1. COL TORO IN COPPA CONTINENTALE, CON LA7 NUOVO TELESOGNO, CON IL 3.68 PER CENTO IN RCS URBANETTO CAIRO PAREVA L’UOMO NUOVO NELL’ITALIA DELLA CRISI. POCHI MESI DOPO TUTTO VA STORTO, TUTTO È RIMASTO A METÀ DEL GUADO IN UNA FANGHIGLIA DI FACILONERIA E DI ECCESSO DI “BRACCINO CORTO”, TUTTO SEMBRA GIÀ UNA GRANDE OCCASIONE SPRECATA 2. DOMENICA SERA, PER TORINO-VERONA, LO STADIO OLIMPICO HA FINALMENTE AVUTO IL WI-FI. GLI OSPITI DE LA7 PERÒ NON HANNO ANCORA L’ACQUA: QUELLA LA COMPRANO I CONDUTTORI. I CALCIATORI DEL TORO IN RITIRO INDOSSAVANO LE DIVISE DI UN PAIO D’ANNI FA; AGLI AUTISTI DELLA TV TOCCA QUALCHE VOLTA DI ASPETTARE MESI PRIMA DEL SALDO DELLO STIPENDIO 3. A LA7 È SUCCESSA LA STESSA COSA. NON C’È UN DIRETTORE DI RETE, PERCHÉ IL DIRETTORE DI RETE LO VUOLE FARE CAIRO, E NON NE È CAPACE. NON C’È PIANIFICAZIONE PERCHÉ LA PIANIFICAZIONE LA VUOLE FARE CAIRO, E NON NE È CAPACE. PROCLAMA CHE L’ORO È LA POLITICA, PRENDE FLORIS, LO PIAZZA NEL PRIMO PERTUGIO DI PALINSESTO, E POI LE COSE VANNO MALE. COME HA DETTO MENTANA, “A LA7 SI NAVIGA A VISTA”, E NON SOLTANTO LÌ
1. IL PALLONE MA ANCHE LA7 - CAIRO, DAL TOCCO DI GENIO ALL’OCCASIONE SPRECATA
Mattia Feltri per “la Stampa”
Domenica sera, per Torino-Verona, lo stadio Olimpico ha finalmente avuto il wi-fi. Gli ospiti de La7 però non hanno ancora l’acqua: quella la comprano i conduttori con l’ambizione di dissetare i volontari dei talk. Cairolandia è una terra così, la si direbbe di grande diseguaglianza sociale: i calciatori del Toro in ritiro indossavano le divise di un paio d’anni fa, per finirle, come diceva Paperone della sua tuba; agli autisti della tv tocca qualche volta di aspettare mesi prima del saldo dello stipendio, e però tira la cinghia qui e tirala là, alla fine l’ottimo Urbano trova i soldi per pagarsi una volta Alessio Cerci e l’altra Giovanni Floris.
melissa satta ed urbano cairo 1b12
Le piccinerie sarebbero al servizio della grandeur che il presidente granata deve avere assaggiato quest’estate in tremenda vendetta: «Cairo ha il braccino», disse Adriano Galliani qualche anno fa a margine di una trattativa su un ferrovecchio rossonero; e però adesso che il Milan non ha avuto i denari per prendersi Cerci, tutto si è capovolto. Cairo, col miglior sorriso da simpatica canaglia, ha pronunciato la sentenza - effimera - che aveva in canna da sempre: «Galliani ha il braccino».
floris con scalfari a dimartedi
Come non volergli bene? Prese il Toro mezzo stronco e l’ha portato in Europa, coi conti da far vedere ad Angela Merkel, e sembrava persino che avesse imparato la lezione e dunque capito come funziona. Cioè: finiti i tempi dei Pippo Pancaro e degli Alvaro Recoba, dei campioni cadenti, dei bidoni in prestito per fare numero.
Noi non sapevamo nemmeno chi fossero Sanchez Mino o Bruno Peres o Josef Martinez e dicevamo: ottima campagna acquisti, il metodo è giusto, il celeberrimo metodo-Udinese, vendere il più forte e comprare tanti ragazzi sperando che due o tre ce la facciano. Il problema è che Cerci è stato venduto all’ultimo giorno utile, e al suo posto è arrivato un altro campione cadente, Amauri, come il sintomo della cairite che torna in fase acuta.
Urbano Cairo con Roberto e Signora Amodei
Perché se è vero, come dice Cairo, che a quel punto era impossibile prendere più di Amauri, è anche peggio, è il ritorno all’improvvisazione a cui il presidente cede quando si persuade di avere il tocco del genio.
