
“AVREMO ANCORA ACQUA DA BERE? GLI SCENARI SONO UNO PEGGIO DELL'ALTRO. IL CLIMA STA CAMBIANDO RAPIDAMENTE, NOI NO. FINIRÀ MALE. E VENEZIA MARCIRÀ IN 60 ANNI” – LE PROFEZIE DI ANDREA RINALDO, LO SCIENZIATO A CUI IL RE DI SVEZIA HA CONSEGNATO IL “NOBEL DELL'ACQUA”: “ALLUVIONI E SICCITÀ SONO DUE FACCE DELLA STESSA MEDAGLIA, IL CAMBIAMENTO CLIMATICO. IMPOSSIBILE INVERTIRE LA ROTTA. SERVE UN PIANO MARSHALL DELL’ACQUA. NOI NE CONSUMIAMO 260 LITRI PRO CAPITE AL GIORNO, MA NELL’AFRICA SUBSAHARIANA UNA DONNA HA SOLO QUELLA CHE PORTA DAL POZZO NELL’OTRE..."
Stefano Lorenzetto per il “Corriere della Sera” - Estratti
Si dovrebbe erigere un monumento all’avversario che nel 1978, durante un incontro di rugby, gli ruppe i legamenti crociati del ginocchio sinistro. «La carriera universitaria fu il mio piano B», confessa il professor Andrea Rinaldo, 70 anni.
A 24 era azzurro e campione d’Italia con il Petrarca Padova, ma senza quell’infortunio non sarebbe diventato il campione del mondo che è oggi, primo e unico connazionale a vedersi consegnare dal re Carlo XVI Gustavo lo Stockholm Water Prize, detto «il Nobel dell’acqua», massimo riconoscimento internazionale per gli studi idrici, istituito dalla stessa Accademia reale svedese che assegna i premi per la fisica, la chimica, la medicina, la letteratura e l’economia.
africa e il problema dell acqua
Ingegnere idrologo, docente emerito di costruzioni idrauliche all’Università di Padova, Rinaldo ha contribuito a inventare l’ecoidrologia. Dell’acqua, e del suo rapporto con gli esseri viventi, sa tutto: distribuzione, alluvioni, siccità, patogeni. Ha diretto il Laboratorio di ecoidrologia dell’École polytechnique fédérale di Losanna. Siede nell’Accademia dei Lincei. Ha lavorato in Burkina Faso, Haiti e Bangladesh su colera e bilharziosi veicolati dall’acqua.
Il tema che più le sta a cuore qual è?
«Quando nel 2023 fui premiato a Stoccolma, mi dissero: “Ha un megafono, il mondo la ascolta”. Parlai della giusta distribuzione dell’acqua. Noi ne consumiamo 260 litri pro capite al giorno, ma nell’Africa subsahariana una donna ha solo quella che porta dal pozzo nell’otre tenuto sulla propria testa: 25 litri, dieci volte di meno. Urge un ripensamento».
È sempre stato fissato con l’acqua?
«Beh, sono veneziano. Papà, ingegnere idraulico, avrebbe voluto che ereditassi il suo studio professionale. Diceva: “Insegni? Va bene. Ma lavorare? Niente?”».
Il suo primo ricordo dell’acqua?
«San Barnaba 3074, alluvione del 4 novembre 1966. Il mare sale, sale, sale dentro la nostra casa di Venezia, e non scende mai, 15 ore di panico e disperazione».
Quando vede ripetersi lo stesso evento in Emilia-Romagna che cosa prova?
«Tutto tranne che stupore. È ciò che dobbiamo aspettarci sempre più spesso. Il clima sta cambiando molto rapidamente, noi no. Finirà male. Concentrazione di gas serra e aumento delle temperature sono il problema dei problemi. “Il passato non esiste”, diceva il poeta Biagio Marin. Ciò che abbiamo osservato negli ultimi 80 anni, insegna poco su quello che accadrà in futuro. Le variazioni climatiche sono troppo repentine.
Gli scenari dell’Ipcc, il Gruppo intergovernativo dell’Onu sul cambiamento climatico, mostrano che il surriscaldamento del pianeta continuerà a crescere, non riusciremo proprio a fermarlo».
Combattiamo una guerra che è già perduta, è questo che mi sta dicendo?
«Chiedere a 1 miliardo di indiani che non usino il condizionatore o fermare la deforestazione dell’Amazzonia è impossibile, perché il Nord del pianeta non è credibile agli occhi del Sud, dunque gli accordi globali falliranno. Mentre noi due siamo qui a chiacchierare, 800 milioni di africani si preparano a vivere fra 10 anni in città che oggi neppure esistono. E ci aspettiamo che queste megalopoli siano carbon friendly ? Andiamo!».
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Quindi come si dovrebbe procedere?
«Serve un piano Marshall dell’acqua. I diagrammi mostrano che un numero impressionante di indicatori economici, sociali e biogeochimici di turbazione della biosfera hanno tutti lo stesso andamento, sincrono e piatto, a partire dall’inizio delle misurazioni, da quando Giovanni Poleni nel Settecento istituì a Padova la prima cattedra di idraulica al mondo. Ma dagli anni Cinquanta del secolo scorso questi indicatori sono impazziti. Non può essere un caso. Siamo giunti al punto di non ritorno».
