COSA ACCADDE DAVVERO AL MALEDETTO VOLO MH370 DELLA MALAYSIA AIRLINES? DOPO SETTE ANNI IL MISTERO DELL’AEREO CHE SI SCHIANTÒ NELL’OCEANO INDIANO CON A BORDO 227 PASSEGGERI È ANCORA IRRISOLTO, VISTO CHE OGNI RICERCA È STATA SOSPESA PER SEMPRE NEL 2017 - DIROTTAMENTO, CEDIMENTO STRUTTURALE, ABBATTIMENTO DA PARTE DI CACCIA STATUNITENSI: LE IPOTESI (FANTASIOSE) SONO TANTE, MA ALLA FINE LA PIÙ PROBABILE È CHE SI SIA TRATTATO DI UN SUICIDIO DEL PILOTA…
Paolo Mauri per www.ilgiornale.it
È notte a Kuala Lumpur, capitale della Malesia. Il cielo è sereno. Un Boeing 777-200ER della Malaysia Airlines sta rullando sulla pista del Kuala Lumpur International Airport. Sono le 00:32 dell'8 marzo 2014, il volo ha il codice MH370. La radio in cabina gracchia: “... clear taxi to holding point Alfa One One runway Three Two Right via sandard route hold short of Bravo” (si tratta di gergo aeronautico del controllo di terra per guidare l'aereo verso la pista di decollo, che si possono tradurre in "autorizzato per rullaggio sino a punto di attesa Alfa Uno Uno, pista Tre Due Destra seguendo tragitto standard, attendere al punto Bravo", ndr).
La torre di controllo dà le ultime indicazioni. A mezzanotte e quaranta, il Boeing 777 viene autorizzato al decollo e due minuti dopo spicca il volo dalla pista 32 destra dell'aeroporto malese diretto a Pechino, dove avrebbe dovuto arrivare alle 06:30. Fariq Hamid, il primo ufficiale, si trova ai comandi dell'aereo. Ha 27 anni. Il volo di quella notte sarebbe stato di addestramento per lui, l'ultimo: presto avrebbe ottenuto la certificazione e avrebbe potuto passare a comandante.
Il pilota in comando, Zaharie Ahmad Shah, ha 53 anni ed è uno dei comandanti più anziani della Malaysia Airlines. Sposato e con tre figli adulti, possiede due case, e nella sua prima abitazione ha installato un elaborato simulatore di volo Microsoft. Lo usa spesso e spesso pubblica su forum online il suo hobby. Nella cabina di pilotaggio Fariq porta rispetto per il suo superiore, assumendo un atteggiamento oltremodo deferente nei suoi confronti, ma Zaharie non è noto per essere prepotente.
Nella cabina oltre ai due piloti ci sono 10 assistenti di volo, tutti malesi. A bordo 227 passeggeri, tra cui cinque bambini. La maggior parte di essi è di nazionalità cinese, mentre tra gli altri si contano 38 malesi e, in ordine decrescente, persone provenienti da Indonesia, Australia, India, Francia, Stati Uniti, Iran, Ucraina, Canada, Nuova Zelanda, Paesi Bassi, Russia e Taiwan.
Il decollo è senza storia. La torre di Lumpur autorizza l'MH370 a salire a 18mila piedi (5400 metri) 53 secondi dopo il decollo, indicando di seguire la rotta per il waypoint Igari. Alle 00:46:58 locali il Boeing malese viene autorizzato a salire al livello di volo 250 (FL250), ovvero a 25mila piedi (7600 metri). Alle 00:50:08, sempre la torre di Kuala Lumpur autorizza il volo a salire ulteriormente sino al livello di volo 350 (35mila piedi) mentre alle 01:01:17 il comandante riferisce che si è stabilizzato all'altitudine stabilita mantenendo la quota.
Una trasmissione un po' insolita, perché superflua in uno spazio aereo controllato da diversi radar in cui si comunica quando si lascia un livello di volo, non quando lo si raggiunge. Ma nella torre di controllo nessuno ci fa caso. Alle 01:19:30 Kuala Lumpur trasmette: “Buona notte Malaysian Tre Sette Zero”. Questa è stata l'ultima trasmissione radio registrata dall'MH370.
Cambio di rotta
Il volo però resta visibile sui radar civili e militari. L'MH370, come si vede dai tracciati, passa per il waypoint Igari 01:20:31. Successivamente il “blip” della posizione radar del Boeing scompare alle 01:21:13, e poco dopo il radar del controllo del traffico aereo di Kuala Lumpur e quello di Bangkok registrano quella che in gergo viene chiamata “caduta del segnale” alle 01:21:13 di quell'8 marzo. In quel momento il volo MH370 è 3,2 miglia nautiche oltre il waypoint Igari.
