COSA C'È DIETRO LO STRANO SEQUESTRO DI UN NOTO INGEGNERE A NAPOLI? - UN 51ENNE, FIGLIO DI UNO DEGLI IMPRENDITORI EDILI PIÙ FAMOSI DELLA CITTÀ, ERA STATO PORTATO VIA DA UN COMMANDO DI QUATTRO-CINQUE BANDITI, MA UNA VOLTA SALITO A BORDO DI UN FURGONE È RIUSCITO A DIVINCOLARSI E SCAPPARE - L'UOMO NON HA PRESENTATO DENUNCIA E ANCHE PER QUESTO LA VICENDA È AVVOLTA NEL MISTERO: GLI INQUIRENTI NON ESCLUDONO LA PISTA DELLA CAMORRA…
Ferdinando Bocchetti per "Il Messaggero"
I carabinieri della Compagnia di via Nuvoletta sono sulle tracce degli uomini che lo scorso 26 novembre, alla periferia di Marano di Napoli, hanno tentato di rapire un ingegnere di 51 anni, figlio di uno degli imprenditori edili più noti della città.
L'uomo, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, era in compagnia del padre, un 76enne con un passato da consigliere comunale, e a un certo punto è stato avvicinato da un commando composto da almeno quattro o cinque persone.
I banditi lo hanno immobilizzato e portato via a bordo di un furgone. Ma il professionista, dopo aver percorso circa due chilometri all'interno del veicolo, ha ingaggiato una breve colluttazione ed è riuscito a scappare.
Una volta libero, l'ingegnere è stato trasportato in ospedale, al Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli, dove i medici lo hanno curato per alcune lesioni al volto e alla tempia. Ne avrà per 15 giorni.
I MISTERI
La vittima del tentato rapimento, stando a quanto emerso in questi giorni, non avrebbe denunciato i fatti alle forze dell'ordine, probabilmente allertate dall'ospedale flegreo. La vicenda, anche per questo, è ancora avvolta nel mistero.
I carabinieri di Marano, infatti, non escludono nessuna ipotesi, compresa quella che ad agire siano stati alcuni esponenti della criminalità organizzata locale, bande sempre più alla ricerca di denaro per sostenere gli affiliati e ovviamente le famiglie dei detenuti.
Il padre dell'ingegnere sfuggito al rapimento è stato - a cavallo tra gli anni Ottanta e Novanta - uno dei costruttori più intraprendenti del territorio. Ex consigliere comunale, balzò agli onori delle cronache - insieme a numerosi altri politici - dopo lo scioglimento del Comune per infiltrazioni camorristiche.
L'assemblea civica di allora finì anche nel mirino della magistratura, che spiccò diversi mandati di cattura nei confronti di consiglieri e amministratori. L'uomo è stato per anni socio in affari di un altro consigliere.
Negli anni Ottanta l'impresa da loro gestita ha realizzato numerosi parchi nel territorio di Marano, in particolare nella zona (via Falcone e aree limitrofe) dove sono poi sorti lo stadio comunale e il distretto sanitario. I due imprenditori napoletani del mattone hanno in seguito portato avanti le rispettive attività, in maniera autonoma e con la collaborazione dei figli.
LO SFONDO
Da tempo gli equilibri criminali sul territorio di Marano sono profondamente cambiati: dopo oltre un ventennio segnato dall'egemonia del clan Polverino e dei costruttori a loro contigui (i Simeoli in primis), da qualche tempo è la cosca degli Orlando a dettare legge in città e anche nei limitrofi comuni di Quarto e Calvizzano.
Gli imprenditori, anche quelli che un tempo erano ritenuti contigui ai clan o comunque ben voluti dalle organizzazioni camorristiche locali, sono stati - nel corso degli ultimi anni - destinatari di richieste estorsive.
Il caso più eclatante è quello di Antonio Di Guida, imprenditore tra i più noti nell'hinterland giuglianese, avvicinato e minacciato da uomini del clan Orlando. Di Guida, di recente, è stato condannato (con l'accusa di concorso esterno) a 7 anni di reclusione nell'ambito di un'inchiesta sull'area industriale di Marano.
La famiglia dell'ingegnere preso di mira si sarebbe interessata a un importante affare immobiliare, che contempla l'acquisizione e ristrutturazione di una palazzina che un tempo fungeva da sede distaccata di alcuni uffici comunali.
Un immobile di proprietà del Comune di Napoli, messo all'asta poiché il municipio di Marano non è riuscito a formalizzare una proposta di acquisto, tanto meno a saldare i numerosi e pregressi canoni di locazione.
Quel business potrebbe - ma è solo una delle ipotesi al vaglio degli inquirenti - aver fatto gola a qualche esponente della malavita organizzata. Il tentato rapimento potrebbe dunque essere letto anche come un avvertimento o ulteriore avvertimento per qualche richiesta estorsiva non ottemperata dalla famiglia della vittima del tentato sequestro.