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LA PRIMA RICOSTRUZIONE DELLA POLIZIA DICE CHE VALERIA È STATA COLPITA ALLE SPALLE CON UNA MITRAGLIATA, MENTRE CERCAVA DI SCAPPARE DALL’INFERNO DEL BATACLAN – IL FIDANZATO: “VALERIA PARLAVA SPESSO DI QUESTE COSE. DICEVA CHE BISOGNAVA AVERE RISPETTO E CHE GLI EUROPEI NON POTEVANO ANDARE IN MEDIORIENTE A BOMBARDARE I CIVILI”
1.VALERIA UCCISA AL CONCERTO DA UNA RAFFICA DI MITRA “COLPITA ALLE SPALLE MENTRE CERCAVA DI FUGGIRE”
G. Fosch. e S. D. R. per “la Repubblica”
La conferma ufficiale è arrivata nella notte tra sabato e domenica: quella ragazza bionda, trovata senza documenti nel corridoio del Bataclan era Valeria Solesin, la 28enne ricercatrice universitaria che lavorava alla Sorbona. Già nelle ore precedenti, però, nonostante il tam tam sui social network di chi chiedeva aiuto per cercare Valeria, gli investigatori avevano pochi dubbi sull’identità della ragazza: a riconoscerla subito erano stati poco dopo l’attacco il fidanzato e gli amici che erano con lei al Bataclan, per ascoltare il concerto degli Eagles of Death Metal.
La conferma ufficiale è arrivata però soltanto alle 14 di ieri all’istituto di medicina legale di Place Mazas, per voce del console italiano Andrea Cavallari: «Purtroppo non ci sono dubbi: quella ragazza è Valeria» ha detto il diplomatico italiano dopo aver passato più di due ore all’interno della struttura, sede ieri di un agghiacciante pellegrinaggio di amici e familiari dei ragazzi morti nel teatro.
Sulla morte di Valeria sta, chiaramente, indagando la polizia francese ma, come da prassi, ha avviato un’inchiesta anche la procura di Roma. Dai primi accertamenti sembrerebbe che la ragazza sia stata colpita da una scarica di mitra alle spalle, al termine dell’assalto, probabilmente mentre scappava. C’è stato un ritardo nel riconoscimento perché non aveva addosso documenti, visto che la sua borsa le era caduta proprio in quei momenti, mentre provava a fuggire dal commando jihadista mettendosi al sicuro all’esterno del teatro.
I familiari di Valeria non sono a Parigi. Erano attesi ieri ma è stato possibile sbrigare le pratiche burocratiche senza di loro. «Arriveranno nei prossimi giorni, ma a questo punto non è nemmeno detto, potrebbero risparmiarsi questo strazio» fanno sapere dal consolato. I funerali, invece, si svolgeranno quasi sicuramente in Italia non appena arriverà il via libera dalle autorità francesi.
«Non ci sono altre vittime tra gli italiani» ha detto inoltre il console Cavallari. Una soltanto, Laura Apolloni, 46 anni, è ferita alla spalla ed è ancora ricoverata in ospedale ma si trova in buone condizioni. Anche sulla sua storia, e su quella del suo amico, Massimiliano Natalucci, 45 anni, sfuggito alla tragedia dell’Heysel, sta indagando Roma.
«Durante il concerto — ha raccontato — si sono sentiti gli spari. Erano due persone con le mitragliette, hanno sparato per 10 minuti ininterrottamente, avranno sparato 5mila proiettili e io ne ho preso uno. Ero sotto il palco e sono fuggita passando dietro le quinte, salendo sul tetto».
Complessivamente gli italiani all’interno del Bataclan dovrebbero essere stati sei. «Valeria era figlia d’Italia e d’Europa. È stata uccisa, insieme a tanti altri giovani, perché rappresentava il futuro dell’Europa, il nostro futuro». Così il presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel suo messaggio di “cordoglio e solidarietà” alla famiglia Solesin. Il premier Matteo Renzi ha invece promesso che verrà istituita una borsa di studio per ricordare Valeria.
Andrea non si dà pace: «L’ho persa all’improvviso ». È scappata davanti, convinta che la salvezza fosse a un passo. Andrea e i suoi amici non l’hanno vista quando la scarica di mitra l’ha colpita alla schiena, uccidendola.
