“MILF” A CHI? UN OPERAIO LICENZIATO PER AVER DATO DELLA "MILF" A UNA COLLEGA! - PER IL GIUDICE IL TERMINE È “SINONIMO DI PORNOSTAR A FINE CARRIERA” - CUCINOTTA: ''MILF? ANCHE SE POCO ELEGANTE È UN COMPLIMENTO. PUNIAMO LE VERE VIOLENZE”
1 - DEFINISCE “MILF” UNA COLLEGA: LO LICENZIANO
Giampiero Maggio per “la Stampa”
Prima intenta una vertenza di lavoro contro l’azienda per chiedere un contratto a tempo indeterminato. E la vince. Poi per festeggiare che fa? Scrive sulla sua pagina personale Facebook una serie di insulti, alcuni rivolti ai capi, altri ad una collega, che con la vecchia vertenza non c’entra nulla e che lui definisce «Milf». Un genio, insomma. Perché il risultato finale non può che essere uno: accusa di diffamazione aggravata e licenziamento in tronco.
Insulti su Facebook
Protagonista di questa storia è M.F., 30 anni, elettricista addetto alle troupe televisive di Centovetrine, la soap opera che si gira negli studios MediaVivere di San Giusto Canavese. Pochi giorni fa il giudice del Tribunale di Ivrea, Luca Fadda, ha respinto la sua richiesta di essere reintegrato sul posto di lavoro e lo ha condannato a risarcire 3500 euro di spese processuali. Bel colpo.
La vicenda risale al 28 maggio dello scorso anno, quando il dipendente, richiamato al lavoro in seguito alla vertenza iniziata nel 2012 e vinta 2 anni dopo, dà libero sfogo ai suoi pensieri pubblicando una serie di post sulla sua pagina personale Facebook. Attacchi rivolti prima a Mediavivere (Grazie cog...., beccare cash stando a casa a grattarsi il c....») e poi ad una collega («Il pacco è rivedere colleghe milf con sti bacetti...odiose! Non vedono c....dall’89...Cacciate sti 100 euro a qualche gigolò. Mortacci vostre»).
Le frasi non passano inosservate e la questione passa di bocca in bocca, fino ad arrivare sul tavolo dei datori di lavoro. Il 16 giugno, M.F. riceve la lettera di licenziamento. A quel punto l’operaio non ha molte strade e tenta il ricorso. Chance di spuntarla? Quasi zero. Ma tanto vale tentare. L’operaio non nega di aver scritto quelle parole sul social network e attraverso il suo avvocato, Alessio Ariotto di Torino, sostiene che la sua condotta «seppure offensiva, non è da ritenersi così grave da giustificare il licenziamento».
Ricorso respinto
Mal consigliato? Può darsi. Sta di fatto che la linea difensiva non paga. Davanti al giudice per l’ex dipendente di MediaVivere è un bagno di sangue. Scrive Fadda nell’ordinanza con la quale respinge il ricorso al licenziamento: «I reiterati insulti nei confronti dei propri superiori e di colleghe del tutto estranee alle controversie del passato (il riferimento è alla vertenza di lavoro del 2012, poi vinta da M.F. ndr) risultano assolutamente gravi». Il giudice infine focalizza la questione sull’espressione «Milf».
Una parola che secondo Fadda è «lungi dal descrivere un’avvenente signora dai 40 anni in su» ma, piuttosto, «è ormai divenuta sinonimo di pornostar al termine della carriera». Per Rosario Salonia, avvocato di MediaVivere, la questione è semplice: «Non si fosse lanciato con quei commenti su Facebook, oggi quell’operaio sarebbe al suo posto di lavoro. Invece, dopo la vittoria della prima vertenza, ha voluto esagerare».
2 - MARIA GRAZIA CUCINOTTA: «UN’ESPRESSIONE POCO ELEGANTE. INVECE PUNIAMO LE VERE VIOLENZE»
M. Tamb. per “la Stampa”
Maria Grazia Cucinotta anche lei trova che Milf sia un’espressione di «assoluta gravità»?
«Dopo il successo di “Cinquanta sfumature di grigio” dovuto principalmente alle donne, facciamo un passo avanti».
Lei giustifica?
«Se quest’uomo non ha fatto altre avances e si è limitato al “Milf” pur se poco elegante, io non la butterei così sul tragico. In fondo era un complimento. Io che ho fatto campagne contro lo stalking e il femminicidio, mi concentrerei su episodi molto più gravi. In fondo quest’uomo avrà voluto fare lo spiritoso senza neanche sapere il significato della parola inglese».
Sono tanti i giovani che preferiscono le donne mature?
«Ci sono cinquantenni e sessantenni splendide che piacciono soprattutto ai ragazzi».
E perché secondo lei?
«Perché dopo i 40 anni si è donne e i giovani, affetti da autismo mediatico, non sapendosi relazionare cercano rassicurazione in un rapporto con un’adulta».