DEL VECCHIO NON STA A CUCCIA (PIAZZETTA) - COME DAGO-ANTICIPATO, LA BCE HA STOPPATO IL PAPERONE DI AGORDO NELLA SUA SCALATA A MEDIOBANCA: SE SUPERERÀ IL 20%, DOVRÀ SOTTOPORSI ALLA VIGILANZA EUROPEA, TRASFORMANDO “DELFIN” IN UNA HOLDING BANCARIA - DUNQUE, CHE FARÀ IL PATRON DI LUXOTTICA? L’ALTERNATIVA È TROVARE UN PARTNER GIÀ IDONEO PER LA VIGILANZA, PRESSO CUI COLLOCARE UNA PARTE DELLE AZIONI. VALE A DIRE, UNA BANCA. MA QUALE? INTESA?
Daniela Polizzi per il “Corriere della Sera”
«Non ci sono limiti che riguardano la natura degli investitori. Ma ci sono regole che si applicano a tutte le banche», non solo a Mediobanca. Lo ha detto Andrea Enria, il capo della vigilanza europea durante la sua missione in Italia all'esecutivo dell'Abi a chi due giorni fa gli chiedeva un commento sulle indiscrezioni secondo le quali la Bce ha messo al corrente Leonardo Del Vecchio che non potrà salire oltre il 20% di Piazzetta Cuccia attraverso la sua cassaforte Delfin.
Una quota che è frutto di acquisti avviati nel 2019 e proseguiti fino all'attuale 19,4%. Anche se sempre nelle vesti di investitore finanziario. L'impegno, ai corsi attuali di Borsa, vale circa 1,7 miliardi. Sullo sfondo, la volontà del fondatore di Luxottica di crescere ancora entro ottobre 2023 quando l'assemblea di Mediobanca sarà chiamata a rinnovare il consiglio di amministrazione e Del Vecchio a esercitare la sua influenza sul cambiamento.
Ma quali sarebbero le criticità? La normativa bancaria europea, recepita nel 2010 dall'Italia, prevede che, nel caso in cui un azionista superi il 20% del capitale di una banca e ne acquisisca un'influenza rilevante, debba sottoporsi alla vigilanza della Bce. Cosa che per Delfin significherebbe avere requisiti di capitale, presidiare rischi, adottare sistemi di reporting e di governance adeguati per avere una quota di così grande rilievo in una banca.
In pratica la holding lussemburghese che custodisce la partecipazione in EssilorLuxottica dovrebbe trasformarsi in una holding bancaria. Quindi, se «non ci sono limiti che riguardano la natura degli investitori», ci sono ostacoli regolamentari.
Che cosa potrebbe quindi fare ora Del Vecchio nella compagine di Mediobanca?
Al suo fianco c'è Francesco Gaetano Caltagirone che ha di recente arrotondato al 5,49% la sua quota nell'istituto milanese. Se unissero le forze, come hanno già fatto in Generali, correrebbero il rischio di far scattare il «concerto» e quindi l'obbligo di Opa che per Mediobanca è prevista al superamento del 25% del capitale.
Coagulare una governance comune che convinca tutti gli investitori potrebbe essere un'alternativa. In Mediobanca il mercato pesa per oltre il 50% del capitale. Una porzione più alta di quella in Generali. Che cosa potrebbe decidere Del Vecchio di fare con la sua quota? Molte le ipotesi che circolano sul mercato. Del Vecchio potrebbe tenerla e beneficiare dei dividendi che Mediobanca ha sempre distribuito agli azionisti. E magari gradualmente alleggerire.
Soprattutto se Piazzetta Cuccia troverà la «preda» che il ceo Alberto Nagel cerca da tempo nel mondo del wealth e asset management. Con il relativo apprezzamento del titolo sul quale scommette il mercato.
L'altra ipotesi su cui il mercato si interroga è se l'imprenditore, che ha costruito il più grande gruppo mondiale dell'occhialeria, possa percorrere strade alternative.
Una di queste sarebbe la ricerca di un partner presso il quale collocare una parte delle azioni. Magari a un altro veicolo idoneo per la vigilanza Bce. Vale a dire a una banca. Italiana o straniera. Si tratta di una strada che il mercato allo stato attuale classifica come difficilmente percorribile. Anche se lo stallo non può essere una condizione permanente.
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