COME MAI I RUSSI PUNTANO TUTTO SULL’ASSEDIO DI BAKHMUT? I MILIZIANI DELLA WAGNER VOGLIONO PORTARSI A CASA UNA VITTORIA-SIMBOLO. I COMANDI RUSSI HANNO CONCENTRATO L'ATTACCO SU UN TRATTO DI FRONTE LUNGO UNA QUINDICINA DI CHILOMETRI CON L'INTENZIONE DI PRENDERE LA CITTÀ SIA DA NORD CHE DA SUD E PER CERCARE DI CONSOLIDARSI NEL DONETSK - SE CIÒ AVVENISSE, SAREBBE IL PRIMO SUCCESSO RUSSO DOPO LE SCONFITTE SUBITE NEL DONBASS – ZELENSKY CONTRO IL PRICE CAP: “POCO SERIO...”
1. BOMBE, GELO E VITTIME COSÌ I RUSSI PUNTANO TUTTO SULL'ASSEDIO A BAKHMUT
Lorenzo Cremonesi per il "Corriere della Sera"
Per tornare a Bakhmut ieri abbiamo preso una strada diversa da quella imboccata due giorni fa. Scorre parallela, ma è più stretta, quasi un tratturo che attraversa villaggi minuscoli semiabbandonati ed è per lunghi tratti nascosta tra macchie di boscaglia. Il motivo è semplice: risulta più sicura dell'altra, meno esposta alle artiglierie, i droni russi fanno fatica ad individuarvi i veicoli in movimento. La usano le ambulanze, i pochi civili rimasti e gli stessi soldati, che in larga parte continuano a raggiungere le loro unità in prima linea su auto private.
guerra russia - ucraina by altan
La controindicazione resta che, se la prima è a doppia corsia e permette di viaggiare veloci, quest' altra invece è tormentata da buche e sassi, un'auto civile non può superare i 40 all'ora, diventa un obbiettivo facile da centrare. Un ragionamento che vale poco, perché in realtà i bombardamenti russi ormai colpiscono ovunque, proiettili di ogni genere cadono tutto attorno Bakhmut con l'intento di bloccare ogni via di comunicazione.
«Se possiamo, ormai viaggiamo con i blindati», spiegano Alexander e Euvgheni, due trentenni dell'unità contraerea posizionata tra le isbe di Chasiv Yar, l'ultimo villaggio prima delle periferie di Bakhmut. Non nascondono la preoccupazione indicando gli alberi tranciati dalle deflagrazioni. «Le unità russe sono state rinforzate con alcune appena spostate dal settore di Kherson: sono uomini abituati a combattere, non si fanno prendere dal panico quando noi rispondiamo al fuoco. Rileviamo anche intensi preparativi di una grande offensiva accompagnata da vasti bombardamenti sulle infrastrutture del Paese», spiegano dopo averci invitato nella trincea scavata sulla riva di un laghetto ormai ghiacciato.
vladimir putin volodymyr zelensky
Più a sud-ovest i russi colpiscono anche Nikopol e la zona della centrale nucleare di Zaporizhzhia, causando danni a gasdotti e reti elettriche; a Kherson bombardano un centro oncologico. I due soldati confermano qui sul campo ciò che l'intelligence britannica spiega negli ultimi giorni: i comandi russi hanno concentrato l'attacco su un tratto di fronte lungo una quindicina di chilometri con l'intenzione di prendere Bakhmut sia da nord che da sud e per cercare di consolidarsi nel Donetsk impiegando anche i reparti dei miliziani della Wagner. Se ciò avvenisse, sarebbe il primo successo russo dopo le sconfitte subite nel Donbass tra settembre e ottobre, oltre alla ritirata da Kherson.
