carminati pignatone abbate

VI RICORDATE LA GRANCASSA SU ''MAFIA CAPITALE'', ROMA COME PALERMO E NAPOLI MESSI INSIEME DAL "CECATO" & BUZZI, LA CACCIATA DI MARINO, COLOSSEO E CORRUZIONE? AVVISATE PIGNATONE CHE IL PROCESSO NON SE LO FILA NESSUNO...

Attilio Bolzoni per “la Repubblica

 

Bruno NasoBruno Naso

Chi se lo ricordava più lo “Spezzapollici”? Se non l’avessimo visto nella cella numero 3 che ridacchiava con l’ex consigliere della Regione Luca Gramazio, dopo tutto questo tempo e con quel nome che si ritrova lo avremmo potuto scambiare per un minaccioso personaggio dei fumetti. Spez-za-pol-li-ci.

 

E invece Matteo Calvio, tirapiedi di Carminati, uno dei 46 imputati di Mafia Capitale, era davvero lì nel bunker di Rebibbia, con tutta la sua muscolatura gonfiata dagli anabolizzanti e con la testa incastrata fra le sbarre per presenziare alla cinquantunesima udienza di un processo che nel silenzio più inquieto sta facendo tremare la città dove «la mafia non c’è».

PROCESSO MAFIA CAPITALEPROCESSO MAFIA CAPITALE

 

Sono passati meno di sei mesi dalla “prima” del 5 novembre del 2015, avvenimento salutato dalla France Presse con un titolo che raccontava molto: «La justice italienne ouvre le procès des bas-fond de Rome».

 

I bassifondi di Roma: principi dell’usura e dell’estorsione insieme a imprenditori di alto rango, ras delle cooperative, funzionari del Campidoglio, irreprensibili uomini politici rossi e verdi e neri tutti insieme là sotto a corrompere o a intimidire, intascare mazzette, trafficare con gli appalti e coi migranti.

PROCESSO MAFIA CAPITALEPROCESSO MAFIA CAPITALE

 

Sono passati meno di sei mesi e sembra un secolo. Che fine ha fatto il maxiprocesso di Mafia Capitale? Come sta andando? Gli avvocati sono riusciti a smontare le tesi della procura di Pignatone? Le corrispondenze dall’aula bunker sono tutte esiliate nelle pagine locali dei quotidiani, la voce della difesa il più delle volte è riportata sempre più alta e imperiosa di quella dell’accusa. Abitudini romane.

 

MAFIA CAPITALE PROCESSOMAFIA CAPITALE PROCESSO

Per qualche giorno (ed eravamo alla vigilia dell’intervista di Vespa al figlio di Totò Riina) anche le telecamere della Rai hanno disertato le udienze impedendo a tutti — la rete pubblica era l’unica autorizzata a riprendere le fasi del dibattimento con l’obbligo di girarle gratuitamente alle altre emittenti — di scoprire cosa stava accadendo a Rebibbia. Un processo dimenticato.

 

Mafia Capitale non fa «notizia» neppure (o forse proprio per questo) quando manca qualche settimana per scegliere il sindaco di Roma. Mattina del 18 aprile 2016: gli avvocati e i loro assistenti sono 37, i detenuti rinchiusi 13, partecipanti fra il pubblico 9 (tutti familiari degli imputati), 12 quelli a piede libero o agli arresti domiciliari con permesso di assistere al dibattimento, 3 giovanissimi e diligenti cronisti giudiziari, un cameraman, nemmeno un curioso o uno sfaccendato dietro le transenne.

MAFIA CAPITALE PROCESSO MAFIA CAPITALE PROCESSO

 

Nessuno fa più neanche caso a quelle tre sagome che sono in posa perenne sui maxischermi. Collegamento in video conferenza da Tolmezzo: «Salvatore Buzzi, presente». Collegamento da Terni: «Riccardo Brugia, presente». Collegamento dai bracci del 41 bis di Parma: «Massimo Carminati, presente».

