“SIAMO STATI DIPINTI COME MOSTRI MA BASTAVA NON ESSERE IN MALAFEDE PER CAPIRE CHE SI TRATTAVA DI UNA MENZOGNA” – PARLA SARA GIUDICE, DOPO CHE IL GIP HA ARCHIVIATO LE ACCUSE DI VIOLENZA SESSUALE DI GRUPPO NEI CONFRONTI DI LEI E DEL MARITO NELLO TROCCHIA: "L’OBIETTIVO ERA SPORCARE LA NOSTRA CREDIBILITÀ. HO PERSO IL LAVORO MA PER NOI ARRENDERSI NON È MAI STATA UNA POSSIBILITÀ” – LA BORDATA A NORDIO: “SE IL MINISTRO DELLA GIUSTIZIA, NELL’ANNO DEI RECORD DEI SUICIDI IN CARCERE, SI OCCUPA IN SENATO DI DUE CRONISTI CONSIDERATI ‘NEMICI’ DEL GOVERNO LASCIO A CHI LEGGE OGNI VALUTAZIONE...”
1 - «NOI DIPINTI COME MOSTRI PER LE ACCUSE DI UNA COLLEGA ERA SOLO UNA MENZOGNA»
Ilaria Sacchettoni per il “Corriere della Sera” - Estratti
Ricapitoliamo, Sara Giudice: il 2 febbraio 2023 una collega la denuncia assieme a suo marito, Nello Trocchia, per aver abusato di lei su un taxi al ritorno da una serata in un locale, ipotizzando che, con i drink, le sia stata somministrata una droga di cui poi non apparirà traccia nelle analisi.
Venite indagati e finite sui giornali. Ora è arrivata l’archiviazione. È tutto o aggiungerebbe qualcosa?
«Solo che bastava leggere le carte per capire l’infondatezza della denuncia, le enormi contraddizioni che fin dall’inizio sono emerse in questa storia, bastava insomma non essere in malafede per capire che si trattava di una menzogna».
A chi si riferisce quando parla di malafede?
«Alla campagna di mostrificazione di alcuni giornali».
«È pacifico — scrive oggi la gip — che gli atti sessuali non siano stati compiuti con violenza fisica o minaccia... circostanza questa confermata appieno dalle dichiarazioni del tassista il quale ha detto e ripetuto di non aver assistito a nessuna forma di coercizione né di aver percepito alcuna forma di pericolo per la stessa». Eppure l’hanno chiamato «stupro di gruppo»
«Le parole scolpiscono verità nella memoria collettiva.
L’obiettivo era sporcare la nostra credibilità e, in presenza di una richiesta di archiviazione, associare comunque le nostre facce a quella parola immonda. Abbiamo letto titoli infamanti, articoli diffamatori, allusioni e una frequente manipolazione degli elementi emersi nelle indagini».
La donna che aveva denunciato la violenza non si è mai trovata in «condizioni di inferiorità psichica» ribadiscono i magistrati. Sente di aver subito invece tutti gli stereotipi del caso?
«Io e Nello abbiamo costruito con fatica la nostra carriera e la nostra reputazione senza santi e senza paradisi. Siamo andati avanti perché nella vita nessuno ci ha regalato niente, siamo abituati a combattere e a portare sulle spalle il peso delle battaglie in cui crediamo, niente di eroico, ma non avevamo messo in conto di subire attacchi così violenti e ingiustificati».
Lei ha perso il lavoro.
«Sì, ma per noi arrendersi semplicemente non è mai stata una possibilità».
«Nessuna falla nelle indagini», secondo la gip. La donna denunciava invece una violazione del codice rosso per non essere stata convocata dal pubblico ministero. Oggi la gip annota che l’audizione della donna «è stata particolarmente accurata e precisa».
Il ministro Carlo Nordio era intervenuto. Tutto sovradimensionato?
«Se il ministro della Giustizia, nell’anno dei record dei suicidi in carcere, si occupa nell’aula del Senato di due cronisti considerati “nemici” del governo lascio a chi legge ogni valutazione».
