
UN CITTADINO DEL MARYLAND È STATO ARRESTATO E DEPORTATO PER ERRORE A EL SALVADOR, IN MEZZO AI MEMBRI DELLE GANG VENEZUELANE – L’UOMO SI CHIAMA KILMAR ARMANDO ABREGO, E ORA SAREBBE “VIVO E AL SICURO” DOPO CHE LA CORTE SUPREMA HA ORDINATO DI “FACILITARNE” IL RIMPATRIO. MA LA CASA BIANCA TERGIVERSA: NON VUOLE AMMETTERE DI AVER FATTO UNA CAZZATA…
USA, UOMO DEPORTATO PER ERRORE A EL SALVADOR È VIVO E AL SICURO
(ANSA) - NEW YORK, 12 APR - L'uomo del Maryland arrestato e deportato per errore in El Salvador "è vivo e al sicuro". Lo riferisce un funzionario americano dopo che la Corte Suprema ha ordinato all'amministrazione di facilitarne il rimpatrio. Kilmar Armando Abrego Garcia è stato deportato nel carcere di massima sicurezza di El Salvador.
Kilmar Abrego Garcia è stato deportato per errore
Traduzione di un estratto dell'articolo della CNN
A meno di 24 ore dalla decisione della Corte Suprema che imponeva all’amministrazione Trump di “facilitare” il ritorno negli Stati Uniti di Kilmar Armando Abrego Garcia, espulso per errore e rimpatriato in El Salvador, il caso ha assunto contorni ancora più opachi.
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Durante un’udienza tesa tenutasi venerdì pomeriggio davanti alla giudice distrettuale Paula Xinis, l’avvocato del Dipartimento di Giustizia Drew Ensign ha evitato ripetutamente di rispondere in modo diretto, mentre la giudice cercava di ottenere dettagli sulle misure adottate dall’amministrazione per garantire il rientro dell’uomo — padre di tre figli residente in Maryland — arrivando persino ad ammettere di non avere alcuna informazione sul suo attuale luogo di detenzione.
[…] La giudice ha ordinato al Dipartimento di Giustizia di fornire aggiornamenti giornalieri su cosa l’amministrazione stia facendo per agevolare il rientro di Abrego Garcia. Non è però chiaro se tali relazioni saranno considerate soddisfacenti dalla corte o dai legali della famiglia. La giudice non ha specificato cosa accadrà se le risposte non saranno ritenute adeguate.
La deportazione per errore
L’amministrazione Trump ha ammesso che la deportazione è avvenuta “per un errore amministrativo”, ma sostiene di non poterlo riportare negli Stati Uniti poiché si trova ora in custodia delle autorità salvadoregne.
Abrego Garcia aveva ottenuto nel 2019 lo status di protezione da parte di un giudice dell’immigrazione, che vietava la sua espulsione verso El Salvador. I suoi avvocati sostengono che l’uomo, fuggito più di dieci anni fa, cercava protezione dalla violenza delle gang nel suo Paese d’origine.
Lo scorso mese, la moglie lo ha riconosciuto in una fotografia scattata durante il trasferimento dei detenuti nel famigerato mega-carcere CECOT di El Salvador. Secondo l’ICE (Immigration and Customs Enforcement), Abrego Garcia apparterrebbe alla gang MS-13, che l’amministrazione Trump ha designato come organizzazione terroristica straniera.
La giudice Xinis aveva inizialmente ordinato il ritorno immediato dell’uomo negli Stati Uniti, definendo la deportazione un “atto illegale” e fissando come termine la mezzanotte del 7 aprile.
Il ricorso dell’amministrazione e l’intervento della Corte Suprema
L’amministrazione ha fatto subito ricorso, prima alla Corte d’Appello federale di Richmond, e poi — senza attendere il verdetto — alla Corte Suprema, che ha temporaneamente sospeso il termine imposto dalla giudice.
Giovedì, la Corte Suprema ha confermato l’ordine di Xinis, ma senza indicare una scadenza per il rientro, sottolineando però che il provvedimento del tribunale distrettuale andava chiarito meglio. Ha inoltre ricordato che qualunque chiarimento dovrà rispettare “la dovuta deferenza al potere esecutivo nella conduzione degli affari esteri”.
