attentati parigi

CHIUDERE LE FRONTIERE? TROPPO TARDI – L’ATTACCO DELL’ISIS IN FRANCIA, DOVE VIVONO 6 MILIONI DI ARABI, DIMOSTRA CHE IL PERICOLO È GIÀ IN CASA – IL CALIFFATO HA VOLUTO OFFRIRE UNA DIMOSTRAZIONE DI FORZA PROPRIO MENTRE PERDE TERRENO IN IRAQ E IN SIRIA

 

Roberto Bongiorni per "Il Sole 24 Ore"

 

In difficoltà sul fronte interno, incalzato dall’offensiva delle truppe irachene, curde e dai bombardamenti americani, l’Isis ha offerto una straordinaria dimostrazione di forza, seminando il terrore a Parigi con una serie di attentati terroristici nella capitale francese che non ha precedenti.

ATTENTATI A PARIGIATTENTATI A PARIGI

 

Se qualcuno pensava che la minaccia dell’Isis in Europa fosse stata ridimensionata, che i terroristi fai da te, i jihadisti della porta accanto, ma soprattutto le cellule dormienti dello Stato islamico fossero state messe a tacere, si è dovuto ricredere. Lo Stato islamico non è solo una minaccia alla stabilità del Medio Oriente, lo è per tutto il mondo occidentale. E potrebbe essere molto più attivo e pericoloso di quanto si immagini.

 

È ancora prematuro stabilire con precisione il mandante e la paternità degli attentati, ma l’esultanza con cui i simpatizzanti dell’Isis e la stessa leadership dello Stato islamico ha celebrato la scia di morti che ha sconvolto ieri notte Parigi, lascia pochi dubbi sull’identità degli attentatori. E, soprattutto, solleva un inquietante interrogativo. Fin dove può spingersi lo Stato islamico nella sua Guerra contro l’Occidente? Chi e dove può colpire?

 

Gli attentati di ieri, la scelta degli obiettivi, la brutalità degli attacchi rispondono a una logica folle ma al contempo lucida: mostrare la vulnerabilità dell’Occidente e seminare il panico anche nei luoghi ritenuti più sicuri.

 

Questa volta, tuttavia, non sembra l’opera di lupi solitari. L’ampiezza degli attentati, la simultaneità, e il numero di uomini impiegati suggeriscono una regia meticolosa nella preparazione di quello che potrebbe essere ricordato come un 11 settembre francese,

 

Gli attacchi di Parigi erano coordinati. Lo riferiscono fonti della sicurezza Usa. «Appaiono chiaramente – hanno precisato le fonti - come una seria di attacchi coordinati».

 

Ma perchè attaccare adesso, e perchè proprio Parigi?

 

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Non è inutile ricordare che la Francia, con i suoi ideali di libertà e con il suo impegno in prima fila nella Guerra contro lo Stato islamico, rappresenta uno dei nemici più invisi agli occhi della leadership jihadista. Ma è anche il Paese europeo che ha fornito più aspiranti jihadisti partiti alla volta della Siria e dell’Iraq per unirsi alle file dello Stato islamico, almeno 1.200. E non è dato sapere quanti ne siano rientrati. È anche il paese europeo con la maggiore comunità musulmana, quello che in cui i fondamentalisti possono muoversi con più facilità.

 

Da tempo si sospetta che in mezzo alla marea di immigrati, tra la folla di rifugiati in fuga dalla Guerra civile siriana, che si sta riversando sulla sponda nord del Mediterraneo l’Isis possa aver nascosto dei suoi miliziani. Esperti professionisti del terrore in attesa dell’ordine per seminare il panico.

 

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Non ci sono prove, finora. Ma non si può escludere questo scenario. Sempre più in difficoltà, con a disposizione meno uomini e mezzi, l’Isis assomiglia ora a un animale braccato, pronto a colpire alla cieca prima di cedere. Per quanto la sua capitolazione sembra molto più lontana di quanto i Paesi impegnati a combatterlo sperassero. Una bestia feroce pronta a colpire là dove gli attentati possono avere più risonanza. Pronta a colpire i Paesi europei.

 

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La sorveglianza delle frontiere appare una priorità. Ma forse potrebbe essere anche troppo tardi. Ora non si può perdere più tempo. I paesi europei devono stringersi, coordinarsi con maggiore efficacia per identificare le potenziali cellule jihadiste e prevenire le mosse del nemico invisibile.

 

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E dire che la prima parte della giornata era stata caratterizzata da vittorie dell’Occidente nei confronti del Califfato. La riconquista da parte dei peshmerga curdi della città di Sinjar, in Iraq, e l’uccisione di “Jihadi John”, il boia dell’Isis che aveva decapitato almeno sei prigionieri, da parte di un drone americano. Segnali incoraggianti per una guerra combattuta contro un nemico subdolo e polimorfo, capace di scatenare i dormienti ma anche, come dimostra la terrificante serata di Parigi, organizzare attentati in simultanea colpendo diversi oggetti sensibili.

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