MISERIA DELLA NOBILTÀ – CONTINUA LA GUERRA PER L’EREDITÀ DEL PRINCIPE TORLONIA. PAOLA, FRANCESCA E GIULIO DEPOSITANO IL CARTEGGIO DEL PADRE ALESSANDRO CON CARLO (CHE LI HA CITATI IN GIUDIZIO) – IL PRINCIPE VOLEVA FAR RITENERE “INDEGNO” IL FIGLIO E GLI SCRISSE DIVERSE LETTERE ACCUSANDOLO DI AVER “CALPESTATO” L’ONORE DELLA FAMIGLIA
Fiorenza Sarzanini per il “Corriere della Sera”
Due mesi prima di morire il principe Alessandro Torlonia voleva far ritenere «indegno» suo figlio Carlo. Per questo gli scrisse diverse lettere in cui gli chiedeva conto «dell' odio feroce che nutri verso la tua famiglia» e soprattutto di aver «calpestato il nostro onore». Il carteggio sulla guerra per l' eredità da quasi due miliardi di euro che si è scatenata dopo la scomparsa del nobiluomo avvenuta il 28 dicembre di un anno fa, svela nuovi e inediti dettagli sui rapporti all' interno del nucleo familiare.
Facendo emergere dissapori precedenti al 9 gennaio scorso, quando fu aperto il testamento. Nel fascicolo oltre alle missive, ci sono nuovi documenti sulla gestione del patrimonio, perizie e certificati che il giudice del tribunale civile chiamato a stabilire la corretta divisione dei beni dovrà esaminare all' udienza già fissata per il prossimo 5 dicembre.
ALESSANDRO POMA MURIALDO GIUSEPPE DI PAOLA
È stato proprio Carlo Torlonia, 67 anni, a citare in giudizio i fratelli Paola, Francesca e Giulio e il nipote Alexander Poma Murialdo, figlio di Paola, che era stato nominato «esecutore testamentario».
Nel ricorso il suo legale Adriana Boscagli sottolineava la «lesione della quota legittima» e mercoledì scorso ha ottenuto il sequestro cautelativo dell' intero patrimonio in attesa che venga completato l' inventario e soprattutto che si stabilisca se è vero - come lui sostiene - che si sia cercato di vendere una parte dei beni, in particolare i 620 marmi che fanno parte di una collezione dal valore inestimabile, al Paul Getty Museum.
Soldi finiti in conti correnti aperti all' estero, palazzi, arredi, gioielli, appartamenti: nell' istanza al giudice viene evidenziata la necessità di «evitare la scomparsa, la dispersione, il danneggiamento, la scorretta gestione» anche tenendo conto che Poma Murialdo è presidente della Banca del Fucino e - questa è l' altra accusa - «potrebbe usare i beni di famiglia proprio per ripianare i conti dell' istituto di credito».
Proprio per smentire questi attacchi Giulio Torlonia ribadisce di voler «proteggere il nostro nome ristabilendo la verità» e per questo, «insieme alle mie sorelle», racconterà al giudice i veri rapporti tra il padre e il primogenito. Depositando ciò che il principe aveva scritto appena poche settimane prima di morire.
Chi ha potuto leggerle racconta come il principe si lamentasse con Carlo perché «mi manca il tuo conforto morale e materiale ho sempre accarezzato invano la speranza di poter contare su di te in questo ultimo tratto della mia esistenza» e si definiva «ormai rassegnato e ferito profondamente dal tuo contegno e dagli attacchi personali».
Per questo spiegava di aver «maturato il convincimento che non sei interessato alla mia persona, ma al mio patrimonio», dunque «meglio non fingere perché le 27 iniziative giudiziarie che hai intrapreso denotano la tua reale disposizione d' animo, calpestando sentimenti rapporti familiari per il conseguimento di interessi egoistici poco nobili a dispetto delle più elementari regole familiari sociali e giuridiche». E per questo aveva deciso «nel tratto di vita che mi rimane» di «assumere decisioni drastiche a tutela del mio onore e della reputazione della famiglia Torlonia».
I tre fratelli e il nipote hanno deciso di farsi assistere dallo stesso pool di legali - gli avvocati Alessandro Turco, Valerio Pescatore e Massimo Zaccheo - proprio per dimostrare l' unità della famiglia. E al giudice chiederanno di essere ascoltati proprio per ribadire come «sia stato Carlo a estraniarsi».
Per questo sottolineeranno quanto scritto in un' altra lettera del 14 novembre 2017 quando il padre disse al figlio di ritenerlo «irriconoscente verso tutto ciò che per te è stato fatto, ma addirittura indegno di far parte della mia famiglia e di portare il mio nome» in quanto «solo pronto a scatenare guerre infide» tanto da annunciare che «fino a che avrò forza darò corso alle azioni per difendere i miei diritti e quelli di chi mi sta vicino» revocando «tutte le azioni e le liberalità che ho disposto nel corso degli anni in tuo favore perché ti ritengo immeritevole di alcunché».
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