2. L’ULTIMA SERA E LO SHOCK DEL FIDANZATO “LA TENEVO PER MANO, POI L’HO PERSA”
Giuliano Foschini per “la Repubblica”
«Non so bene come sono andate le cose. Ho bisogno di capire quello che è successo. So soltanto che Valeria era lì accanto a me. E poi…». Parla con la voce sottile Andrea Ravagnani, il fidanzato di Valeria Solesin. Accanto la sorella, i suoi amici che lo stringono anche se è difficile non perdersi: Andrea è sfuggito dal Bataclan eppure, alla fine, è morto anche lui. Ha saltato il burrone ma è comunque precipitato nel vuoto. Anche perché il viaggio da Trento a Parigi, quella vita che si riprogramma, aveva un solo motivo: Valeria, sorriso composto biondo, pochi fronzoli, molta sostanza, ricercatrice alla Sorbona, «diciamolo: un genio», dicono le amiche.
un agente aiuta a evacuare i sopravvissuti tra cui un uomo ferito alla testa
Per Valeria aveva perso la testa questo trentino dalla barba hipster, con la passione della birra, cento idee, mille sogni, l’ultimo un negozio biologico da cui aveva lanciato la sua nuova scommessa nella capitale francese, e una sola certezza: una vita da programmare insieme, Valeria e Andrea.
INCINTA FUORI DALLA FINESTRA DEL SECONDO PIANO DEL BATACLAN
Sembrava tutto scritto. Parigi sembrava forse non l’ultimo, ma di certo un fondamentale passaggio di un’ineluttabile storia di amore. E poi, invece, venerdì 13 novembre.
Non era una serata qualsiasi. A Parigi erano saliti la sorella di Andrea, Chiara, e il suo fidanzato. Dovevano festeggiare la laurea specialistica della ragazza, nemmeno trentenne, in scienze biotecnologiche. Per l’occasione, oltre a un weekend da turisti, avevano programmato la visita al Bataclan. E il biglietto per il concerto era un regalo nel regalo, doveva essere una serata particolare.
«Eravamo in prima fila», hanno raccontato Andrea e Chiara ai funzionari del consolato, che stanno accertando tutti i punti della ricostruzione, ad amici e parenti. «Eravamo praticamente in prima fila quando abbiamo sentito i botti. In un primo momento abbiamo pensato a un effetto speciale, poi sugli occhiali di Chiara è arrivato uno schizzo di sangue ». Si sono lanciati per terra, come per coprirsi. Accalcati uno sull’altro.
Qui la ricostruzione si fa meno chiara. Sembrerebbe che dopo molto tempo, un’ora almeno, quando le prime persone sono riuscite a scappare dal teatro, ci abbiano provato anche loro. «Valeria era lì accanto a me, la tenevo per mano…», ripete Andrea. C’era anche Alessia, l’amica di sempre. «Un sorriso. Ed è andata via… Non lo dimenticherò mai». Andrea non si dà pace: «L’ho persa all’improvviso ». È scappata davanti, convinta che la salvezza fosse a un passo. Andrea e i suoi amici non l’hanno vista quando la scarica di mitra l’ha colpita alla schiena, uccidendola.
«Sa qual è la cosa incredibile? Che Valeria ne parlava spesso. Diceva che bisognava avere rispetto, che gli europei non potevano andare in Medioriente a bombardare civili. Ed è successo a lei, qui a Parigi».
poliziotti prima dell irruzione al bataclan
Le sue colleghe di dottorato, all’istituto demografico della Sorbona dove Valeria si stava occupando della differenza del ruolo della donna tra Francia e Italia, sono disperate. «Non posso crederci», piange Ann Kiragu. «Venerdì era con me, a discutere della mia tesi di dottorato. Aveva talento, idee, sogni. Hanno mangiato tutto. E hanno tolto anche a noi quello che aveva da darci».
«Aveva forza e gioia di vivere insieme — racconta Alessia — Non vi immaginate una ragazza seduta, noiosa, non era nulla di tutto questo. Ecco, forza e gioia di vivere: Valeria c’era sempre per una birra insieme. Per lamentarsi dei problemi piccoli e grandi che abbiamo nel nostro quotidiano. Valeria c’era per arrabbiarsi quando la vita è ingiusta. Ma sempre continuando a lottare per renderla migliore».
Alessia la conosceva bene. «Siamo arrivate insieme a Parigi. Abbiamo condiviso quest’esperienza difficile e bellissima. Lei c’era sempre, era la nostra forza. Era intelligente, unica, la migliore».
«Si era guadagnata ogni millimetro della sua vita» racconta un’altra amica, italiana che vive in Francia. «Si sentiva parigina a tutti gli effetti. Stava bene qui, la borsa di studio che aveva all’Imed, l’istituto di demografia, era importante. Le permetteva di fare quello che amava: studiare per cambiare le cose».
