
IL 15 MARZO SARA’ VOTATA LA MOZIONE DI SFIDUCIA NEI CONFRONTI DI LUCA LOTTI - MA IL MINISTRO NON SI DIMETTERA’ PERCHE’ HA FATTO BENE I SUOI CONTI: NELLA SCELTA DI RESISTERE C’È LA CONVINZIONE CHE L'INCHIESTA PENALE NON CAMMINERÀ E LA DIMOSTRAZIONE È NELLA SUA DEPOSIZIONE DAVANTI AI PM ROMANI IL 27 DICEMBRE
Carlo Bonini per “la Repubblica”
Cosa è davvero il caso Lotti- Consip? E quale piano di responsabilità interpella? Politico o giudiziario? O entrambi? Inchiodata ad evidenze istruttorie cristallizzate dalla Procura di Napoli due mesi fa, e ad oggi rimaste tali nelle more del trasferimento per competenza dell'indagine a Roma, la storia, per la quale l'attuale ministro dello sport ed ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio è indagato per favoreggiamento e rivelazione di segreto di ufficio, vive di due testimonianze e altrettanti sms.
Che ne proverebbero la spregiudicatezza o quantomeno la sciatta superficialità nel mettere sul chi vive i vertici della Consip sull'esistenza di un'inchiesta della Procura di Napoli. Vive del silenzio dell'interessato, interrotto da un verbale di spontanee dichiarazioni ai pm di Roma del 27 dicembre scorso e da un post su Facebook del 2 marzo («Se non fosse una cosa seria, ci sarebbe da ridere. Si parla di tangenti, di arresti, di appalti. Tutte cose dalle quali sono totalmente estraneo.
La verità è che due mesi fa mi hanno interrogato su una presunta rivelazione di segreto d' ufficio. Si tratta di un reato che si ripete tutti i giorni in alcune redazioni ma che io non ho mai commesso. Lo ripeto con forza e sfido chiunque oggi dica il contrario ad attendere la conclusione di questa vicenda così paradossale () La verità non ha paura del tempo»). Vive di garbati dinieghi a rispondere alle domande nel merito che "Repubblica" avrebbe voluto porgli. Dunque?
Per vicende in qualche modo simili, perché dimostravano una perdita di consapevolezza del proprio ruolo istituzionale, almeno un ministro repubblicano, Maurizio Lupi, in tempi recenti (marzo 2015), ha rassegnato le dimissioni, per altro senza essere neppure indagato. Luca Lotti non lo farà. Né, se le previsioni di questi giorni sono esatte, lo costringerà il voto in Parlamento sulla mozione di sfiducia individuale in calendario il 15 marzo. Perché?
Nella scelta di Lotti di resistere è la convinzione che l' inchiesta penale non camminerà e dunque che sia possibile elidere il piano politico di questa storia a tutto vantaggio di quello giudiziario. Come se fossero fungibili. E la dimostrazione è nella scommessa giocata sul tavolo dei pubblici ministeri romani già il 27 dicembre.
Quando decide di denunciare come false le testimonianze di chi lo accusa di aver riferito in tempi diversi, prima dell' estate e quindi nell' autunno del 2016, dell' esistenza di un' inchiesta della Procura di Napoli su Consip. Di dare dunque dei bugiardi a Filippo Vannoni, presidente di Publiacqua, la municipalizzata dell' acqua di Firenze, e Luigi Marroni, amministratore delegato di Consip.
L'uno e l'altro, per giunta, creature del Giglio magico. Parola contro parola, è il concetto. Lotti è infatti consapevole che, in questa storia, il vero e il falso si guardano allo specchio. E che la magistratura - la Procura di Napoli prima, quella di Roma oggi - non ha strumenti per stabilire con ragionevole certezza, almeno in questa fase, chi menta davvero.
Il racconto che il 27 dicembre il ministro dello sport mette a verbale è infatti quello di un costernato e agitato Vannoni che, il pomeriggio del 21 dicembre, dopo aver riferito poche ore prima ai magistrati napoletani che è stato Lotti ad avvisare l'entourage renziano dell'inchiesta su Consip, si presenta nei suoi uffici di ministro a Largo Chigi per scusarsi, ammettendo di aver mentito. Lotti riferisce ancora della sua rabbia («Dissi a Vannoni: "Non ti do una testata per rispetto del luogo in cui siamo").
Indica in uno dei suoi collaboratori, presenti al colloquio con Vannoni, la persona in grado di confermare quanto sostiene. Chiede quello stesso giorno ai pm romani un immediato confronto con Vannoni. Che non ci sarà. Perché Vannoni si precipiti a chiedere il perdono di Lotti, è difficile da comprendere. Così come è difficile da comprendere perché, quello che appare a Lotti come un calunniatore, non paghi alcun dazio politico nei due mesi che seguono, rimanendo saldo nella fiducia del sindaco di Firenze Dario Nardella.
Ma, con altrettanta certezza, è evidente che Lotti ritiene di poter mettere in discussione la parola di Vannoni, come quella dell' amministratore delegato di Consip, Luigi Marroni, il suo altro grande accusatore, facendo leva su una qualche genericità di cui pure le loro accuse soffrono. Un esempio. Marroni, che pure indica Lotti come colui che lo mise in guardia prima dell' estate 2016 dell' inchiesta Consip, non è in grado di ricordare se, nell'autunno di quello stesso anno, fu nuovamente Lotti o un suo collaboratore a parlare del rischio di intercettazioni, tanto da convincerlo a far bonificare il suo ufficio dalle cimici seminate dai carabinieri.
Né è in grado di spiegare, per quale motivo, se nulla aveva da temere dagli ascolti della Procura di Napoli, decise di disporre quella bonifica. Del resto, che l'ambiguità di accusatori e accusati sia la cifra di questa storia è dimostrato anche dai due sms di Lotti datati ottobre 2014 che il candidato alla segreteria del Pd, Michele Emiliano, ha scambiato con lui, che ha gelosamente conservato per tre anni e che mostra al Fatto per documentare i rapporti tra lo stesso Lotti e Carlo Russo, il giovane e spregiudicato imprenditore farmaceutico, che nella storia di Consip si muove come il pesce pilota di Tiziano Renzi e si accredita con l'imprenditore Romeo come la strada più corta alla stanza dei bottoni del potere renziano.
Scrive Emiliano in quell'autunno di quattro anni fa: «Conosci un certo Carlo Russo che sta venendo a Bari a sostenermi? Dice che amico tuo e della Boschi». Lotti risponde: «Lo conosciamo». Ed Emiliano: «In che senso?». Lotti: «Ha un buon giro ed è inserito nel mondo della farmaceutica. Se lo incontri per 10 minuti non perdi il tuo tempo».
Già, «Ha un buon giro». «Non perdi tempo». Forse l'inchiesta sulla violazione del segreto e del favoreggiamento non arriverà da nessuna parte e ragionevolmente Luca Lotti il 15 marzo prossimo sarà ancora ministro. Ma la questione politica che pone non sarà sciolta fingendo che sia solo questione giudiziaria.