bigfoto piano failla

DETTAGLI DALL’INFERNO - NIENTE ESECUZIONE, FAILLA E PIANO UCCISI IN UNO SCONTRO A FUOCO TRA I CARCERIERI E LE MILIZIE DI SABRATHA - PER FAILLA FERITE LETALI AL TORACE E A UN FIANCO, PIANO FREDDATO DA NUMEROSI COLPI DI FUCILE MITRAGLIATORE - SCONCERTO SULL’AUTOPSIA FATTA DAI LIBICI: “UNO SCEMPIO”

Rinaldo Frignani per il “Corriere della Sera”

fausto piano salvatore failla libia bonattifausto piano salvatore failla libia bonatti

 

L' ipotesi è che Salvatore Failla fosse seduto sul pick up dei sequestratori quando è stato raggiunto dai colpi di un' arma da guerra (forse un Kalashnikov) sul lato sinistro del corpo. Colpi singoli che gli hanno fratturato prima un braccio e una gamba provocandogli poi ferite letali al torace e a un fianco.

 

fausto piano salvatore failla libia bonatti uccisi a sabratafausto piano salvatore failla libia bonatti uccisi a sabrata

Numerosi invece i colpi di fucile mitragliatore che hanno freddato il suo collega Fausto Piano. Tutti alla parte alta del busto, ma in questo caso i medici legali del Policlinico Gemelli sono riusciti a estrarre schegge di metallo che potranno essere utili per risalire al calibro e al tipo di arma usata. Di sicuro però non ci sono ferite alla testa e quindi viene escluso che i due tecnici siano stati giustiziati.

 

Sono questi i primi risultati degli esami autoptici eseguiti ieri a Roma sui corpi degli ostaggi italiani, dipendenti della Bonatti, uccisi in Libia dopo otto mesi di prigionia in uno scontro a fuoco fra le milizie di Sabratha e i loro carcerieri. Autopsie svolte fra mille difficoltà perché i corpi - giunti mercoledì sera a Ciampino - sono stati consegnati dalle autorità di Tripoli dopo essere stati già esaminati.

I DUE TECNICI DELLA BONATTI RAPITI IN LIBIA - GINO POLLICARDO E FILIPPO CALCAGNOI DUE TECNICI DELLA BONATTI RAPITI IN LIBIA - GINO POLLICARDO E FILIPPO CALCAGNO

 

«Chi ha svolto l' autopsia di Failla non ci ha lasciato molto per poter ricostruire come il nostro connazionale è morto - ammettono Luisa Regimenti e Orazio Cascio, consulenti della famiglia del tecnico siciliano -: non ci sono arrivati gli abiti, non ci è arrivato il video dell' autopsia e sono stati asportati lembi di pelle attorno ai fori di proiettile che ci impediscono di capire se siano d' entrata o d' uscita. E di conseguenza da quanti colpi la vittima è stata raggiunta. Così non possiamo stabilire nemmeno la distanza da dove siano stati sparati, né da quale direzione».

 

«Abbiamo riscontrato un taglio sulla schiena sotto al quale c' è una vertebra scoppiata come se fosse stato estratto un proiettile», rileva ancora Cascio anche se, aggiunge Regimenti, «non possiamo parlare di manomissione del corpo ma di un metodo di lavoro diverso dal nostro che comunque ostacola il nostro lavoro».

ARRIVO CORPO FAILLAARRIVO CORPO FAILLA

 

Nessun rapporto è stato inoltre inviato dai medici libici, ma nemmeno dal medico italiano che avrebbe assistito all' autopsia. Un quadro a dir poco disarmante. «Le nostre perplessità si sono rivelate fondate. Non è stata un' autopsia, ma una macelleria», attacca l' avvocato Caroleo Grimaldi che si chiede «come sia stato possibile non individuare subito la cella telefonica dalla quale è partita la chiamata registrata alla moglie di Failla da un numero con prefisso libico».

ROSALBA FAILLAROSALBA FAILLA

 

Intanto però per il sindaco di Sabratha, Hussein Dhawadi, gli italiani «sono stati uccisi dai loro carcerieri collegati all' Isis prima dello scontro con le forze speciali» (ricostruzione esclusa dal ministro degli Esteri Paolo Gentiloni) e l' autista che il giorno del rapimento guidava l' auto con i tecnici della Bonatti, Youssef Yahvah, starebbe «rilasciando dichiarazioni importanti».

 

Gli accertamenti del pm Sergio Colaiocco riguardano anche la presenza di intermediari che parlassero italiano. E una sospetto arriva da Filippo Calcagno, uno degli ostaggi liberati: «Ci dissero che siccome quelle registrazioni (telefoniche) dovevano essere fatte in italiano, dovevamo stare attenti a non dire altre cose che non fossero quelle che ci venivano suggerite, perché loro dovevano farle sentire a qualcuno».

 

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