CI HANNO PRESO GUSTO: DOPO LA SARDEGNA, SCHLEIN E CONTE PUNTANO A CONQUISTARE L’ABRUZZO, IL FORTINO MELONIANO GOVERNATO DA MARCO MARSILIO, E SCHIERANO UN "CAMPO EXTRALARGO" CON CALENDA E RENZI - NESSUNA INIZIATIVA COMUNE PER NON REPLICARE LA SFORTUNATA “FOTO DI VASTO” DEL 2011 – BONACCINI MANDA UN PIZZINO AI GRILLINI: “AL NORD L’ALLEANZA GIALLOROSSA NON BASTA”. MA CONTE RIBADISCE IL SUO “NO ALLE AMMUCCHIATE”. E IL DEM ANDREA ORLANDO LO INFILZA…
Giovanna Vitale per “la Repubblica” - Estratti
E adesso tutti in Abruzzo, per innescare l’effetto domino. Dopo l’insperata vittoria in Sardegna, il centrosinistra inizia a crederci davvero.
giuseppe conte alessandra todde elly schlein
Quel che fino a poche settimane fa pareva impossibile, strappare un’altra regione alla destra — e che regione, il fortino meloniano per eccellenza governato da Marco Marsilio, il “fratello” calato da Roma cinque anni orsono per soli meriti d’appartenenza — sembra ora meno proibitivo. Non tanto per i sondaggi che segnalano la rimonta di Luciano D’Amico, l’ex rettore di Teramo intorno al quale l’intera compagine progressista ha saputo aggregarsi.
C’è che è proprio mutato il clima: il successo sull’isola ha rinvigorito gli animi e regalato un’inedita dose di coesione che far ben sperare per il futuro. Intanto in Basilicata e Piemonte, dove l’alleanza fatica ancora a decollare.
Nessuno tuttavia si illuda: la fatidica foto di Vasto con i leader schierati sul palco per chiudere la campagna del 2011 non verrà replicata.
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Da qui al 10 marzo, quando si apriranno le urne, tutti i big del centrosinistra faranno un salto nella Marsica: in ordine sparso, però. Per esprimere sostegno nel rispetto di una comunità orgogliosa della propria storia e autonomia. Marciare divisi per colpire uniti: è questo lo schema.
Giuseppe Conte arriverà oggi e si fermerà fino a sabato, per poi tornare a metà della settimana prossima. Il 6 e il 7 sarà la volta di Elly Schlein, che ormai è un habitué, accompagnata da Pierluigi Bersani: il medesimo tandem dell’ultimo tour in Sardegna, che tanto bene ha portato. E via così: Calenda, Fratoianni, Bonelli, Boschi, Magi di +Europa, i dem Zingaretti, Orlando e Boccia.
Nel frattempo si proverà a tenere basse le polemiche fra alleati che, come un fiume carsico, ogni tanto riemergono, alimentando le tensioni.
Ieri Stefano Bonaccini non è riuscito a trattenersi. A proposito della vittoria sarda che a suo giudizio mostra «come più si sta insieme, più si allarga il campo, e più è facile sconfiggere le destre», il governatore emiliano ha elogiato Schlein per essersi «spesa con generosità» e invitato il M5S a «riflettere» su questo dato. Richiamando il passo di lato fatto dalla segretaria per spianare la strada alla candidata del Movimento.
giuseppe conte elly schlein foto di bacco (2)
Per poi gettare sul tavolo un tema a lui sempre caro, la “questione settentrionale”, che sembra legata alla battaglia sul terzo mandato. «Lo dico ai 5S: al Nord, dove abitano quasi la metà degli italiani, su 8 regioni il centrosinistra ne governa solo una, quella che guido io», ricorda Bonaccini. Significa che «in particolare in questa parte del Paese» l’ alleanza giallorossa «non basta», bisogna darsi da fare in vista del voto in Emilia e Veneto, che sarà fra meno di un anno.
E Conte? Ribadisce il suo «no alle ammucchiate» e insiste a mantenere le distanze. Prima si dice pronto a «favorire accordi, ovunque possibile », poi però rifiuta di sciogliere i nodi più urgenti: «Anziché di Piemonte e Basilicata adesso parliamo di Abruzzo perché è la competizione elettorale più imminente», taglia corto.
Ma nel Pd in tanti, anche i simpatizzanti, stanno perdendo la pazienza: «Le chiacchiere sul campo largo o giusto stanno a zero», protesta Andrea Orlando. «Faccio una proposta: chiamiamolo “Campo per la difesa della sanità pubblica” in tutte le regioni governate dalla destra che la stanno sfasciando. Così ci capiamo tutti. Basta con le manfrine, le tattiche, l’idea di pesarsi per contare di più la volta dopo, il punto è se si vuole battere la destra e costruire un’alternativa oppure no». Altrimenti, altro che è effetto domino: la Sardegna resterà soltanto, per dirla con la maggioranza, «un incidente di percorso».