Se il governo le chiedesse di prendere in mano la situazione, che farebbe?
«Direi alla premier che alluvioni e siccità sono due facce della stessa medaglia: il riscaldamento globale. Le spiegherei che per la legge di Clapeyron ogni grado di aumento della temperatura significa un 7-8 per cento in più di acqua che l’atmosfera trattiene, pronta a trasformarsi in nubifragi quando incontra un fronte freddo.
Le mostrerei le foto satellitari di un angolo del globo, nel deserto del Sahel, dove non piove da 42 anni: si notano le tracce morfologiche dei grandi fiumi che un tempo solcavano quelle terre. La prova che nulla è eterno».
Dunque la città in cui è nato sparirà?
«Gli scenari dell’Ipcc sono una campana a morto per Venezia. Ci abbiamo messo 60 anni per fare il Mose. Fra altri 60 la proiezione più ragionevole sull’Adriatico del Nord indica che avremo all’incirca 70-80 centimetri in più di livello delle acque. Aggiunga l’inevitabile subsidenza: il fondo marino si abbassa. Risultato: per la fine di questo secolo il medio mare si sarà innalzato di 1 metro. Con le regole di oggi, il Mose andrebbe chiuso 262 volte l’anno. Il che decreterebbe la morte dell’ecosistema lagunare».
Capisco il suo dolore, è anche il mio.
«L’opera d’arte che tutto il mondo c’invidia registra per la prima volta questi livelli del mare. L’imbibizione da acqua salata rappresenta un guaio aggiuntivo: quando evapora, il sale resta nella struttura muraria. Le 15.000 unità abitative della laguna non hanno mai visto simili livelli dell’acqua. Venezia non sprofonderà alla maniera di Atlantide, come immaginano i romantici. No, marcirà».
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Non mi dica che il ragazzo cresciuto a San Barnaba rimarrà a guardare.
«Ci restano 60 anni per salvare la mia città. Sono presidente dell’Istituto veneto di scienze, lettere e arti, un’accademia napoleonica che ha 200 anni di vita. Sto organizzando una consultazione internazionale sul tema. Finanzieremo gruppi di scienziati affinché offrano sette idee per la salvezza di Venezia. Così la politica potrà scegliere fior da fiore. Solo sette idee. Nessuno vince. Sarà il mio lascito».
Parla come un novello doge.
«La laguna sarebbe sparita 400 anni fa se la Serenissima non l’avesse preservata deviando più a nord il corso del Piave e del Sile e più a sud quello del Brenta. Bisogna mettere le mani su tutto per conservare quello che abbiamo oggi».
La nostra rete idrica ha picchi di perdite del 66 per cento in Puglia e Molise.
«L’elefante nella stanza non è l’acqua sprecata ma il suo uso. Quali agricolture e irrigazioni saranno possibili? Andrea Zanzotto era inorridito dalla cementificazione che ha sconciato il Veneto. Per Goethe la strada da Vicenza a Padova era la più bella al mondo: provi a percorrerla adesso. In un sistema in cui l’80 per cento della ricchezza è concentrato nelle mani del 20 per cento della popolazione, non possiamo lasciar fare solo all’economia. Lei ha idea di quanta acqua richiede l’Intelligenza artificiale?».
No.
«Guidiamo nella notte con gli occhi chiusi e con i fari spenti. Tutti vogliono fare gli influencer, diventare miliardari in pigiama senza muoversi da casa. Invece il mondo e la natura sono crudeli. Ho parlato con il re di Svezia delle malattie come la bilharziosi, che trova nelle chiocciole d’acqua dolce gli ospiti intermedi. “Non ci riguarda”, ha sorriso. Si sbaglia, maestà, ho replicato: basta 1 grado di differenza e spariscono i salmonidi dell’arco alpino. Dobbiamo immaginare grandi mutamenti nelle tradizioni dei luoghi, negli assetti economici e sociali, e abbandonare le prospettive antropocentriche che guardano solo all’ Homo sapiens e ai suoi interessi».
(...)
Non passerà per un millenarista?
«L’arte è fatta per disturbare, la scienza per rassicurare, credeva Georges Braque.
sprechi di acqua potabile in italia
È il contrario. Ho visto gli haitiani pagare un cavolo al mercato con la app. Non hanno né acqua né fognature né strade né polizia né governo, però gli abbiamo portato i cellulari e il colera, che non vedevano da 200 anni: sono stati infettati da alcuni portatori sani nepalesi delle truppe di pace dell’Onu. Da questa logica discende, secondo me, l’infattibilità di un accordo globale per la mitigazione del cambiamento climatico».
Si può desalinizzare l’acqua del mare?
«Costoso ed energivoro. Israele vende l’acqua potabile alla Giordania e ricicla il 90 per cento di reflui dei depuratori».
Avremo ancora acqua da bere?
«Non si possono fare previsioni: solo scenari. Uno peggio dell’altro».
sprechi di acqua potabile in italia
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