A La7 è successa la stessa cosa. Non c’è un direttore di rete, perché il direttore di rete lo vuole fare Cairo, e non ne è capace. Non c’è pianificazione perché la pianificazione la vuole fare Cairo, e non ne è capace. Parla un giorno con Enrico Mentana, l’altro con Michele Santoro, poi con un terzo, e infine si sente di separare il bene dal male. Proclama che l’oro è la politica, chiede chi è il fuoriclasse del ramo, gli dicono che è Floris, prende Floris, lo piazza nel primo pertugio di palinsesto, e poi le cose vanno male perché in fondo è l’operazione-Simone Barone, quando acquistò il volenteroso mediano solo perché era campione del mondo, e allora da lui si aspettava venti gol. Come ha detto Mentana, “a La7 si naviga a vista”, e non soltanto lì.
URBANO CAIRO ENRICO MENTANA E MICHELE SANTORO presentazione libro Walter Molino
Peccato, è uno degli uomini più garbati e deliziosi dell’ambiente, uno che col Toro in coppa continentale, con La7 nuovo telesogno, con il 3.68 per cento in Rcs pareva l’uomo nuovo nell’Italia della crisi. Pochi mesi dopo tutto va storto, tutto è rimasto a metà del guado in una fanghiglia di faciloneria e di eccesso di prudenza, tutto sembra già un’occasione sprecata come speriamo non la sia la cittadella dello sport, il Comunale, più l’area Combi, più il Filadelfia, un tesoro da smuovere gli arabi più danarosi: terreni in centro città per campi, negozi e altre granaterie in quantità che le più celebri squadre europee si sognano. Le difficoltà non sono da niente, sul Comunale gravano ipoteche per trentotto milioni, ma trovare una soluzione equivarrebbe a trovare un direttore che dia un futuro a La7, un centravanti per consegnare al Toro qualche chance di notorietà europea, una medicina che guarisca una volta per tutte Cairo dalla cairite.
2. AL TORO SERVE UN MAGGIOR RIGORE MENO ERRORI E RICERCA DEL PRIMO GOL
Filippo Bonsignore per “il Corriere della Sera”
L’interrogativo è semplice: dove è finito il Torino? Soltanto un mese fa l’Olimpico ribolliva di entusiasmo con 23 mila tifosi che applaudivano il ritorno dei granata in Europa League dopo vent’anni di assenza. Vittoria ai preliminari sull’Rnk Spalato, battuto grazie a un rigore di El Kaddouri.
Oggi il sonoro dello stadio torinese è completamente diverso: fischi abbondanti dopo un altro rigore, questa volta però fallito dallo stesso centrocampista belga-marocchino, che ha condannato i granata alla sconfitta con il Verona e all’ultimo posto in classifica in compagnia di Empoli e Cagliari (avversario domani sera).
Il bilancio dell’avvio di campionato è deficitario: un punto, due sconfitte consecutive e soprattutto zero gol segnati in tre partite (quattro contando il primo match del girone europeo). Con due rigori sbagliati di fila: da Larrondo all’esordio contro l’Inter e, appunto, da El Kaddouri contro l’Hellas. «Sono numeri non buoni» sintetizza Giampiero Ventura, l’artefice della rinascita del Toro.
La squadra rivelazione dello scorso campionato è già in crisi. Ed è soprattutto lo zero alla voce gol segnati a fare specie per chi l’anno scorso vantava la miglior coppia d’attaccanti della serie A: Ciro Immobile, capocannoniere con 22 gol, e Alessio Cerci, 13 gol.
In Italia soltanto l’AlbinoLeffe (Lega Pro) non ha ancora gonfiato la rete avversaria; nei maggiori campionati europei, solo Amburgo (Bundesliga) e Levante (Liga) sono a secco.Il problema per i granata è che ora i 35 gol non ci sono più, sono stati venduti, e l’adattamento alla nuova coppia Quagliarella-Amauri è più difficile del previsto. Senza le volate di Cerci e la tecnica di Immobile, il gioco del Toro è prevedibile e piatto.
Si fatica tremendamente a creare occasioni da rete: zero tiri con la Sampdoria, uno a Bruges, un paio contro il Verona. Quagliarella è l’unico a dare segni di vita. Amauri non è amato fin dal giorno in cui è stato acquistato. E gli altri? Larrondo è stato fischiato all’ingresso dalla panchina contro il Verona. Barreto è infortunato, ma con il pubblico non se la passa tanto meglio. Il giovane venezuelano Martinez ha buone qualità ma sta ancora conoscendo la serie A.
Il clima si è così fatto nuovamente pesante attorno al Toro. I tifosi si interrogano se davvero con i 26 milioni incassati per Immobile e Cerci non si sarebbe potuto far meglio sul mercato. Ventura riflette e punge l’ambiente: «Sembra che sia la catastrofe ma non sono sorpreso, conosco il meccanismo che c’è qui. Per costruire qualcosa però ci vuole serenità». E gol.