Un radar militare mostra il ritorno della traccia del Boieng mentre vira a destra, ma poco dopo, facendo una virata costante a sinistra verso una rotta di 273 gradi, vola verso sudovest, verso il radiofaro Kota Bharu. Le osservazioni dei radar militari in particolare forniscono un contesto e uno sfondo per altri eventi relativi al volo MH370 durante la “virata”: dalla perdita di contatto all'ultima osservazione radar primaria, mentre il velivolo si stava dirigendo chiaramente verso il Mare delle Andamane, a ovest della Malesia.
Un “blip” ritenuto essere l'MH370 viene infatti osservato dalle 01:21:13 sino alle 02:22:12. In questo lasso di tempo il Boeing modifica alcuni parametri del suo volo: dalla rotta, che varia tra gli otto e i venti gradi, alla quota, che passa da 31mila piedi a 39mila, sino alla velocità, che aumenta da 451 nodi sino a 529.
Alle 01:37:59 si trova nei pressi del radiofaro di Penang e cambia ancora direzione mettendo la prua per 255 gradi, aumentando ancora la velocità sino a 571 nodi e facendo quota sino a 47500 piedi. Alle 01:52:31 oltrepassa l'isola indonesiana di Penang continuando nel suo volo verso sudovest. Dalle 02:01:59 alle 02:03: 09 si trova vicino a Pulau Perak e il radar militare nell'area lo identifica a un'altitudine di 4800 piedi.
Poi alle 02:03: 09 il “blip” dell'MH370 scompare una prima volta, per poi ricomparire tra le 02:15:25 e le 02:22:12 a circa 195 miglia nautiche da Butterworth, stavolta a una quota di 29500 piedi.
In quel momento l'aereo di linea si sta dirigendo verso il waypoint Mekar sull'airway N571 quando scompare definitivamente: sono le 02:22:12 e il Boeing 777 coi colori della Malaysia Airlines si trova a 10 miglia dopo il waypoint Mekar, a nord-est della punta settentrionale di Sumatra, mentre si stava dirigendo a nordovest verso il Mare delle Andamane.
Ma non è finita. Alle 03:41:00 la stazione di terra Inmarsat, attraverso l'ausilio di dati satellitari Satcom, indica che l'aereo in quel lasso di tempo stava viaggiando verso sud. Quindi a un certo punto tra le 02:22:12 e le 03:41:00 l'MH370 ha cambiato direzione e ha virato a sud.
Il volo però continua. Risulta infatti che solo dopo sei ore l'aereo abbia effettuato una discesa ripida fino a cinque volte maggiore di una normale velocità di discesa, come evidenziato dai dati radar doppler. L'aereo quindi sembra essersi letteralmente “tuffato” nell'oceano, probabilmente perdendo pezzi prima dell'impatto per via dell'alta velocità di picchiata. A giudicare dalle prove elettroniche, questa manovra del Boeing non è stata un tentativo controllato di ammaraggio: l'aereo dunque si è schiantato in mare.
Le ricerche
I soccorsi si attivano con colpevole ritardo: nonostante il volo fosse sparito letteralmente dai radar intorno alle due del mattino, l'allarme viene lanciato solo alle 06:32. Le prime operazioni di ricerca e soccorso si sono concentrate sul lato orientale della Malesia peninsulare, intorno all'ultima posizione nota del velivolo. Vengono mobilitati aerei, elicotteri, navi, e avvisato persino il personale delle piattaforme petrolifere che si trovano nell'area. Ma stanno cercando l'aereo nella zona sbagliata.
Il 15 marzo 2014, sulla base dei dati compilati dal Joint Investigation Team (Jit) andato formandosi nel frattempo e composto da esperti e specialisti di Malesia, Cina, Usa, Regno Unito e Francia, il primo ministro della Malesia annuncia che le operazioni di ricerca nella parte orientale e occidentale della Malesia peninsulare sono sospese. Gli esperti finalmente avevano redatto una nuova area di ricerca, comprendente i corridoi nord e sud. Dal 18 al 23 marzo la ricerca aerea si sviluppa lungo il corridoio di volo meridionale e viene coordinata da Malesia e Indonesia.
Una seconda ricerca in superficie delle probabili aree di impatto lungo un arco di volo che arriva in pieno Oceano Indiano viene coordinata dall'Australian Maritime Safety Authority dal 18 marzo al 28 aprile. Uno sforzo enorme, che coinvolge molte nazioni come Cina, Giappone, Malesia, Nuova Zelanda, Repubblica di Corea, Regno Unito e Stati Uniti d'America.