 

Buzzi è sempre chino sul suo tavolaccio a scrivere e ogni tanto a dire politicamente la sua: «Hanno arrestato solo quelli di area Bersani e non quelli di Renzi». Brugia è sempre seduto. Er Cecato, sempre in piedi e a braccia conserte, impassibile. Ha perso la calma solo la mattina del 21 marzo quando è sfilato come teste Luigi Seccaroni, il titolare di un autosalone che per terrore ha smentito se stesso.

MAFIA CAPITALE PROCESSO MAFIA CAPITALE PROCESSO

 

Minacce? «Carminati e Brugia erano solo ottimi clienti». Paura? «Ero depresso». Estorsioni? «Ma no, sconti, i carabinieri mi hanno interpretato male». Una falsa testimonianza che ha agitato assai Carminati e fatto fare Bingo all’accusa.

 

Una deposizione così ricca di «non ricordo» è rintracciabile solo in qualche udienza palermitana degli anni ’70, quando i testimoni se la facevano sotto anche per sussurrare un nome. Ha balbettato pure Alessandro Zanna, un piccolo commerciante che era così spaventato di essere lì che non voleva dare al cancelliere neanche l’indirizzo di casa.

 

E poi l’imprenditore Filippo Maria Macchi, vittima di un tasso usuraio del 400 per cento. La prima volta a Rebibbia non c’è andato perché «aveva affari a Milano», la seconda volta perché «era morto un parente » (non era vero, il familiare è vivo e vegeto), la terza volta — proprio ieri mattina — a Rebibbia l’hanno “accompagnato” i carabinieri.

PROCESSO MAFIA CAPITALEPROCESSO MAFIA CAPITALE

 

Il Tribunale ha capito che era stato intimidito e lui, di fronte a inequivocabili intercettazioni, ha dovuto ammettere quello che non si sarebbe mai augurato di ammettere. Il presidente Rosanna Iannello durante l’esame di Macchi ha disposto che lo schermo fosse spostato, così che lui non potesse vedere Carminati nemmeno via cavo. Non ce l’ha fatta a nascondere il panico. E perché mai, se a Roma la mafia non esiste?

 

Come era annunciato, la partita processuale si gioca sui confini del 416 bis. Da una parte i pubblici ministeri — sempre in aula Luca Tescaroli, a turno Giuseppe Cascini e Paolo Ielo — dall’altra un esercito di penalisti grandiosamente schierato, segno evidente di quanto gli avvocati abbiano compreso la «diversità» di questo processo rispetto al passato.

BUZZI VINCENZI 1BUZZI VINCENZI 1

 

Sono spiazzati, confusi. E attaccano su tutti i fronti con lo scopo di demolire un’indagine “drogata” che fa apparire una mafia che non è mafia («È solo corruzione ») in certi momenti con il codice alla mano, in altri più rumorosamente con l’avvocato Giosué Naso. Un paio di mesi fa ha insultato Lirio Abbate, autore di un’inchiesta su i Re di Roma, chiamandolo «Delirio» e ha continuato sproloquiando contro il procuratore Pignatone.

 

VINCENZI BUZZIVINCENZI BUZZI

Un paio di settimane fa, prima ha aggredito verbalmente alcuni ufficiali del Ros sul banco dei testimoni e poi dato lezioni di tecnica investigativa al loro comandante. Naso si muove come un matador nell’arena.

 

Un brutto colpo è arrivato però l’altra settimana: il Tribunale ha deciso di prorogare i termini di custodia cautelare, gli imputati resteranno agli arresti sino alla fine del processo. Indizio non rassicurante.

 

salvatore buzzi con il quarto stato alle spallesalvatore buzzi con il quarto stato alle spalleCARMINATI ARRESTO 3CARMINATI ARRESTO 3CARMINATI ARRESTOCARMINATI ARRESTO

Meno male che in questi ultimi giorni è sceso in campo anche Il Dubbio, quotidiano che ha come editore il consiglio nazionale forense. Il primo scoop: le «confessioni» in aula del colonnello dei carabinieri Stefano Russo: «Così abbiamo organizzato lo show per Mafia Capitale». Peccato che, in aula, il colonnello abbia parlato d’altro.

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…