UN'ACIDA RIUNIONE DI FAMIGLIA - IL POVERO ACHILLE, FIGLIO DI MARTINA E ALEX, SARÀ PORTATO DUE VOLTE ALLA SETTIMANA IN CARCERE PER INCONTRARE I SUOI BRAVI GENITORI - ALLA REUNION DI IERI NON MANCAVA DON PREZZEMOLINO, ANTONIO MAZZI: ''CRESCERE IL BIMBO AIUTEREBBE MARTINA''. MA NON DEVE STARE 14 ANNI IN CARCERE?
Cristiana Lodi per "Libero Quotidiano"
ALEXANDER BOETTCHER E MARTINA LEVATO
Come da copione le star sono loro. Martina con i suoi pensieri materni emozionati e il male commesso. Alexander con la sua improvvisa pretesa di paternità che va rivendicata e il male commesso. Sono loro i protagonisti: gli amanti diabolici capaci di cancellare volti ed esistenze bruciandoli con l' acido. Per un capriccio.
Sono loro i primi attori: Martina Levato e Alexander Boettcher, ai quali la Corte d' Assise ha inflitto 14 anni (in abbreviato) riconoscendo che loro «non hanno mai esternato pena o dolore per avere deturpato la faccia e la vita a Pietro Barbini, 22 anni, reo di avere avuto un flirt con la ragazza»; che loro «durante le indagini e il processo si sono dimostrati insensibili, concentrati soltanto su se stessi, del tutto indifferenti ai sentimenti altrui, chiusi nelle loro logiche personali e perverse, incapaci di sentire e mostrare pentimento o emozioni sincere».
alexander boettcher e martina levato
Sarà allora per questo che Alexander e Martina sono e meritano di essere portati sul palcoscenico della cronaca e dei dibattiti? Oppure è per via dei permessi concessi da giudice di sorveglianza a incontrarsi e a colloquiare da detenuti? O forse è per quel consenso del Tribunale dei minorenni che concede a lei (e in futuro anche a lui) di poter vedere il neonato partorito da condannata?
acido e martello le armi di alexander boettcher e martina levato
Ma i bambini sono innocenti. E' giusto portarli in prigione? Un giorno, quando Achille sarà uomo, verrà a sapere che lo hanno trascinato in carcere a San Vittore a Milano pur non avendo commesso reato, ma soltanto perché nato da Martina Levato e Alexander Boettcher condannati in primo grado e detenuti che non potranno fargli da genitori come gli altri genitori.
Quel che Achille dirà, resta per ora un mistero.
Ieri invece era venerdì, giorno di permesso a entrare in cella, come stabilito dai servizi sociali in esecuzione del provvedimento del Tribunale. Certo, c' erano gli educatori, gli psicologi, i conoscitori della psiche e della legge. E c' era Achille, nato a Ferragosto e prelevato dalla casa famiglia alla quale è stato affidato dopo la nomina del Comune di Milano come suo tutore temporaneo.
I telegiornali e le agenzie di stampa hanno raccontato l' incontro, gli avvocati di Martina hanno tenuto a sottolineare che lei (a dispetto di quanto sentenziato in Assise) «è capace di emozionarsi». Non poteva mancare don Antonio Mazzi, che punta sempre ad accogliere madre e figlio nella sua comunità: «Martina è colpevole ma debole, si è fatta influenzare», dice il prete, «fino ai vent' anni ha avuto un percorso regolare, poi qualcosa l' ha sedotta. Lei e il bambino si porterebbero beneficio a vicenda stando sempre insieme».
Una volta alla settimana, per un' ora, potranno incontrarsi anche Martina e Alexander: vorrebbero che le rispettive famiglie potessero ottenere di adottare loro figlio.
Lunedì prossimo, lo stesso Boettcher incontrerà gli operatori dei servizi sociali incaricati di stilare una relazione nel procedimento di adottabilità del piccolo. Il 2 settembre, mercoledì, tocca a sua madre Patrizia Ravasi andare a colloquio con gli operatori.
Valeria Barbanti, uno dei legali del padre del piccolo, spiega invece che il Comune di Milano comunicherà ad Alexander e a sua madre «tempi e modalità delle visite al bimbo».
Così Achille, in prigione, ci entrerà (sempre da innocente) due giorni alla settimana.
I provvedimenti e i permessi concessi ai detenuti dai magistrati, sollevano le critiche dei comprimari: cioè le vittime.
Ossia i più dimenticati di questa storia. Risuonano le dichiarazioni di Pietro Barbini (che ha già subito 18 interventi), riportate dal suo avvocato: «Io non so se avrò il coraggio ancora di vivere. Il mio desiderio era stare in mezzo alla gente, avere il contatto con il pubblico, fare un lavoro nell' ambito della finanza che è anche immagine...».
E ancora: «Al mattino mi sveglio con una maschera e in pochi istanti realizzo che questo non è stato un brutto sogno, qualcosa che passa. Almeno tre o quattro volte al giorno, penso alla mia vita che non sarà mai più una vita».
Le parole di Pietro erano state citate anche in aula (a porte chiuse) dal suo difensore Paolo Tosoni «ma i giudici» dice il legale «le hanno messe in evidenza solo in un secondo tempo, perché dopo l' arresto degli imputati l' attenzione di tutti era concentrata su di loro: sulla coppia diabolica». Star come da copione.