Lo dice anche Gino Strada, il leader di Emergency. Prima a Venezia, e poi a Trento all’università, Valeria si era avvicinata a Gino Strada e alla sua associazione. Che ieri, insieme con la figlia Cecilia, ha voluto salutarla: «Una ragazza stupenda. Una di noi» dicono, ricordandola sorridente in una foto di gruppo. O con una kefiah verde al collo in una serata con amici.
morti e feriti al cafe bonne biere
«Valeria per lavoro dava parole ai numeri: contava, spiegava, li riscaldava. E lei era quello che studiava: cercava di capire cosa ci sta attorno per rendere tutto migliore», racconta una compagna di università mentre fuori dall’istituto di medicina legale continua un pellegrinaggio ingiusto. Perché le morti sono sempre tutte uguali. Ma alcune pesano di più.
«Quelle pallottole l’hanno fermata quando tutto era solo all’inizio: sognava di tornare in Italia, ma per fare le stesse cose che faceva a Parigi. Sognava di renderci tutti migliori». Valeria scriveva in un articolo scientifico appena due anni fa, parlando di donne, di figli, e di mamme che non riescono a tornare al lavoro dopo una maternità, comparando i dati italiani con quelli francesi, migliori ma non eccellenti: «Appare auspicabile una maggiore condivisione delle responsabilità familiari e professionali tra le donne e gli uomini». Era il 2013 e Valeria era convinta che un futuro ci sarebbe stato. E che, di sicuro, lei l’avrebbe studiato.
3. “DI NOTTE AIUTAVA I CLOCHARD MIA FIGLIA ERA MERAVIGLIOSA”
Sandro De Riccardis per “la Repubblica”
«Dovevamo sentirci quella sera, ma non ce l’abbiamo fatta. Valeria era così, sempre in movimento, sempre entusiasta». Luciana Milani, madre di Valeria Solesin, non avrebbe mai immaginato che tra loro non ci sarebbe stata più nessuna telefonata.
Signora Luciana, quando ha sentito Valeria per l’ultima volta?
«La sera prima della strage. Anche se non ci chiamavamo spesso, anche se era da tanti anni lontana, la sua era una presenza costante ».
Cosa racconterà di lei a chi non l’ha conosciuta?
«Parlerò di una persona meravigliosa, intelligente, curiosa della vita. A 19 anni è andata via di casa e da allora è stata sempre in giro. La porteremo sempre nel cuore come figlia, ma anche come studiosa e come cittadina. Mancherà anche al nostro Paese».
Era anche impegnata nel volontariato.
«Studio e impegno erano per lei la stessa cosa. Da studentessa ha iniziato a collaborare con Emergency. E a Parigi andava per strada ad aiutare i clochard. Diceva che era un modo per conoscere la città ed essere d’aiuto».
Perché aveva deciso di lasciare l’Italia?
«Era molto indipendente. A 16 anni è andata a lavorare in un panificio per guadagnarsi i soldi per viaggiare, senza pesare sulla famiglia».
Cosa le diceva di Parigi?
«I primi anni sono stati duri, perché era lì da sola. Poi, con Andrea, si è integrata benissimo. Ricordo la sua felicità dopo aver partecipato alla maratona in Bretagna».
È cambiato qualcosa dopo l’attentato a Charlie Hebdo?
«Ha continuato a vivere come prima. Ricordo che si è subito preoccupata di mandarmi un sms per dire che stava bene, io non sapevo ancora nemmeno cos’era successo. Venerdì sera, invece, non abbiamo ricevuto nulla. Ma abbiamo sperato fino alla fine che non fosse lì..».
Ha parlato con Andrea?
«Certo. Ora i suoi genitori sono qui da noi. Pensi che ci siamo conosciuti solo in questo momento così tragico».
Andrea le ha detto cos’è successo?
«Ne abbiamo parlato, ma lui è ancora molto scosso. Non deve sentirsi in colpa, ha fatto quello che ha potuto per salvare Valeria. La perdita più grande è per lui».
Quando ha visto l’ultima volta sua figlia?
«Ad agosto, era tornata a casa per il matrimonio di una compagna di scuola».
il momento in cui il batterista si nasconde dietro la batteria
C’è un’immagine di Valeria che le ritorna in mente in queste ore?
«Ce n’è una che mi ricorda la sua grande indipendenza. A 16 anni doveva partire per il Canada. La rivedo in aeroporto che, dopo i saluti, va all’imbarco. E non si gira più verso di noi».
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uomo arrestato al Batacln
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