giuseppe conte erdogan

CHISSÀ CHE PAURA HA AVUTO ERDOGAN QUANDO CONTE LO HA CHIAMATO PER DIRGLI CHE L’ITALIA “RITIENE INACCETTABILE L’AZIONE MILITARE IN SIRIA” - TRUMPONE SI È INTESTATO LA PACE E ERDOGAN VA ALL’INCASSO FACENDO ANDARE VIA I CURDI, MA IL VERO VINCITORE, COME AL SOLITO, È PUTIN...

 

 

 

1 - TELEFONATA CONTE-ERDOGAN: «ATTIMI DI FORTE TENSIONE»

Da “il Giornale”

 

GIUSEPPE CONTE

La tensione corre sul filo. Una telefonata durata oltre un' ora in cui non sarebbero mancati momenti di forte tensione: il premier Giuseppe Conte ha avuto un colloquio con il presidente turco Recep Tayyip Erdogan nel quale ha ribadito che l' Italia ritiene «inaccettabile l' azione militare avviata nel nord della Siria».

 

Conte avrebbe quindi invitato il capo di Ankara «a interrompere questa iniziativa militare che ha effetti negativi sulla popolazione civile». Conte, durante la telefonata, avrebbe inoltre rimarcato che «la protezione della popolazione civile, già duramente provata da anni di conflitto, e la risoluzione dei conflitti sono priorità irrinunciabili per l' Italia e per l' intera Comunità internazionale».

 

donald trump recep tayyip erdogan

Il colloquio con Erdogan arriva dopo che mercoledì il presidente del Consiglio aveva già annunciato di voler andare oltre il blocco della vendita di armi alla Turchia. Una richiesta, quella di interrompere l' incursione militare e ritirare immediatamente le truppe, che Conte ha ribadito più volte al leader turco.

 

putin trump

Proprio in queste occasioni, rivelano fonti di Palazzo Chigi, «la discussione ha vissuto momenti di tensione». In serata le stesse fonti di Palazzo Chigi hanno gettato acqua sul fuoco cercando di smorzare il «caso».

 

2 - ERDOGAN VA ALL'INCASSO TRUMP SI INTESTA LA PACE MA IL VINCITORE È PUTIN

Gian Micalessin per “il Giornale”

 

Lo Zar Vladimir Putin guarda, sorride e lascia fare. Il Sultano Recep Tayyp Erdogan si mette in tasca un accordo da spacciare alla propria opinione pubblica come una vittoria strategica su Washington. Il «re di denari» Donald Trump s' accontenta d' acquistare un' intesa di seconda mano da rivendere ai propri elettori per dimostrar loro che sanzioni e minacce economiche sono il miglior surrogato alla forza militare.

mike pence arriva in turchia

 

Al di là delle «fate morgane» della politica, la verità è però evidente. Il cessate-il-fuoco di 120 ore concordato dal numero due della Casa Bianca Mike Pence e da Erdogan dopo quattro ore e venti minuti non vale nemmeno il tempo impiegato per discuterlo.

 

sergio mattarella alla casa bianca con donald trump

Quell' intesa non si basa né su una specifica iniziativa diplomatica americana, né su un compromesso architettato dalla controparte. Essa rappresenta, più banalmente, la reciproca constatazione di quanto avvenuto sul terreno dopo l' accordo tra Damasco e i vertici curdi voluto e mediato da Mosca.

