FERMI TUTTI! “ALMENO METÀ DELLE MACCHIE DI SANGUE PRESENTI SULLA SINDONE SONO FALSE” – UNA RICERCA CHOC: SOLO ALCUNE SAREBBERO COMPATIBILI CON LA POSIZIONE DI UN UOMO CROCIFISSO. LE ALTRE NON TROVEREBBERO GIUSTIFICAZIONE IN NESSUNA POSIZIONE DEL CORPO, NÉ SULLA CROCE NÉ NEL SEPOLCRO
Solo alcune macchie di sangue sarebbero compatibili con la posizione di un uomo crocifisso; il resto - almeno la metà - sarebbero false. È il risultato di una nuova ricerca sulla Sindone di Torino. In pratica, molte macchie non troverebbero giustificazione in nessuna posizione del corpo, né sulla croce né nel sepolcro.
A indicarlo sono i dati pubblicati sul Journal of Forensic Sciences e basati su un esperimento che, con le tecniche di medicina forense, ha ricostruito la formazione delle macchie. Condotto da Matteo Borrini, dell’università di Liverpool, e Luigi Garlaschelli, del Cicap.
La storia del misterioso lenzuolo di lino - un sindòn, dal greco «tessuto» - inizia nel 1353 a Lirey, in Francia, quando il cavaliere Goffredo di Charny sostiene di possedere la reliquia delle reliquie: il sudario di Cristo su cui è rimasta impressa l’immagine del viso e del corpo.
In seguito, attraverso una lunga serie di peripezie, al principio del Cinquecento la Sindone grazie a una compravendita approda a Chambéry, prima capitale del Ducato di Savoia, e viene custodita in una cappella con facoltà di pubblica ostensione autorizzata dal pontefice Giulio II, il cosiddetto papa guerriero. Il lenzuolo segue le vicende politiche sabaude e nel 1578 viene portata a Torino, nuova capitale del Ducato, da Emanuele Filiberto. Vi resterà fino a oggi, salvo due intervalli significativi: andrà a Genova durante l’assedio francese e dal 1939 al 1946 nel santuario di Montevergine, in Irpinia, negli anni della seconda guerra mondiale.