
“C’È STATA UN’EMORRAGIA MA NULLA DI CHE. DATELE ACQUA E ZUCCHERO” – CARLO BRAVI, IL CHIRURGO PLASTICO CHE HA OPERATO SIMONETTA KALFUS (MORTA PER SEPSI DOPO UNA LIPOSUZIONE), ERA STATO GIÀ CONDANNATO A UN ANNO DOPO LA DENUNCIA DI UN’ALTRA PAZIENTE, CHE RISCHIÒ DI PERDERE LA VITA DOPO UN INTERVENTO AL SENO SBAGLIATO (PER GUADAGNARE PIÙ SOLDI, EFFETTUÒ UNA MASTOPLASTICA INVECE CHE UN LIFTING) – L’ORDINE DEI MEDICI NON È MAI INTERVENUTO PERCHÉ LA COMMISSIONE CENTRALE È ACEFALA DA MESI…
Estratto dell’articolo di Ilaria Sacchettoni per il "Corriere della Sera"
La sala operatoria fai-da-te descritta nella sentenza, almeno fino al 2017 era in via Firenze a Roma, pochi passi da via Nazionale, zona di ministeri, shopping e monumentali gallerie d’arte.
Se Simonetta Kalfus — 62enne morta dopo una liposuzione — avesse potuto visitarla, forse sarebbe ancora viva. All’interno di un palazzo storico, fra uno scaldino ad aria buono per scongelare l’ambiente e scaffali di protesi pronte all’uso, Carlo Bravi, il chirurgo estetico oggi 73enne, promuoveva la quarta misura di seno attraverso il passaparola di signore già operate.
CARLO BRAVI - CHIRURGO PLASTICO
Qualcuna, in verità, sopravvissuta per un soffio alle competenze del medico, aveva lamentato effetti collaterali, arrivando a denunciare. È il caso di Pamela Maggi che […] ha ottenuto per Bravi una condanna (1 anno in primo grado), motivata dai giudici della nona sezione penale.
Il 27 novembre 2017 Maggi entra nel poliambulatorio per un lifting al seno, dopo una gravidanza. La donna, in compagnia del marito e della madre, arriva in sala operatoria dove «uno scaldino casalingo» le desta qualche preoccupazione.
Tacitata da Bravi che è lì per rassicurarla spiegandole «che l’intervento sarebbe durato al massimo 50 minuti». Passa il tempo. Finalmente la porta della sala operatoria si spalanca. «Esce il dottore — fanno mettere a verbale i parenti — e, insomma, c’aveva il camice un po’ sporco di sangue, un po’ di cose, dice: “Non è mai successo, nell’operazione ho reciso un muscolo, c’è stata un’emorragia ma nulla di che, e niente, tutto a posto, aspettiamo che si riprende dall’anestesia”».
LE PROTESI ABBANDONATE NELLO STUDIO DI CARLO BRAVI
Nella sentenza i giudici rilevano le ammissioni di Bravi descrivendo quanto accaduto mentre la paziente versa in stato di incoscienza. «A questo punto (i familiari, ndr ) proponevano di allertare il 118 ma l’imputato […] si offriva di riaccompagnarla direttamente a casa e quindi, seguendo con la propria autovettura quella del marito, aiutava quest’ultimo a portarla in braccio fino alla loro abitazione».
Il giorno dopo Maggi è allettata, incapace anche solo di andare in bagno, in preda a forti dolori e a «un forte senso di spossatezza». Bravi, allora, compulsato dalla famiglia della paziente minimizza suggerendo «di somministrare alla Maggi ”acqua e zucchero”».
Dettagli da raccapriccio emergono, poi, con le testimonianze. La donna invia un messaggio particolareggiato al medico («dal capezzolo destro si vede una cicatrice nera e esce del liquido, tutto nella norma?») che si sottrae alle chiamate.
Maggi insiste, ora ha bruciore sotto le ascelle, la ferita emana odori sgradevoli, chiede di essere visitata. Bravi, però, si è eclissato. Sarà il medico di base della donna, interpellato, a disporre il ricovero immediato al policlinico Umberto I dove Pamela Maggi entrerà in codice giallo.
Da qui prende l’avvio il percorso giudiziario che si è concluso solo pochi mesi fa. E del quale l’Ordine dei medici, che su Bravi ha un fascicolo aperto, non ha ancora potuto prendere atto perché la commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie (Ceeps) è acefala da mesi.
La pm Eleonora Fini dispone una consulenza dall’esito netto: Bravi, indagato per omicidio colposo, ha commesso tre errori. Il primo dei quali riguarda incredibilmente la tipologia di intervento.
Le protesi ammassate nello studio del chirurgo Carlo Bravi
Il medico aveva promesso un lifting ma in seguito aveva eseguito (malamente) una mastoplastica additiva. Quella che, teoricamente, gli riesce meglio, certo quella che gli frutta di più. Di fatto, per la consulente, ha deformato «in un modo grottesco e innaturale» il seno della paziente.
Secondo: erano affiorati «profili di colpa anche nella gestione post operatoria» caratterizzata, tra le altre cose, da una cartella clinica «assai scarna» e dal tentativo di Bravi di nascondere le proprie negligenze.
Terzo: il mancato ricovero in una struttura attrezzata. Risultato: un anno di carcere con pena sospesa essendo «graniticamente emersa la sua condotta gravemente colposa».
Intanto Bravi il 6 marzo effettua una liposuzione sulla Kalfus: lei muore 12 giorni dopo, l’autopsia parla di sepsi, il corpo pieno di infezioni. Lo studio del chirurgo era a norma? I carabinieri lo verificheranno. Cartelle cliniche e cellulare della donna sono sotto sequestro.