MATTARELLA TRUMP il photobomb di luigi di maio dietro mattarella e trump

 

Un accordo che ha portato al ritorno dell' esercito siriano in quelle zone del nord-est siriano controllate fino a una settimana fa dai curdi e dalle forze speciali statunitensi. La verità, al di là delle veline politiche, è insomma semplice, ma anche devastante. L' America, potenza guida della Nato, e il suo recalcitrante alleato turco alla fine di mesi di scontri sulla questione curda in Siria, accettano la soluzione imposta loro da Vladimir Putin.

conte trump

 

Ma il loro rassegnato allineamento alle linee guida del Cremlino ha implicazioni assai più importanti. La firma di un cessate il fuoco in cui si conviene che il controllo della frontiera e dei territori nord orientali della Siria non spetta più ai curdi, ma all' esercito siriano, rappresenta la resa di chi ad Ankara e a Washington (ma anche a Riad, Doha, Parigi, Londra e Bruxelles) ha per otto, lunghi anni, sostenuto le ragioni dei ribelli e invocato la caduta di Bashar Assad.

carri armati turchi

 

erdogan felice mentre bombarda i curdi

Ma l' intesa Pence-Erdogan oltre a sancire la vittoria di Damasco, regala a Putin il ruolo di nuovo «dominus» degli assetti mediorientali. Un ruolo già riconosciutogli da un' Arabia Saudita che lunedì scorso lo ha accolto a Riad come il nuovo zar. Un ruolo confermato dal principe Mohammed bin Zayed l' uomo forte degli Emirati legatissimo a Washington che dichiara oggi di esser legato da un «profondo rapporto strategico» alla Russia e di considerarla la sua «seconda patria».

 

combattenti curdeputin assad

Se da una parte Putin diventa, dunque, l' unico incontrastato decisore dei destini mediorientali, resta da capire cosa resti in mano al Sultano e al «re di denari». Erdogan di sicuro potrà vantarsi di aver innescato il capovolgimento di fronte che ha costretto i curdi a ritirarsi dal confine e a rinunciare alla sostanziale indipendenza garantita loro dalla presenza delle truppe americane.

 

GIUSEPPE CONTE E DONALD TRUMP

Facendosi carico del ritiro delle forze jihadiste da Idlib, l' ultima provincia siriana ancora occupata dai ribelli, il Sultano potrebbe ottenere, in un immediato futuro, anche il ritorno a casa di quei 3 milioni e 600mila profughi che rappresentano il suo principale problema interno. Alla fine però il suo sogno di restaurare la potenza ottomana e di estendere la propria autorità da Ankara al resto del Medio Oriente finisce definitivamente archiviato.

la lettera di trump a erdogan

 

E alla lunga anche il ritorno in Siria dei migranti e la pretesa vittoria sui curdi potrebbero non bastargli a contenere la rapida erosione del suo consenso interno. Trump può, invece, tornare a parlare allo zoccolo duro del suo elettorato rivendicando, in vista della prossima campagna elettorale, il rispetto della promessa fatta nel 2016 di riportare a casa i soldati dalla Siria e di rinunciare alle guerre lontane per sostituirle con la forza dell' economia. Ma verità è che l' America First da lui sognata e voluta è oggi sempre più isolata e lontana dal resto del mondo.

ERDOGANla lettera di trump a erdogan 1erdogan annette la siria del nordmilizie di assad verso kobanebombardamenti turchi in sirial'offensiva turca contro i curdi in siria 3la turchia bombarda i curdi in siria 1l'offensiva turca contro i curdi in siria 1l'offensiva turca contro i curdi in siria 4carro armato turcola turchia bombarda i curdi in siria 2la lettera di trump a erdogan 2la turchia bombarda i curdi in siria 5la turchia bombarda i curdi in siria 4la turchia bombarda i curdi in siria 3l'offensiva turca contro i curdi in siria 2l'offensiva turca contro i curdi in siria 6l'offensiva turca contro i curdi in sirial'offensiva turca contro i curdi in siria 5la turchia bombarda i curdi in siria

Ultimi Dagoreport

picierno bonaccini nardella decaro gori zingaretti pina stefano dario antonio giorgio nicola elly schlein

