LA GERMANIA TI AMMAZZA DUE VOLTE - SE I DUE AGENTI CHE HANNO UCCISO IL TERRORISTA AMRI NON SONO STATI PREMIATI, LA FAMIGLIA DI FABRIZIA, L’ITALIANA UCCISA NELL’ATTENTATO, È STATA MALTRATTATA DALLE AUTORITÀ TEDESCHE: ‘CI HANNO LASCIATI SOLI. ALLE ALTRE FAMIGLIE HANNO MANDATO IL CONTO DELL’OBITORIO. RISARCIMENTO? NO, LA CONSIDERANO VITTIMA DI UN INCIDENTE STRADALE’
Giuseppe Guastella per il Corriere della Sera
«Insensibili, assenti, disorganizzati, incapaci». Scandiscono gli aggettivi con indignazione i familiari di Fabrizia Di Lorenzo, la 31enne di Sulmona, unica vittima italiana dell' attentato ai mercatini di Natale di Berlino in cui morirono altre 11 persone e una sessantina rimasero ferite. A poco più di due mesi dalla strage, la famiglia parla per la prima volta del dolore profondo vissuto con compostezza e della «rabbia» per il comportamento delle autorità tedesche.
Non riceverà neppure un risarcimento, a meno che non venga cambiata un' assurda legge del 1985 che lo esclude per i danni causati alle vittime di crimini violenti commessi «con un veicolo a motore o un rimorchio», come il 19 dicembre 2016.
Nella loro luminosa villetta, mamma Giovanna, papà Gaetano, entrambi 59enni impiegati postali, e il figlio Gerardo, 27 anni, che studia ingegneria al Politecnico di Torino, tentano di fare i conti con un lutto difficile da elaborare, causato da un estremista islamico alla guida di un tir, il tunisino Anis Amri, la cui uccisione quattro giorni dopo li ha lasciati «indifferenti».
Cervello in fuga dall' Italia, dove una laurea magistrale in relazioni internazionali e diplomatiche, un master in tedesco, stage ed esperienze di lavoro all' estero non sono sufficienti per trovare un posto dignitoso, Fabrizia Di Lorenzo lavorava per la 4 flow di Berlino, un' impresa di logistica. Quella sera era uscita per comperare i regali da portare a Sulmona.
Il suo impegno per l' integrazione «Era solare, brillante, amante della vita, impegnata. Voleva un mondo migliore», ricorda Gaetano Di Lorenzo mentre gli occhi gli si inumidiscono. Il tema dell' integrazione degli immigrati islamici era stato al centro della tesi di laurea di Fabrizia. «In uno degli ultimi suoi tweet invitava a non confondere terrorismo e immigrazione», dice il fratello. «Era per l' integrazione, è stata ammazzata da chi non si è integrato», commenta mamma Giovanna.
Questa tragedia comincia per i Di Lorenzo con una telefonata della madre alla figlia la sera dell' attentato in Breitscheidplatz. «Ha risposto un ragazzo in inglese. Non capivo e ho passato il telefono a mio figlio al quale ha detto che aveva trovato il cellulare ai mercatini di Natale e che lo avrebbe portato alla Polizia. Ho pensato che Fabrizia lo avesse perso, ma quando abbiamo saputo dell' attentato abbiamo allertato la Farnesina. Nella notte io e mio figlio siamo partiti con il primo aereo per Berlino. Gaetano è rimasto a Sulmona per ogni evenienza».
I funzionari dell' ambasciata italiana si sono curati di loro. «Disponibili per qualunque cosa, con gli amici di Fabrizia ci hanno assistito continuamente, anche perché non parliamo il tedesco. Abbiamo sentito lo Stato con noi», dice Giovanna.
L' impegno dell' Italia
Dovranno passare quasi tre giorni «interminabili, senza un aiuto psicologico, soffrendo da matti, senza che nessuna autorità tedesca si presentasse a dirci qualcosa», sottolinea Giovanna convinta che già il 20 la polizia tedesca sapesse che Fabrizia era tra le vittime perché la 4 flow aveva fornito una foto di lei e una collega aveva trasmesso i suoi dati, ma «ci hanno lasciato con le altre famiglie nell' angoscia, nella vana speranza di poterla ritrovare ferita, ma almeno viva». Il 22 il risultato, nefasto, del Dna. «Ci siamo abbracciati e abbiamo pianto», ricorda Gerardo.
Poi il riconoscimento visivo. Solo le insistenze dei Di Lorenzo e dei diplomatici italiani hanno permesso che il 24 la bara arrivasse a Roma con un volo di Stato e che due giorni dopo si tenessero i funerali a Sulmona alla presenza del capo dello Stato Sergio Mattarella, con l' intera città nel lutto proclamato dalla sindaca, Annamaria Casini. Il 29 il premier Paolo Gentiloni ha fatto visita alla famiglia in forma privata.
E il governo tedesco?
«Assente, se si esclude la poliziotta che mi ha prelevato il Dna senza dire un parola. Non ci hanno mai contattati, non ci hanno dato un interprete, ci hanno lasciati soli. Abbiamo dovuto chiedere sempre, insistere. Hanno fatto lo stesso con le altre famiglie, anche tedesche», dice Giovanna. I familiari, molti dei quali hanno addirittura ricevuto il conto dell' obitorio, ritirato poi con tante scuse, si sono fatti sentire quando il 17 febbraio, ben due mesi dopo l' attentato, il Presidente della Repubblica Joachim Gauck li ha ricevuti a Berlino.
«Al Presidente è stato detto che ciò che aveva amareggiato era stata la mancanza di sensibilità e umanità ma anche che la Germania si era dimostrata inefficiente e incapace, a dispetto della sua immagine internazionale», aggiunge Gaetano. E Gauck?
«Sbalordito, ha risposto che sapeva che le cose non avevano funzionato perfettamente, ma non immaginava fino a quel punto. Ha chiesto scusa». Quando il ministro dell' Interno de Maizière ha dichiarato che «non si aspettavano che ciò succedesse, i familiari, una cinquantina di persone, hanno cominciato a rumoreggiare intorno all' enorme tavolo delle riunioni», aggiunge Gerardo. Eppure l' intelligence aveva lanciato l' allarme, la stessa Fabrizia aveva detto di temere un attentato a Berlino.
«Come una vittima della strada»
«Non c' è importo che possa pagare la morte di nostra figlia», premette la signora Giovanna, «ma un risarcimento significherebbe ammettere le responsabilità per non aver fermato un criminale noto da anni, e per non aver preso precauzioni, come le barriere installate dopo l' attentato». Anche per questo l' avvocato Roland Weber, incaricato dal governo di assistere le vittime, ha chiesto di modificare la famigerata legge dell' 85. Per ora, l' unico risarcimento andrà ai parenti dell' autista polacco del tir perché è stato ucciso da Amri a colpi di pistola e non sotto le ruote.
Per gli altri c' è solo il fondo tedesco (appena 7,5 milioni) per le vittime della strada. «Questo mi dà una rabbia ulteriore. Come si può - protesta la signora - equiparare quello che è accaduto a un normale incidente stradale? Ci sentiamo presi in giro da chi non vuole riconoscere di aver sbagliato e non vuole evitare che quello che è accaduto si ripeta in futuro». Cosa vuole la famiglia di Fabrizia? «Che i tedeschi ammettano pubblicamente le loro responsabilità». In una parola: «Giustizia».