cesare battisti

CESARE BATTISTI, LO ZELIG DEL TERRORISMO – L’ASSASSINO CHE SI TRASFORMO’ IN ROMANZIERE E NARRÒ AI FRANCESI LA FAVOLA DELL'ITALIA “CILENA” - PENNAC E HENRY-LÉVY LO DIFESERO,LA SINISTRA SI SPACCÒ. TOCCÒ A BARBARA ''POLTRONISSIMA'' SPINELLI RIPORTARE TUTTI AI FATTI IN UNA MEMORABILE LETTERA A "LE MONDE" IN CUI SPIEGAVA CHE BATTISTI NON ERA IL SANTINO CHE SI ERANO BEVUTI...

Jacopo Iacoboni per la Stampa

 

CESARE BATTISTI

È stato in un certo senso lo Zelig del terrorismo. Cesare Battisti - arrestato ieri in Brasile, anche se l' estradizione è una partita che si apre ora; del resto rocambolesca e dotata di non banali coperture è stata tutta la sua lunga fuga all' estero - negli Anni Settanta non era stato uno dei militanti carismatici del vasto e variopinto partito armato dell' ultrasinistra, ma è stato uno dei più spietati e persino temerari, come anche la sua seconda e terza vita raccontano, fatte di fughe dai carceri, arresti, fughe dagli arresti e così via.

 

DANIEL PENNAC 1

Di volta in volta Battisti ha sempre trovato qualcuno - dai francesi fino al «presidente operaio» Lula - disposto a credere in qualche modo o in tutti i modi alla storia che lui si voleva raccontare. Battisti aveva costruito la sua latitanza su un mito, un falso racconto, una grande operazione di disinformazione: narrare a se stesso e al mondo di esser vittima di un' Italia talmente totalitaria negli Anni Settanta (e, si presume, fino a oggi) da risultare come il Cile di Pinochet, un Paese di leggi speciali eterne, senza diritto né giustizia. Un romanzo, un noir, una fiction; di quelle che lui ha poi effettivamente scritto.

 

BARBARA SPINELLI

Spietato, Battisti lo fu nei fatti. In Italia è condannato in via definitiva per quattro omicidi della sua formazione - i Pac, i Proletari armati per il comunismo - due dei quali commise direttamente. Sotto i colpi di quel gruppo piccolo, che ebbe in Arrigo Cavallina il suo ideologo, e viveva la lotta armata come qualcosa di più simile al Mucchio selvaggio di Peckinpah che al dottrinarismo delle Brigate Rosse, caddero il gioielliere Pierluigi Torreggiani e il macellaio Lino Sabbadin, militante del Msi, uccisi il 16 febbraio 1979 a Milano e Mestre, la guardia carceraria Antonio Santoro, ucciso a Udine il 6 giugno 1978, e il poliziotto Andrea Campagna, a Milano il 19 aprile 1978.

 

Fu una stagione breve e folle, quella dei Pac, nei quali Battisti incappò quando venne «politicizzato» in carcere a Frosinone - dov' era entrato come piccolo criminale comune - proprio dai racconti di Cavallina.

 

Ma la seconda vita, quella che comincia dopo la fuga dal carcere nel 1981, risulta persino più incredibile - culturalmente e politicamente. Battisti, riparato a Parigi (dove viveva in una soffitta facendo di fatto il portiere di uno stabile), fu coperto dagli equivoci della «dottrina Mitterrand», che concedeva asilo politico agli estremisti che non si fossero macchiati di reati di sangue (non era quindi il caso di Battisti). Ci mise poi del suo: iniziò a scrivere libri gialli che ebbero buon successo, vennero pubblicati da Gallimard, e lo resero un piccolo personaggio di quella comunità parigina di Expat che poteva andare da Toni Negri alla fisarmonica di Oreste Scalzone.

 

CESARE BATTISTI

Fu lì che, quando nel 2003-2004 si capì che il Consiglio di Stato francese lo stava per estradare, si scatenarono gli intellò parigini, maestri nell' arte del fraintendimento e della doppia morale. Mentre i pochi terroristi di Action Directe marcivano nelle galere francesi, paladini di Battisti divennero Fred Vargas, Philippe Sollers, Daniel Pennac. Bernard-Henri Lévy scrisse da ultragarantista in sua difesa (pur esordendo «ignoro se abbia commesso o no i crimini che gli sono imputati»...).

 

Toccò a Barbara Spinelli riportare tutti ai fatti in una memorabile lettera a Le Monde «agli amici francesi» in cui spiegava, più o meno: cari amici, avete preso un granchio, l' Italia degli Anni Settanta non fu una dittatura, e Battisti non è il santino che vi siete bevuti voi.

 

CESARE BATTISTI

La sinistra si spaccò. Rossana Rossanda disse «no al grido forcaiolo "in galera"». Bertinotti tacque a lungo. Giuliano Pisapia chiarì che l' Italia non fu il Cile, ma «la legislazione d' emergenza degli Anni Settanta profondi dubbi di costituzionalità li solleva». E chissà cosa direbbe oggi, una sinistra, se esistesse ancora.

 

barbara spinelli tsiprasCESARE BATTISTI cesare battistiCESARE BATTISTI SULLA SPIAGGIA DI RIO IN UNA FOTO PUBBLICATA DA PARIS MATCHCESARE BATTISTI ALLA PRESENTAZIONE DEL SUO ULTIMO LIBRO IN BRASILE CESARE BATTISTI IL MATRIMONIO DI CESARE BATTISTI

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