(...)
2 - “NESSUNO STUPRO DI GRUPPO” ARCHIVIAZIONE PER I CRONISTI ACCUSATI DALLA COLLEGA
Andrea Ossino per “la Repubblica”
Lo aveva detto la procura, adesso lo ha certificato anche il gip: i giornalisti Nello Trocchia e Sara Giudice non hanno commesso una violenza sessuale di gruppo ai danni di una collega. Il caso è chiuso e il giudice ha deciso: non ci sono prove che la ragazza sia stata costretta o minacciata. Non ci sono certezze che fosse in una condizione di «inferiorità psichica».
Finisce così la vicenda iniziata il 2 febbraio del 2023, quando una ragazza bussa alla porta della questura di Roma e racconta quanto accaduto la sera del 29 gennaio, a margine di una festa trascorsa in un pub di Trastevere. Più precisamente nel taxi che i tre protagonisti di questa storia hanno preso per tornare a casa, un percorso di 7 minuti. Ed è qui, in macchina, che ci sarebbero stati baci ed effusioni. La ragazza lo racconta ai poliziotti specializzati in violenze sessuali e spiega che in quel momento non era lucida, che solitamente non avrebbe mai fatto una cosa del genere.
«Avevo la sensazione di averli addosso e ricordo che mi sentivo immobile, come una marionetta», denuncia. Dice di aver bevuto da un bicchiere passato da qualcuno e di essersi sentita come incapace di reagire. Spiega di essere andata dopo 18 ore in un laboratorio privato per capire il perché di quella sensazione. E consegna agli agenti i risultati delle analisi: positiva al Ghb, la droga dello stupro.
Le indagini partono immediatamente e i pm interrogano e intercettano anche l’unico testimone oculare dei fatti: il tassista. L’uomo dice di «non aver percepito un reale pericolo» anche se ha ritenuto di dover attendere sotto casa dei due cronisti perché «reputava la situazione particolare». Al telefono, non sapendo di essere ascoltato, aggiunge: «Ce provavano tutti e due con questa, se la volevano portà a casa e l’ho riportata a casa».La procura decide di approfondire anche la presenza di Ghb, ma le analisi dell’università di Tor Vergata danno esito negativo. Il Ghb entro certi livelli è prodotto anche dal corpo umano.
Dunque la richiesta di archiviazione, l’opposizione della ragazza e adesso il responso del gip che ha archiviato il caso.
Perché «le risultanze investigative non consentono di formulare una ragionevole previsione di condanna », si legge nel provvedimento.
«È pacifico — scrive il giudice — che la sera del 29 gennaio 2023, di ritorno dalla festa di compleanno» tra i tre giornalisti «vi siano stati atti di natura sessuale consistiti in baci ». È anche «pacifico» che «tutti e tre quella sera avessero bevuto e che fossero quantomeno brilli».
Ma «è altresì pacifico che gli atti sessuali suddetti — prosegue il provvedimento — non siano stati compiuti con violenza fisica o minaccia, circostanza questa esclusa dalla stessa parte offesa e confermata dalle dichiarazioni del tassista ».
La ragazza quella sera ha bevuto volontariamente e «l’eventuale condizione di inferiorità non è imputabile agli indagati». Anche la presenza del Ghb non è «riconducibile agli indagati». Inoltre per il giudice «non emerge alcun elemento sintomatico di quella condizione di stordimento e incapacità di reazione riferita (dalla ragazza ndr) al compagno nel corso del lungo litigio notturno» avvenuto dopo i fatti.
Da qui l’archiviazione e la reazione dei due giornalisti prosciolti.
Parlano di una «campagna di mostrificazione contro due giornalisti considerati nemici del governo».
Ancora: «Nonostante il dolore per l’infamante e infondata accusa siamo rimasti in piedi aspettando che i giudici sancissero la verità dei fatti. Oggi giustizia è arrivata, ma nessuna falsa accusa deve appannare la battaglia contro la violenza sulle donne», dicono Nello Trocchia e Sara Giudice. Il caso è chiuso.
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