ideal standard

CHE CESSO 'STO CAPITALISMO - UN'ALTRA MULTINAZIONALE CHE SE NE VA LASCIANDOCI IN MUTANDE: IL GRUPPO BELGA IDEAL STANDARD CHE SI OCCUPA DI BAGNI, SANITARI E IMPIANTI IDRAULICI HA DECISO DI CHIUDERE LO STABILIMENTO DI BELLUNO PERCHÉ IL SITO HA UN COSTO DI PRODUZIONE "NON COMPETITIVO" - A RISCHIO LICENZIAMENTO 550 LAVORATORI, I SINDACATI SONO INCAZZATI NERI: "L'AZIENDA HA MOSTRATO IL SUO VERO VOLTO DOPO MESI DI MENZOGNE"

Alvise Bivio per "La Stampa"

 

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Il gruppo Ideal Standard chiuderà lo stabilimento di Trichiana entro qualche mese: troppo alti e poco competitivi i costi di produzione. A rischio licenziamento ci sono i 450 dipendenti della fabbrica più un altro centinaio delle aziende dell'indotto.

 

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Numeri da far tremare i polsi per una realtà come quella di Borgo Valbelluna, che si trova a fare i conti con un'altra crisi come quella di Acc, e del Bellunese in generale. Sconcertati e arrabbiati i sindacati presenti all'incontro al ministero dello Sviluppo economico che rispondono con 16 ore di sciopero e un picchetto dei lavoratori all'esterno della fabbrica tra oggi e domani. E alle 11.30 oggi assemblea generale.

 

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È arrivata come una doccia fredda la comunicazione ieri da parte dell'amministratore delegato del gruppo europeo, Samuel Riitano, al tavolo ministeriale. Un tavolo in cui tutti si attendevano di vedere il piano di rilancio della fabbrica bellunese, quel piano che prima delle ferie estive il manager Francesco Villani aveva annunciato ai sindacati di avere il compito di elaborare. Ma quel piano non è arrivato.

 

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Alla base della drastica decisione ci sarebbero motivi finanziari e in particolare i margini di guadagno troppo stretti, legati dal costo elevato di produzione di un pezzo, che a Trichiana costa 58 euro: un prezzo non competitivo rispetto ai 39/40 euro dei concorrenti. Quindi per la fabbrica di Trichiana, unica del gruppo rimasta nel territorio italiano, non c'è più futuro.

 

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Di questo è convinta l'azienda che ieri ha confermato anche l'irrevocabilità della decisione. Inviperiti i sindacati territoriali e le Rsu. Parla di «decisione scellerata» il segretario nazionale della Femca Cisl, Lorenzo Zoli. «Ci hanno comunicato quanto già deciso e pianificato da tempo e che sino ad oggi si erano ben guardati dal confermare», dicono Femca Cisl, Filctem Cgil, Uiltec Uil e le rappresentanze unitarie sindacali che hanno dato dei «mercenari» ai dirigenti del gruppo: «Hanno mostrato il loro vero volto e dopo mesi di menzogne sono costretti ad ammettere la verità di quanto denunciato più volte dal sindacato e dalle istituzioni tutte».

 

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La crisi Ideal Standard si inserisce in un quadro fosco per il territorio bellunese già colpito dalle difficoltà di Acc (il Mise ha concesso un'altra gara e un mese di tempo per cercare acquirenti, prima di avviare la procedura fallimentare per l'azienda di compressori per frigoriferi).

 

«Sono circa 500 famiglie che rischiano di non avere più un posto di lavoro in Ideal Standard, ma si calcola che i lavoratori coinvolti nell'indotto siano il doppio - sottolinea l'Assessore al lavoro del Veneto, Elena Donazzan -. Cifre alle quali vanno aggiunti gli oltre 300 lavoratori di Acc, in un territorio di Borgo Valbelluna che oggi è sottoposto a gravi problematiche occupazionali».

 

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E a rendere ancora più critica la situazione occupazionale in Veneto, ieri è arrivata anche la notizia della richiesta di concordato della Paluani. È una notizia che fa scalpore a Verona per almeno tre motivi: l'azienda proprio quest'anno compie cento anni ed è qui che è iniziata la storia industriale del pandoro, i proprietari sono le molto note famiglie Campedelli e Cordioli, la grave difficoltà del gruppo è in gran parte dovuta alle disgraziate vicende e ai pesanti debiti del Chievo, squadra di calcio fallita, di cui Paluani è proprietaria all'82%.

 

In azienda le bocche sono cucite. Non parlano neppure i neo consulenti legali di Gianni & Origoni. Questi ultimi, insieme a Kpmg, sono stati chiamati per predisporre un piano, mettere al riparo l'azienda dalle richieste dei creditori e mantenere la continuità. Si può fare, come la recente vicenda Melegatti ha dimostrato.

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