1. TELECOM DELIRIUM: TRA VOCI DI SARMI CHE RITIRA LA SUA CANDIDATURA, LA FRONDA DI FOSSATI, MISTERIOSI PIANI DI PATUANO, L’UNICA CERTEZZA È IL TITOLO CHE IMPAZZA IN BORSA 2. COLAO SUGGERISCE UNA SOCIETÀ “A CAPITALE DIFFUSO”, SENZA GRUPPI DI CONTROLLO. E “LES ÉCHOS” FA UN MONUMENTO A LUI, GUERRA DI LUXOTTICA E MARIO GRECO 3. GIUSEPPE BONO SCALPITA DALLA VOGLIA DI AVERE UNA MEDAGLIETTA CONFINDUSTRIA. ANCHE SE NON È “RADICATO”, VUOLE FARE IL CAPO DEGLI INDUSTRIALI FRIULANI 4. L’ECONOMISTA GIACCHÉ RACCONTA “L’ANNESSIONE” DELLA GERMANIA EST, E DI COME L’OVEST L’ABBIA AFFOGATA IMPONENDO LA PARITÀ DEL MARCO. COME L’ITALIA NELL’EURO 5. SU ALITALIA FANTASIE A PIENE MANI. DOPO GLI ARABI, I CINESI. NON CAMBIANO PERÒ LE PARCELLE DEI CONSULENTI: PWC PER SARMI E BOSTON CONSULTING PER DEL TORCHIO

1. COLAO PER TELECOM SUGGERISCE UNA SOCIETÀ "A CAPITALE DIFFUSO", SENZA GRUPPI DI CONTROLLO. E "LES ÉCHOS" FA UN MONUMENTO A LUI, GUERRA DI LUXOTTICA E MARIO GRECO
Chi riesce a capire qualcosa sul destino di Telecom merita un ricco premio, magari una scheda telefonica oppure una fotografia di Franchino Bernabè mentre scala le montagne del Trentino.

Intorno all'azienda c'è una ridda di voci incontrollate che nell'arco di poche ore trovano una smentita puntuale. C'è chi dice ad esempio che Cesar Alierta, il capo di Telefonica, sia in procinto di salire sull'aereo per incontrare Enrichetto Letta e chiarire la sua strategia. Altri giurano che Massimo Sarmi, il manager dalle orecchie generose che vorrebbe sottrarre dai libretti postali 75 milioni per salvare l'Alitalia, "avrebbe ritirato la sua disponibilità comunicandolo ai soci di Telco" (così scrive Rosario Dimito del "Messaggero").

L'unica cosa certa è il frenetico movimento che si registra in Borsa intorno al titolo dell'azienda. Anche stamane Telecom era l'unica azione a destare l'interesse degli operatori e prima delle 12 erano già stati scambiati quasi 62 milioni di pezzi portando l'incremento del titolo degli ultimi tre mesi a superare il 51%.

Resta il mistero di tanta attenzione in un quadro che rimane assolutamente opaco e per il quale occorre aspettare il consiglio di amministrazione del 7 novembre quando Marco Patuano, il fulvo manager alessandrino che lavora nei telefoni dal 1990, presenterà il suo piano industriale. Dio solo sa che razza di piano potrà presentare questo 49enne bocconiano quando le condizioni di base per imboccare la soluzione definitiva sono terribilmente incerte.

A quanto si dice il manager sarebbe intenzionato ad archiviare lo scorporo immediato dell'intera Rete proponendo un percorso di separazione per gradi sul modello di quanto avvenuto per British Telecom. Dietro questa decisione si vede chiaramente la manina degli spagnoli di Telefonica che non intendono privarsi di questo asset strategico sul quale il governo con le ali ai piedi ha messo dei paletti attivando le menti giuridiche sulla golden power.

C'è poi da segnalare l'agitazione di Marco Fossati, il patron di Findim che si muove come una trottola tra Milano, New York e Londra per aggregare al suo pacchetto del 5% di azioni altri investitori istituzionali italiani e stranieri. In questo scenario assolutamente incerto e opaco è interessante registrare ciò che ha detto ieri alla Bocconi il numero uno di Vodafone, quel Vittorio Colao-Meravigliao che ha avuto l'onore di aprire l'anno accademico dell'università madre di tutti i sapientoni.