Poche ore dopo, la giudice Xinis ha emesso una nuova ordinanza ordinando al governo di “intraprendere tutte le azioni disponibili” per facilitare il rientro di Abrego Garcia e di fornire una dichiarazione giurata da una persona con conoscenza diretta delle misure intraprese o pianificate.
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Ma venerdì mattina, gli avvocati del Dipartimento di Giustizia hanno dichiarato di aver bisogno di più tempo per presentare tale dichiarazione, superando così due scadenze già fissate dalla giudice.
Più tardi, la giudice ha stabilito che l’amministrazione “non ha rispettato” il suo ordine, accusandola di non aver fatto alcuno sforzo significativo per ottemperarvi.
Trump: “Lo riporterei indietro se lo dicesse la Corte Suprema”
Venerdì sera, il presidente Donald Trump, parlando con i giornalisti a bordo dell’Air Force One, ha dichiarato: «Se la Corte Suprema dicesse di riportarlo indietro, lo farei. Ho rispetto per la Corte Suprema».
Quando gli è stato chiesto della giudice Xinis, ha risposto: «Non sto parlando del tribunale di grado inferiore. Ho grande rispetto per la Corte Suprema».
Trump ha aggiunto: «Non so chi sia», lasciando intendere di non conoscere i dettagli del caso, «ma se la Corte Suprema lo ordinasse, direi di riportarlo indietro».
DONALD TRUMP - DEPORT - MEME BY IL GIORNALONE - LA STAMPA
Una posizione in netto contrasto con quanto sostenuto poco prima in tribunale dall’avvocato del Dipartimento di Giustizia.
L’ordine di venerdì della giudice Xinis
Durante l’udienza, la giudice Xinis — nominata da Barack Obama — ha mostrato incredulità e irritazione per l’incapacità dell’amministrazione di rispondere alle sue domande, incluso il mancato rispetto della scadenza per presentare la dichiarazione richiesta.
«Al momento, i vostri clienti non hanno fatto nulla per facilitare il ritorno del signor Abrego Garcia», ha affermato la giudice.
prigionieri scortati da militari a el salvador video pubblicato da nayib bukele 5
Xinis ha respinto anche l’argomentazione secondo cui avrebbe dovuto prima ascoltare il Dipartimento di Giustizia, come suggerito dalla Corte Suprema, prima di procedere. Ha confermato che richiederà aggiornamenti giornalieri, in forma di dichiarazioni giurate, da parte di una persona con conoscenza diretta del caso.
Tali dichiarazioni dovranno rispondere a domande specifiche, tra cui: “dove si trova fisicamente Abrego Garcia?”, “qual è il suo status di custodia?”, “quali misure sono state adottate (se ce ne sono) per favorire il suo rientro?”, e “quali altre misure verranno intraprese, e quando”.
«Spero che collaboriate in buona fede», ha detto la giudice a Ensign, specificando che anche l’assenza di novità dovrà essere formalmente comunicata ogni giorno.
«È importante che ci sia traccia scritta in un caso come questo», ha sottolineato.
Il termine per la consegna quotidiana delle relazioni è fissato alle 17:00 (ora di Washington). La giudice non ha precisato per quanto tempo manterrà tale obbligo.
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I legali di Abrego Garcia cercheranno di forzare la mano?
La giudice non ha imposto obblighi di comunicazione giornaliera ai legali di Abrego Garcia, ma ha dato loro libertà di segnalare eventuali danni in corso o di chiedere ulteriori provvedimenti se riterranno che il governo non stia rispettando l’ordine.
Tuttavia, Xinis non si è impegnata ad agire immediatamente, lasciando intendere che eventuali misure aggiuntive dovranno essere formalmente richieste dagli avvocati.
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«L’ordinanza del tribunale era sufficientemente chiara», ha detto l’avvocato Simon Sandoval-Moshenberg, uno dei difensori di Abrego Garcia. «E loro chiaramente non l’hanno rispettata».
Sandoval-Moshenberg ha anche criticato duramente l’amministrazione per aver inviato un legale privo di conoscenza diretta del caso, affermando: «È evidente che il governo — e mi spiace usare queste parole — sta giocando con i suoi avvocati».
Durante l’udienza della scorsa settimana, un altro legale del Dipartimento di Giustizia, Erez Reuveni, aveva già espresso frustrazione per l’impossibilità di rispondere alle domande chiave della giudice. Secondo due fonti, è stato successivamente sospeso dal servizio attivo per quell’ammissione.
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