DAGOREPORT - A CONVINCERE GLI EUROPARLAMENTARI PD A NON VOTARE IN MASSA A FAVORE DEL PIANO “REARM EUROPE”, METTENDO COSI' IN MINORANZA ELLY SCHLEIN (E COSTRINGERLA ALLE DIMISSIONI) È STATO IL CINISMO POLITICO: TRA DUE MESI SI VOTA IN CINQUE REGIONI CHIAVE (CAMPANIA, MARCHE, PUGLIA, TOSCANA E VENETO) E RIBALTARE IL PARTITO ORA SAREBBE STATO L'ENNESIMO SUICIDIO DEM – FERMI TUTTI: LA RESA DEI CONTI TRA “BELLICISTI” E “PACIFINTI”, TRA I SINISTR-ELLY E I RIFORMISTI, È SOLO RINVIATA (D'ALTRONDE CON QUESTA SEGRETERIA, IL PD E' IRRILEVANTE, DESTINATO A RESTARE ALL'OPPOSIZIONE PER MOLTI ANNI)

giorgia meloni keir starmer donald trump vignetta giannelli

DAGOREPORT - L’ULTIMA, ENNESIMA E LAMPANTE PROVA DI PARACULISMO POLITICO DI GIORGIA MELONI SI È MATERIALIZZATA IERI AL VERTICE PROMOSSO DAL PREMIER BRITANNICO STARMER - AL TERMINE, COSA HA DETTATO ''GIORGIA DEI DUE MONDI'' ALLA STAMPA ITALIANA INGINOCCHIATA AI SUOI PIEDI? “NO ALL’INVIO DEI NOSTRI SOLDATI IN UCRAINA” - MA STARMER NON AVEVA MESSO ALL’ORDINE DEL GIORNO L’INVIO “DI UN "DISPIEGAMENTO DI SOLDATI DELLA COALIZIONE" SUL SUOLO UCRAINO (NON TUTTI I "VOLENTEROSI" SONO D'ACCORDO): NE AVEVA PARLATO SOLO IN UNA PROSPETTIVA FUTURA, NELL'EVENTUALITÀ DI UN ACCORDO CON PUTIN PER IL ‘’CESSATE IL FUOCO", IN MODO DA GARANTIRE "UNA PACE SICURA E DURATURA" - MA I NODI STANNO ARRIVANDO AL PETTINE DI GIORGIA: SULLA POSIZIONE DEL GOVERNO ITALIANO AL PROSSIMO CONSIGLIO EUROPEO DEL 20 E 21 MARZO SULL'UCRAINA, LA PREMIER CERCHIOBOTTISTA STA CONCORDANDO GLI ALLEATI DELLA MAGGIORANZA UNA RISOLUZIONE COMUNE PER IL VOTO CHE L'ATTENDE MARTEDÌ E MERCOLEDÌ IN SENATO E ALLA CAMERA, E TEME CHE AL TRUMPUTINIANO SALVINI SALTI IL GHIRIBIZZO DI NON VOTARE A FAVORE DEL GOVERNO… 

woody allen ian bremmer la terrazza

FLASH! – A CHE PUNTO E' LA NOTTE DELL’INTELLIGHENZIA VICINA AL PARTITO DEMOCRATICO USA - A CASA DELL'EX MOGLIE DI UN BANCHIERE, SI È TENUTA UNA CENA CON 50 OSPITI, TRA CUI WOODY ALLEN, IMPEGNATI A DIBATTERE SUL TEMA: QUAL È IL MOMENTO GIUSTO E IL PAESE PIÙ ADATTO PER SCAPPARE DALL’AMERICA TRUMPIANA? MEGLIO IL CHIANTISHIRE DELLA TOSCANA O L’ALGARVE PORTOGHESE? FINCHE' IL POLITOLOGO IAN BREMMER HA TUONATO: “TUTTI VOI AVETE CASE ALL’ESTERO, E POTETE FUGGIRE QUANDO VOLETE. MA SE QUI, OGGI, CI FOSSE UN OPERAIO DEMOCRATICO, VI FAREBBE A PEZZI…”

