ENJOY! SGOMINATA LA BANDA DEL CAR SHARING - OLTRE CENTO AUTO RUBATE IN SEI MESI: I LADRI, CHE OPERAVANO TRA ROMA E NAPOLI, SMONTAVANO LE FIAT 500 DI "ENJOY" PER POI RIVENDERE I PEZZI DI RICAMBIO - IL DANNO ECONOMICO LAMENTATO DALL’AZIENDA DI CAR SHARING "ENI SPA" E’ STATO SUPERIORE AL MILIONE E MEZZO DI €
Antonio Emanuele Piedimonte per la Stampa
Un "auto-ricambi" molto particolare, fatto solo con le vetture rubate al car sharing. Un mercato parallelo, made in Naples, che nell' ultimo anno è stato alimentato da un numero talmente alto di furti da far assumere al fenomeno i connotati della razzia.
Territorio prediletto di caccia era Roma, mentre l' oggetto delle scorrerie erano le Fiat 500 Enjoy, le utilitarie usate per il noto servizio che permette di usare un' auto su prenotazione, prelevandola e riportandola in un parcheggio e pagando in ragione dell' utilizzo fatto.
Veicoli fatti sparire nel capitale mentre, all' ombra del Vesuvio c' era la sede dell' organizzazione criminale, il luogo dove si pianificava e coordinava tutta l' operazione e dove avveniva la secondo fase: il riciclaggio degli automezzi, venduti interi o a pezzi ad ignari acquirenti.
IL SERVIZIO DI CAR SHARING ENJOY
Un sistema piuttosto ingegnoso e semplice al tempo stesso, ieri disfatto dall' intervento dei carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale di Roma. I militari hanno eseguito tre arresti, tutti nel Napoletano, al termine di un' indagine avviata nel giugno del 2015 dopo la clamorosa denuncia dei legali dell' azienda di car sharing, la «Eni spa», che lamentarono il furto di oltre cento macchine in sei mesi per un danno economico superiore al milione e mezzo di euro.
L' attività investigativa ha permesso di ricostruire nel dettaglio tutti i passaggi. Si è scoperto così che la banda creava degli account sul portale del servizio della società, intestati fittiziamente ad altre persone, alle quali avevano rubato i dati anagrafici insieme con quelli dei documenti di guida, delle utenze telefoniche e delle carte di credito. Poi scattava la seconda fase: entrare in possesso delle 500 per poi procedere alla manomissione dei computer di bordo e, soprattutto, dell' annesso dispositivo di geo-localizzazione diventando perciò «invisibili» alla sala-operativa dell' azienda.
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A questo punto le auto potevano essere trasportate nei depositi napoletani, e una volta lì quasi tutte venivano smantellate pezzo per pezzo e avviate al mercato nero dei pezzi di ricambio. Ma non solo. In un' occasione, ad esempio, i tre arrestati, dopo aver rubato l' ennesima 500 ne hanno dichiarato lo smarrimento della targa a Napoli e hanno provveduto poi a immatricolare nuovamente il veicolo poi venduto in provincia di Matera.
La società, d' accordo con gli investigatori, ha installato un secondo sistema di localizzazione, grazie al quale - e nonostante anche questo fosse stato individuato dai ladri - sono stati raccolti ulteriori e determinanti elementi di prova anche nei confronti di alcuni complici dei tre da ieri in carcere.
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Bravi con la tecnologia, un po' meno nella guida. Come quella volta che durante il trasferimento verso Napoli uno degli uomini arrestati ieri si è schiantato con la 500 che gli era stata affidata ed è stato costretto a un' affannosa fuga a piedi nelle campagne del basso Lazio.