Secondo il manager bresciano il modello ideale per un'azienda di telecomunicazioni è quello "a capitale diffuso" dove non esistono gruppi di controllo o azionisti di rilievo. Questo modello - ha aggiunto Colao - tutela meglio di tutti gli azionisti a prescindere dall'investimento e dagli orizzonti temporali. Dall'alto della poltrona di Vodafone dove è approdato dopo i disastri compiuti in Rcs, il bocconiano ex-McKinsey ha tenuto una lezione suscitando perfino l'invidia di Mario Monti, lo statista mancato che adesso cercherà di difendere lo strapuntino della Bocconi.

E il giorno prima che pronunciasse la sua orazione Colao ha ricevuto la benedizione della stampa francese che attraverso il quotidiano "Les Echos" gli ha dedicato un autentico monumento. Sono passati molti anni da quando nell'85 il settimanale "l'Express" dedicò la copertina a Agnelli, De Benedetti e Berlusconi. Adesso è la volta di Colao che insieme a Mario Greco di Generali e Andrea Guerra di Luxottica viene battezzato "condottiero" nonostante la sua fede giansenista sul valore del mercato.

Certo, se gli spagnoli di Telefonica invece di lasciare l'azienda nelle manine di Sarmi, Patuano e magari della "trottola" Francesco Caio riuscissero a strappare Colao-Meravigliao agli inglesi di Vodafone, farebbero un colpo magistrale, ma anche questa ipotesi come le tante notizie sullo scorporo della Rete e la cessione di Tim Brasil è priva di fondamento. Valga per tutti il giudizio tagliente di Rodolfo De Benedetti che di fronte all'ipotesi di un ritorno del "condottiero" bresciano in Italia dichiara sul giornale francese: "inconcepibile! Per lui sarebbe come passare da una Ferrari a una Fiat 500".

2. GIUSEPPE BONO SCALPITA DALLA VOGLIA DI METTERSI AL PETTO UNA MEDAGLIETTA CONFINDUSTRIA. ANCHE SE NON È "RADICATO", VUOLE FARE IL CAPO DEGLI INDUSTRIALI FRIULANI
C'è un manager pubblico che scalpita dalla voglia di mettersi al petto una medaglietta di Confindustria.

È Giuseppe Bono, l'irascibile calabrese amministratore delegato di Fincantieri che spera di diventare il nuovo presidente degli industriali di Friuli Venezia Giulia. In suo favore si sono già schierate le associazioni di Pordenone, Gorizia e Trieste, e la nomina dovrebbe avvenire martedì prossimo. A dargli fastidio sono rimasti gli imprenditori di Udine che contestano la figura di Bono come manager "statale" e dicono che pur avendo un alto profilo "non è un capitano d'azienda radicato nel territorio".

Di fronte a queste obiezioni Bono si è profondamente incazzato e per convincere gli avversari di Udine ha fatto circolare il suo curriculum che lo vede impegnato in attività industriali dal 1991 quando diventò direttore generale dell'Efim per poi passare due anni dopo in Finmeccanica che nel 2000 lo nominò amministratore delegato e direttore generale. Nell'aprile 2002 è salito sulla portaerei di Fincantieri che, dopo aver attraversato momenti di crisi, è ritornata a macinare profitti.

Secondo gli imprenditori friulani alla fine Bono ce la farà a prendere il timone dell'Associazione governata fino ad oggi da Alessandro Calligaris. La breccia aperta in Confindustria quando, ai tempi dalla Marcegaglia, le imprese pubbliche entrarono a piedi giunti dentro l'associazione degli imprenditori, fa sperare a Bono di placare la sua ira e di mettersi al petto la medaglietta tanto desiderata.


3. L'ECONOMISTA GIACCHÉ RACCONTA "L'ANNESSIONE" DELLA GERMANIA EST, E DI COME L'OVEST L'ABBIA AFFOGATA IMPONENDO LA PARITÀ DEL MARCO. COME L'ITALIA NELL'EURO
La maggior parte degli economisti si esibisce sui giornali e nei talk show per spiegare l'imbroglio delle nuove tasse contenute nella legge di Stabilità e sono pochi quelli che nell'orizzonte del silenzio di cui parlava il drammaturgo Samuel Beckett, continuano a pensare e a scrivere qualche libro.