meloni musk trump

DAGOREPORT – TEMPI DURI PER GIORGIA - RIDOTTA ALL'IRRILEVANZA IN EUROPA  DALL'ENTRATA IN SCENA DI MACRON E STARMER (SUBITO RICEVUTI ALLA CASA BIANCA), PER FAR VEDERE AL MONDO CHE CONTA ANCORA QUALCOSA LA STATISTA DELLA GARBATELLA STA FACENDO IL DIAVOLO A QUATTRO PER OTTENERE UN INCONTRO CON TRUMP ENTRO MARZO (IL 2 APRILE ENTRERANNO IN VIGORE I FOLLI DAZI AMERICANI SUI PRODOTTI EUROPEI) - MA IL CALIGOLA A STELLE E STRISCE LA STA IGNORANDO (SE NE FOTTE ANCHE DEL VOTO FAVOREVOLE DI FDI AL PIANO “REARM EUROPE” DI URSULA). E I RAPPORTI DI MELONI CON MUSK NON SONO PIÙ BUONI COME QUELLI DI UNA VOLTA (VEDI IL CASO STARLINK), CHE LE SPALANCARONO LE PORTE TRUMPIANE DI MAR-A-LAGO. PER RACCATTARE UN FACCIA A FACCIA CON "KING DONALD", L'ORFANELLA DI MUSK (E STROPPA) E' STATA COSTRETTA AD ATTIVARE LE VIE DIPLOMATICHE DELL'AMBASCIATORE ITALIANO A WASHINGTON, MARIANGELA ZAPPIA (AD OGGI TUTTO TACE) - NELLA TREPIDANTE ATTESA DI TRASVOLARE L'ATLANTICO, OGGI MELONI SI E' ACCONTENTATA DI UN VIAGGETTO A TORINO (I SATELLITI ARGOTEC), DANDO BUCA ALL’INCONTRO CON L'INDUSTRIA DELLA MODA MILANESE (PRIMA GLI ARMAMENTI, POI LE GONNE)... 

elly schlein luigi zanda romano prodi - stefano bonaccini goffredo bettini dario franceschini

DAGOREPORT: ELLY IN BILICO DOPO LA VERGOGNOSA SPACCATURA DEL PD ALL’EUROPARLAMENTO (UNICA VOCE DISSONANTE NEL PSE) SUL PIANO "REARM" DELLA VON DER LEYEN – SENZA LE TELEFONATE STRAPPACUORE DI ELLY AI 21 EUROPARLAMENTARI, E LA SUCCESSIVA MEDIAZIONE DI ZINGARETTI, CI SAREBBERO STATI 16 SÌ, 2 NO E TRE ASTENUTI. E LA SEGRETARIA CON 3 PASSAPORTI E UNA FIDANZATA SI SAREBBE DOVUTA DIMETTERE – NEL PD, CON FRANCESCHINI CHE CAMBIA CASACCA COME GIRA IL VENTO E COL PRESIDENTE BONACCINI CHE VOTA CONTRO LA SEGRETARIA, E’ INIZIATA LA RESA DEI CONTI: PER SALVARE LA POLTRONA DEL NAZARENO, SCHLEIN SPINGE PER UN CONGRESSO “TEMATICO” SULLA QUESTIONE ARMI - ZANDA E PRODI CONTRARI: LA VOGLIONO MANDARE A CASA CON UN VERO CONGRESSO DOVE VOTANO GLI ISCRITTI (NON QUELLI DEI GAZEBO) – A PROPOSITO DI "REARM": IL PD DI ELLY NON PUÒ NON SAPERE CHE, VENENDO A MANCARE L'OMBRELLO PROTETTIVO DEGLI STATI UNITI TRUMPIANI, CON QUEL CRIMINALE DI PUTIN ALLE PORTE, IL RIARMO DEI PAESI MEMBRI E' UN "MALE NECESSARIO", PRIMO PASSO PER DAR VITA A UNA FUTURA DIFESA COMUNE EUROPEA (PER METTERE D'ACCORDO I 27 PAESI DELLA UE LA BACCHETTA MAGICA NON FUNZIONA, CI VUOLE TEMPO E TANTO DENARO...)