega le sue ragioni e ricorda il passato da emigrante del padre Agostino.

Bernabè dovrà stare molto attento al "vento di Chavez" e chiedere ai suoi collaboratori di aprire bene le orecchie per non perdere la leadership sudamericana conquistata da Luca Luciani, il famoso Napoletone estromesso nel maggio di quest'anno per la vicenda delle sim false. Per evitare guai in Argentina e anche in Brasile, dove Telecom è stata stoppata dall'AgCom locale per la vendita delle nuove sim, Franchino chiederà uno sforzo supplementare ad Andrea Mangoni, il manager di Terni che dopo aver guidato l'Acea è stato incaricato da poche settimane di seguire il mercato sudamericano dal quale arrivano gli utili più consistenti del bilancio Telecom.


2- MARPIONNE FA 66
Ai piani alti della Fiat ieri è avvenuto un piccolo movimento. A Pietro de Biase (48 anni e un'esperienza in Alitalia e nel gruppo Riva) sono state affidate le relazioni industriali mentre Priscilla Talacchi è diventata responsabile dell'ufficio romano che cura i rapporti istituzionali. Saranno loro a tenere le fila sempre più esili dei rapporti con i sindacati, i partiti e il Governo.

Non è un'impresa facile perché dovranno gestire il disincanto sempre più accentuato di Marpionne nei confronti della realtà italiana.

Sempre ieri il manager dal pullover sgualcito ha fornito l'ennesima prova della sua irreversibile vocazione americana. Lo ha fatto a Las Vegas dove ha riunito i 2.600 concessionari che cercano di piazzare Chrysler sul mercato degli Stati Uniti, Canada e Messico.

Il tono del suo intervento è stato particolarmente enfatico come sempre succede quando si tratta di galvanizzare l'esercito dei dealers. "Signori - ha esordito Marpionne - Chrysler è tornata e corre a rotta di collo. Non possiamo fermarci oggi", e dopo aver ricordato la cavalcata iniziata nel giugno 2009 ha annunciato il lancio nei prossimi due anni di 66 nuovi modelli dell'azienda di Detroit.

I due quotidiani più vicini alla Fiat ("La Stampa" e il "Corriere della Sera") non lesinano le righe su questa convention trionfalistica e ben si guardano dal chiedersi quali siano le ragioni per cui Marpionne si impegna a investire miliardi per 66 nuovi modelli quando si è lasciato alle spalle il sogno di Fabbrica Italia. Le ragioni sono evidenti e il crollo del mercato domestico ed europeo rappresentano un ottimo alibi per tagliare i ponti con il vecchio continente.

A questo punto sembra quasi inutile che Concita De Gregorio su "Repubblica" metta la crisi della Fiat insieme al dramma del Sulcis e alla vertenza ben più modesta per la cassa integrazione nei call center. E altrettanto inutile sarà lo sforzo dei due manager scelti ieri dalla Fiat per organizzare un incontro tra la ministra delle lacrime Fornero e Corradino Passera.

Nel suo ufficio di Detroit il buon Marpionne li ha pesati e dimenticati.


3- CI VUOLE UN SUPERDETECTIVE INTERNAZIONALE NELLA LOTTA AL RICICLAGGIO E AL FINANZIAMENTO DEL TERRORISMO PER DIMOSTRARE CHE I SOLDI D'OLTRETEVERE NON PUZZANO.
I dipendenti dello Ior sono stressati. Da quando è scoppiato lo scandalo Gotti Tedeschi, le autorità vaticane li hanno messi a dura prova per verificare uno ad uno i conti correnti dei personaggi che hanno messo i loro soldi nella banca vaticana.

A quanto è trapelato i funzionari e le impiegate dello Ior fanno turni massacranti di 12-14 ore perché la parola d'ordine è di mettere le carte a posto in modo da dimostrare entro la fine dell'anno che nelle cassette di sicurezza e sui depositi non c'è ombra di criminalità.

I peccati devono essere lavati con estrema cura ed è questa la ragione per cui la Santa Sede ha deciso di avvalersi di un esperto internazionale nella lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo.

Il suo nome è Renè Brulhart, un avvocato 40enne originario di Friburgo che per otto anni è stato a capo dell'intelligence finanziaria in Liechtenstein e vicepresidente del Gruppo Egmont. In pratica potrà operare come un superdetective e avrà mano libera per dimostrare che i soldi d'Oltretevere non puzzano.


4- NELLE ULTIME ORE HA PRESO A GIRARE CIRCA LA CANDIDATURA MAURO MORETTI AL VERTICE DI FINMECCANICA
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che oggi nel palazzo-obitorio delle Ferrovie dello Stato si terrà la riunione mensile del Consiglio Strategico.

I manager ascolteranno in religioso silenzio i programmi del capo supremo Mauro Moretti che vuole portare l'Alta Velocità addirittura in Brasile.

Nessuna parola sarà pronunciata sulla voce che ha preso a girare nelle ultime ore circa la candidatura dell'ingegnere di Rimini al vertice di Finmeccanica".

 

 

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