È un momento di fiacca intellettuale e le idee circolano a una velocità nettamente inferiore a quella dei bosoni "particelle di dio". Questo spiega perché anche sui siti fino a ieri importanti come "LaVoce.info" di Tito Boeri sia sempre più difficile trovare qualche testo degno di interesse. E bisogna fare un grande sforzo per pescare qualche perla nei centri studi guidati da Mario Deaglio e da altri accademici.

In questo panorama abbastanza depresso spunta all'improvviso un'opera di 300 pagine a firma di Vladimiro Giacchè, l'economista di La Spezia che lavora come dirigente nella Sator di Matteuccio Arpe e da pochi mesi è diventato presidente del CER (Centro Europa Ricerche). Il libro del normalista Giacchè è uscito in questi giorni da "Imprimatur editore" e ha per titolo "Anschluss. L'annessione" poiché è dedicato all'unificazione della Germania avvenuta dopo il crollo nell'89 del Muro di Berlino.

Invece di smanettare con l'ipad 5, l'iphone e le altre minchiate tecnologiche, gli operatori e gli analisti economici farebbero bene a leggere questo volumetto per trovare un po' di luce sui costi reali dell'unificazione tra la Germania dell'Est e quella dell'Ovest. Le sorprese non mancano perché contrariamente a quanto si è sempre creduto al momento del grande crollo del Muro di Berlino la Germania comunista non era in emergenza e nemmeno in bancarotta.

Secondo quanto dichiarato dalla stessa Bundesbank aveva debiti per 20 miliardi di dollari che l'anno dopo, cioè nel '90, si erano già ridotti a 12 miliardi. Certo, la produttività all'Est era inferiore del 45-55%, gli errori di Honecker e dei leader comunisti erano stati enormi, e l'integrazione nel Comecon insieme all'embargo delle tecnologie aveva provocato enormi disastri.

Nel libro del normalista di Pisa Giacchè c'è comunque la testimonianza che il cancelliere Kohl e gli uomini della Bundesbank abbiano imposto l'unità del marco a condizioni micidiali. In pratica il tasso di conversione 1 a 1 e gli altri criteri per definire il rapporto tra le due monete in ordine ai patrimoni, ai debiti e ai risparmi, furono una cura da cavallo che spezzò - così scrive Giacchè - il collo all'industria dell'Est tedesco portando a novembre del '90 la massa dei disoccupati oltre il milione e 800mila unità.

Poi il colpo micidiale fu dato dalla creazione della Treuhand, la struttura della Germania Federale preposta a nazionalizzare l'intero apparato industriale della Germania Orientale. Su questo tema potrebbe dire qualcosa anche Franco Tatò, l'ex-manager di Olivetti e Mondadori che lavorò in questo organismo, chiave di volta per una autentica opera di colonizzazione utile soltanto a portare vantaggi enormi alle banche e alle lobby dell'Ovest tedesco.

4. SU ALITALIA FANTASIE A PIENE MANI. DOPO GLI ARABI, I CINESI. NON CAMBIANO PERò LE PARCELLE DEI CONSULENTI: PWC PER SARMI E BOSTON CONSULTING PER DEL TORCHIO
Avviso ai naviganti: "Si avvisano i signori naviganti che sul destino dell'Alitalia si sparano fantasie a piene mani.

Dopo aver chiamato in causa gli arabi di Etihad che finora non hanno dato segni di vita, adesso è la volta della compagnia cinese Hainan, che secondo il "Corriere della Sera" potrebbe essere interessata al salvataggio. Forse qualcuno dimentica che Hainan Airlines è una compagnia con sede nell'isola omonima all'estremo Nord della Cina e svolge la sua attività nel trasporto privato. Tanto che stamattina si è affrettata a smentire ogni interesse.

In questo florilegio di ipotesi l'unica cosa certa è rappresentata dalle parcelle che le società di consulenza hanno già pronte per Gabriele Del Torchio e Massimo Sarmi. Quest'ultimo si avvarrà di PriceWaterHouseCoopers, mentre l'ex-manager della Ducati, ormai fuorigioco, continuerà a pagare vistosi compensi a Boston Consulting, la società già autrice dei meravigliosi piani industriali precedenti".

 

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