Non serve del resto andare lontano per cogliere l'ampiezza del contrattacco russo nell'Est. Ieri pomeriggio abbiamo raggiunto l'ospedale di Lyman, la cittadina situata una cinquantina di chilometri a est di Bakhmut e liberata dagli ucraini a fine settembre, dove decine di feriti gravi venivano stabilizzati dai medici prima di essere inviati d'urgenza ai grandi istituti sanitari di Dnipro e Kiev. Il centro è deserto, le distruzioni sono immani: degli oltre 30.000 abitanti originari ne restano forse un paio di migliaia. Il freddo (ieri notte faceva meno dieci) sommato alla mancanza di corrente, di riscaldamento, di acqua e gas, tiene la gente lontana.
Ma nel pronto soccorso dell'ospedale, danneggiato dalle bombe, l'attività è drammaticamente febbrile, come testimoniano i pavimenti macchiati di sangue e i lamenti strazianti che giungono dalla sala operatoria. Nel giro di mezz' ora davanti a noi sono state recise le gambe di quattro soldati saltati sulle mine. Uno era senza braccia. Nei corridoi un soldato con una vistosa benda attorno alla testa attendeva di essere visitato. «Ho una scheggia nel cervello», sussurrava. Un altro tremava senza controllo, in pieno shock. «In media riceviamo quotidianamente oltre cento feriti, la maggioranza gravi o gravissimi. Qui operiamo solo le urgenze senza anestesia, rischierebbero altrimenti di morire sotto i ferri», dice Serhji, il chirurgo, che ha solo 28 anni e già l'esperienza di un primario.
2. ZELENSKY CONTRO IL PRICE CAP: POCO SERIO
An. Duc. Per il “Corriere della Sera”
volodymyr zelensky e vladimir putin 1
Il messaggio è netto. La Russia «non accetterà» il price cap sul prezzo del petrolio, a dirlo con toni inequivocabili è il portavoce presidenziale, Dmitry Peskov. Dal Cremlino arriva l'indicazione che «dopo l'analisi, che verrà effettuata rapidamente, informeremo di conseguenza». La replica di Mosca alla decisione del Consiglio europeo, di fissare a 60 dollari al barile il prezzo del greggio russo, prelude, insomma, uno scenario di ulteriore instabilità. L'intento dell'Unione europea è stingere una morsa intorno a Mosca per quanto riguarda le forniture di beni energetici che dalla Russia partono verso l'estero.
volodymyr zelensky e vladimir putin 3
Da domani, non a caso, entrerà in vigore anche l'embargo alle importazioni di petrolio (via mare) nell'Ue, un divieto che vale circa il 94% del greggio acquistato fino ad oggi dalla Russia. Si aggiunga che il price cap alla commercializzazione del petrolio russo, sebbene nato in ambito G7, è visto con favore anche da alcuni Paesi asiatici. L'introduzione del tetto viene, dunque, interpretato da Mosca come una fortissima minaccia. «Il tetto al petrolio russo può trasformare il mondo intero e garantire il predominio dell'Occidente come coalizione su gli altri Paesi del mondo», scrive Sergej Markov, politologo vicino a Putin.
Da Kiev, intanto, interviene il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e contesta la scelta adottata in sede Ue.
«Purtroppo, la decisione presa sul price cap per il petrolio russo non è seria», spiega, sottolineando che «la Russia ha già causato danni colossali, destabilizzando deliberatamente il mercato dell'energia, e il mondo non può osare di disarmarlo veramente dal punto di vista energetico.
Questa è una posizione debole, ed è solo una questione di tempo prima che si debbano comunque applicare strumenti più forti». Zelensky chiede misure più severe e ricorda che il prezzo del petrolio russo è stato fissato a 60 dollari, invece che a 30 come volevano la Polonia e i Paesi baltici. «A beneficiarne sarà il bilancio russo che riceverà circa 100 miliardi di dollari all'anno. Denaro che andrà non solo alla guerra, ma verso un'ulteriore destabilizzazione proprio di quei Paesi che ora stanno cercando di evitare decisioni serie».