L'oceano viene setacciato per 42 giorni, effettuando 345 sortite di volo pari a 3177 ore, in una area vasta più di 4,7 milioni di chilometri quadrati impiegando 28 velivoli, sia civili che militari, oltre a navi mercantili e da guerra. Ma del Boeing 777 non viene ripescato nemmeno un singolo pezzo. Il volo MH370 sembra essere stato letteralmente inghiottito dalle profondità marine.
Passano i mesi, anzi gli anni, e proprio il mare comincia a restituire i primi resti: un pezzo di flap, qualche giubbotto di salvataggio. Si sono sparsi in balia delle correnti su un'area vastissima arrivando a toccare l'Africa e il Madagascar, ma non aiutano a capire le motivazioni del disastro. A gennaio del 2017 ogni ulteriore ricerca viene sospesa. Per sempre.
La commissione di inchiesta
Nemmeno il risultato della commissione di inchiesta ufficiale chiarisce il perché della perdita del Boeing 777. Frattanto però si scatena una ridda di ipotesi che vanno dalle più serie, che parlano di possibile dirottamento, a quelle più fantasiose, che suggeriscono l'intervento di esseri provenienti dallo spazio, passando per un possibile abbattimento da parte di caccia statunitensi, per fermare l'esportazione in Cina di un qualche tipo di tecnologia militare segreta.
La maggior parte sono fantasie generate da menti di mitomani, ma quella del dirottamento sembra non essere esclusa da subito. Però gli eventuali dirottatori, per impadronirsi dell'aereo, avrebbero dovuto aprire un portello del pavimento della piccola cucina di bordo dal basso, salire una breve scala, eludere l'equipaggio di cabina così come il video di sorveglianza ed entrare nella cabina di pilotaggio prima che uno dei piloti potesse trasmettere una chiamata di soccorso. Molto improbabile. Così come è improbabile che un assistente di volo tenuto in ostaggio possa aver utilizzato la tastiera della porta per consentire l'ingresso improvviso senza far scattare un allarme. Inoltre per quale scopo avrebbe avuto luogo il dirottamento? Soldi? Politica? Pubblicità?
Un atto di guerra? Un attacco terroristico? Qualsiasi dirottatore esprime richieste (che non ci sono state) o comunque, se si tratta di un atto terroristico, esso viene rivendicato.
Il governo malese con il sostegno di esperti internazionali pubblica l'esito della commissione d'inchiesta a luglio del 2018. Il risultato finale è che “la squadra di esperti non è in grado di determinare la vera causa della scomparsa di MH370”.
Un buco nell'acqua quindi, anche se l'analisi minuziosa ha permesso di escludere guasti ai sistemi di bordo o un cedimento strutturale (che viene definito “difficile da attribuire”), per via della regolare manutenzione (certificata) effettuata sul velivolo prima del suo ultimo volo. La commissione stabilisce anche che non è stato possibile stabilire se l'aereo fosse pilotato da persone diverse dai piloti, ma che la virata verso sud è stata probabilmente effettuata mentre l'aereo era sotto il controllo manuale e non dell'autopilota.
Sebbene non si possa escludere in modo definitivo che un cedimento dell'aeromobile o un malfunzionamento di qualche sistema di bordo possano aver causato il disastro, sulla base delle limitate prove disponibili, è più probabile che quanto accaduto sia avvenuto per “intervento umano”, anche perché dalle note di carico l'MH370 non trasportava alcuna merce pericolosa.
Cosa è accaduto?
La commissione di inchiesta si limita a riferire che solo il cambiamento nella traiettoria di volo è probabilmente il risultato di input manuali, ma il forte sospetto è che quanto accaduto sia imputabile a un gesto volontario del pilota anziano, il capitano Zaharie Ahmad Shah.
Risulta infatti che Zaharie negli ultimi tempi fosse spesso solo e triste. Sua moglie si era trasferita, abbandonandolo, e viveva nella seconda casa della famiglia: il comandante pare avesse una relazione extraconiugale che negli ultimi tempi si era parecchio "raffreddata". Per sua stessa ammissione agli amici, trascorreva molto tempo a camminare nelle stanze vuote del suo domicilio, aspettando così che passassero i giorni tra un volo e l'altro.
Un suicidio causato da depressione? Non sarebbe la prima volta nella storia del volo, ma la verità in questo caso è sepolta in fondo all'Oceano Indiano insieme al relitto del Boeing 777 e alle sue scatole nere, che non sono mai state recuperate.