giulio regeni

COSA ABBIAMO OTTENUTO A TRE ANNI DALLA MORTE DI GIULIO REGENI? - SOLO I DEPISTAGGI DELLE AUTORITA’ EGIZIANE: DALL'INCIDENTE STRADALE, ALLA PISTA OMOSESSUALE, ALL'INESISTENTE COINVOLGIMENTO DI UNA BANDA DI CRIMINALI COMUNI - ORA CI SONO 4 AGENTI DELLA “NATIONAL SECURITY” DEL CAIRO ACCUSATI DI AVER RAPITO IL RICERCATORE MA GLI ATTI DI INDAGINE SONO STATI NEGATI DALL’EGITTO…

Giovanni Bianconi per il “Corriere della Sera”

 

Giulio Regeni

La National Security del Cairo, di cui quattro esponenti sono accusati dalla Procura di Roma di aver partecipato al sequestro di Giulio Regeni, ha negato gli atti della propria indagine sul ricercatore italiano anche alla Procura egiziana.

 

Con i magistrati locali i responsabili della sicurezza hanno ammesso di aver svolto accertamenti su Giulio, sostenendo però di non avere documenti; si sono contraddetti fra loro su questa e altre circostanze; hanno sostenuto di aver chiuso il lavoro molto prima della scomparsa di Giulio, dopo aver verificato che «non rappresentava alcun pericolo per la sicurezza del nostro Paese», mentre è accertato che l'interesse della Ns è proseguito almeno fino al 22 gennaio 2015, e forse fino al 25, giorno del rapimento.

 

PASSAPORTO DI GIULIO REGENI

C'è dunque una mancanza di collaborazione tra polizia e magistratura all'interno dello Stato arabo che ha finito per incidere sulla cooperazione tra Italia e Egitto intorno a un'indagine che - a tre anni di distanza dai fatti - rischia di arenarsi in assenza di impulsi politico-diplomatici che la facciano ripartire. Una situazione che aiuta a comprendere anche l'andamento ondivago che in questi tre anni hanno avuto i rapporti tra la Procura di Roma e quella del Cairo, al di là dei rapporti sempre cordiali e corretti.

 

manifestazione per giulio regeni

Nei primi due mesi e mezzo, fino all'aprile del 2016, c'è stata una chiusura pressoché totale nelle relazioni giudiziarie tra i due Paesi. Alle indagini egiziane partecipavano anche i militari della Ns, ed è il periodo dei depistaggi sulle cause della tragica fine di Regeni: dall' incidente stradale, alla pista omosessuale, all' inesistente coinvolgimento di una banda di criminali comuni debitamente eliminati prima che potessero parlare.

 

Dopo un inconcludente summit romano tra magistrati e investigatori si arriva alla rottura che porta alla decisione del governo italiano di richiamare in sede l'ambasciatore al Cairo. Da allora la Ns viene estromessa dall' inchiesta, ma in Egitto continua ad avere un peso; quando dall' Italia arriva la richiesta di acquisire e trasmettere i fascicoli sulle sue attività della Sicurezza nazionale relative a Regeni, la risposta è che non esistono o non possono essere condivisi.

giulio regeni

 

Era stato il sindacalista-spia Mohamed Abdallah - al terzo interrogatorio - ad ammettere di aver segnalato il ricercatore alla Ns. Sulla base di quelle dichiarazioni il procuratore di Roma Giuseppe Pignatone e il sostituto Sergio Colaiocco cominciano a sollecitare atti e documenti che solo in parte, fino a e dicembre 2016, l'Egitto ha inviato.

 

il manifesto prima pagina con gli articoli di giulio regeni dopo la morte

E in forza di quei pochi elementi raccolti, tra cui il famoso video del colloquio del 7 gennaio 2015 tra Regeni e Abdallah registrato con le telecamere fornite dalla Ns, gli investigatori del Ros e dello Sco sono riusciti a costruire la trama che ha portato al rapporto di denuncia contro cinque militari considerati coinvolti nel sequestro: quattro della Security e il capo delle Investigazioni giudiziarie.

 

Prima di iscriverli sul registro degli indagati, la Procura d Roma ha fornito quei nomi alla magistratura egiziana perché procedesse autonomamente, ma l' unico risultato sono stati gli interrogatori in cui i cinque hanno fornito versione inverosimili, senza vedersi contestare alcunché. Quei verbali sono stati trasmessi alla Procura di Roma a luglio 2017, dopodiché l'Italia ha rimandato un nuovo ambasciatore al Cairo.

 

giulio regeni

Il resto della collaborazione s'è limitato ai nastri registrati delle stazioni della metropolitana del Cairo la sera del 25 gennaio 2015, dopo che l'Egitto aveva prima accettato e poi rifiutato che ad occuparsi delle operazioni tecniche fosse la società tedesca individuata dall' Italia, pronta a sostenerne i costi.

 

Mesi dopo è stata una società russa, scelta e pagata dagli egiziani, ad eseguire un lavoro che solo nella fase finale è stato seguito anche da tecnici scelti dall'Italia, e che comunque non ha fornito alcun risultato utile a causa di «buchi» o «tagli», non si sa se casuali o voluti. Poi non è successo più nulla, fino alla decisione italiana di inquisire formalmente i 5 egiziani sospettati del rapimento. In attesa di qualche evento politico-diplomatico che possa muovere nuovamente qualcosa.

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