LA DEMOLIZIONE DELLA DISCORDIA - GENOVA GIOCA LA SUA CARTA PER ACCAPARRARSI 350 MLN PER LO SMANTELLAMENTO DEL RELITTO PERFETTO

Marco Imarisio per "Il Corriere della Sera"

L'unico ostacolo insormontabile è stato rimosso a colazione. Non era un dettaglio tecnico, ma una questione molto più impalpabile, eppure decisiva. A escludere Genova dalla gara tra i porti italiani, mai davvero cominciata, per aggiudicarsi le spoglie della Costa Concordia, era proprio il suo porto, che tra molte altre cose è anche il principale terminal turistico di Costa Crociere. E l'armatore aveva messo il veto, con qualche comprensibile ragione economica e di portafoglio. L'immagine della carcassa più grande del mondo non sarebbe stata un buon viatico per i turisti in partenza su navi gemelle.

L'incontro è avvenuto dieci giorni fa. Claudio Burlando si è fatto ambasciatore di una di quelle operazioni di sistema che tanto gli piacciono. Si è visto di prima mattina con Michael Thamm, il nuovo amministratore delegato di Costa Crociere. L'argomento della conversazione era delicato. C'erano in gioco settimane di lavoro, dragaggi e sondaggi segreti nel porto, la modifica di un progetto iniziale di accoglienza e smantellamento del relitto celebre in tutto il mondo fatto a settembre. Quasi in incognito, perché nessuno, per via di quel veto, aveva mai preso in considerazione come destinazione finale della Concordia la città dove era nata, dove era stata costruita.

Nelle settimane precedenti il governatore della Liguria aveva parlato con l'Autorità portuale, con l'Autorità marittima, con le imprese coinvolte nel progetto. Ma c'era da superare quell'ostacolo, il più immateriale, il più delicato. Pier Luigi Foschi, storico predecessore del tedesco Thamm, non ne voleva sapere di Genova, era stato il più deciso, fin dai primi giorni dopo il naufragio, quando la sorte della nave era apparsa chiara a tutti, a dire di no. Il nuovo amministratore delegato ha ascoltato. Ci ha pensato sopra. «Se va bene alla città, va bene anche noi» è stata la sua risposta.

Genova è la carta segreta che può evitare la vergogna annunciata dello smantellamento della Concordia in quel di Smirne, lontano dagli occhi, dal cuore, ma anche da una commessa che vale 350 milioni di euro, come minimo, e potrebbe portare centinaia di posti di lavoro. Per manifesta inadeguatezza o incapacità dei porti italiani. Il nuovo progetto si basa su una vecchia sconfitta, che non ha mai smesso di bruciare.

Molti anni fa il termine super bacino indicava una specie di gigante galleggiante che Genova non fu capace di completare e di metter in funzione. Venne svenduto a una società turca. Da allora la banchina alla quale era ormeggiata la piattaforma viene indicata come area «ex super bacino», a ricordo, forse, di una occasione perduta.

Il pontile è lungo 380 metri, lo specchio acqueo è largo 230 metri. Oggi il fondale è profondo 17 metri, ma può essere riportato senza troppi sforzi alla quota originaria di 20 metri, perché si tratta di materiale facilmente asportabile nell'ambito del piano di dragaggi fatto dall'Autorità Portuale di Genova. Quei numeri rispondono alle prerogative richieste dagli esperti e dalle parti in causa per accogliere la Concordia.

Nell'ex super bacino oggi operano i cantieri Mariotti e San Giorgio, tra le principali aziende europee nel campo della costruzione, ristrutturazione e recupero di navi da crociera. Oltre a loro, è stata coinvolta anche Saipem, titolare della Castoro 6, piattaforma off shore ormeggiata nell'area che potrebbe fare da base logistica.

Il progetto originale, varato a settembre subito dopo il raddrizzamento della nave al Giglio, rappresenta una base di partenza. Le ultime modifiche fatte per «convincere» Costa Crociere prevedono una riduzione dell'impatto visivo del relitto, con lo spostamento del futuro cantiere più all'interno del porto.

Non è esclusa l'ipotesi di tirare la nave a secco.
Genova va bene anche alle compagnie di assicurazione, ormai principali «azioniste» della nave, va bene a Titan-Micoperi, il consorzio che è riuscito nell'impresa di rimettere la Concordia in linea di galleggiamento e che la trasporterà verso la sua destinazione finale tramite il Vanguard, gigantesca piattaforma navigante che batte bandiera danese, «prenotata» per la prossima settimana. La soluzione non dispiacerebbe neppure alla
Protezione civile, fin qui garante di ogni decisione presa sul relitto.

I numeri ci sono. Quel che manca è il via libera dall'ente che avrà l'ultima parola. La Concordia è stata battezzata come «rifiuto speciale». A decidere della sua sorte è la Regione Toscana. Il governatore Enrico Rossi è riuscito a farsi concedere uno stanziamento speciale da 110 milioni per Piombino, ben sapendo che sarebbe stato molto difficile adattare un piccolo porto a un gigante come quello.

Lo ha fatto perché quel finanziamento è fondamentale per dare ossigeno al polo siderurgico, da tempo in crisi. Quando e se arriverà la rinuncia di Piombino, prima di arrendersi alla perdita di denaro e posti di lavoro, l'Italia avrà ancora una carta da giocare. L'unica, l'ultima.

 

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