AULA MAGNA (SOLDI) - I LAVORI PER L'AULA BUNKER ACCANTO AL CARCERE DI OPERA DURANO DA 18 ANNI, DOPO TRE RITOCCHI I COSTI SONO LIEVITATI DAI 3 MILIONI DEL 1996 AGLI 11 ATTUALI - E I MAGISTRATI SI RIVOLGONO ALLA CORTE DEI CONTI

Luca Fazzo per “il Giornale”

 

AULA BUNKER AL TRIBUNALE DI MILANO AULA BUNKER AL TRIBUNALE DI MILANO

E adesso la giustizia milanese dovrà occuparsi di se stessa. Dovrà spiegare come sia stato possibile che milioni di euro siano stati investiti in un cantiere senza fine per realizzare una specie di ecomostro attaccato a un carcere, un’opera in ballo da diciotto anni e la cui fine sembra ancora lontana, che ha inghiottito soldi e risorse senza un piano preciso, con progetti che cambiavano in corso d’opera per inseguire le pretese dei magistrati in continuo mutamento.

 

Una nuova aula bunker, per ospitare i maxiprocessi che ormai non esistono quasi più, è diventata un simbolo di come l’eterna doglianza sulla mancanza di risorse per la giustizia nasconda anche assurdi sprechi di quattrini.

 

Carcere di OperaCarcere di Opera

Il cantiere infinito per l’aula bunker di Opera si raggiunge solo infangandosi le scarpe nei campi, perché una strada che vi arrivi senza dover attraversare il carcere non c’è, e non è previsto che ci sia, perché i terreni non sono mai stati espropriati. Se ne sono dovuti rendere conto i magistrati della procura generale e della Corte d’appello che nei mesi scorsi hanno voluto farvi un sopralluogo, per capire a che punto fosse l’opera.

 

E di fronte a quello che hanno visto - un cantiere fatiscente prima ancora di essere terminato, i soffitti sfondati, i sotterranei allagati, le gabbie dei detenuti già arrugginite - non hanno potuto fare altro che inviare un doppio esposto: uno alla Corte dei conti, per accertare eventuali (ma in realtà palesi) sperperi di denaro dello Stato, uno alla Procura della Repubblica, perché accerti se e quali reati abbiano accompagnato questa surreale opera pubblica.

 

Il progetto nasce nel remoto 1996, e prevede la realizzazione di due aule bunker affiancate, costo previsto sette miliardi di lire più Iva: e son già tanti soldi, anche perché i magistrati hanno chiesto un piano in più, comprensivo di camere da letto con bagno per tutti i magistrati e i giudici popolari che compongono le Corti d’assise. Nel 1999, quando le opere iniziano davvero, il costo previsto è già salito a 12 miliardi e 644 milioni, non si capisce bene perchè.

TRIBUNALE DI MILANO
TRIBUNALE DI MILANO

 

Nel 2002 si rende necessario un nuovo contratto di appalto, anche perchè i giudici hanno già iniziato con le richieste di modifica, disponendo che si realizzasse una sola aula bunker anziché due, e destinare il resto all’archivio, visto che l'attuale sede dell'archivio a Palazzo di giustizia scoppia, e il tribunale è costretto a affittare spazi qua e là.. «Questo problema della richiesta di cambiamenti in corso d’opera - spiega al "Giornale" Pietro Baratono, provveditore regionale alle opere pubbliche - è stato una delle cause dei ritardi e della crescita dei costi».

 

Le aziende appaltatrici falliscono, nel 2006 la direzione lavori chiede e ottiene uno stanziamento di altri cinque milioni di euro promettendo di finire i lavori del primo lotto in un paio di mesi e dell'intera opera entro il 2010. Ma nel 2010 il cantiere è ancora fermo, anzi si scopre che la falda acquifera ha invaso il sotterraneo, dove erano previste le gabbie per gli imputati, e sta mandando tutto in malora: che l'acqua potesse risalire, visto che siamo in una zona di rogge e fontanili, era abbastanza ovvio, ma nessuno ne aveva tenuto conto. Insieme all'acqua che sale dal suolo, ci sono i danni dell'acqua che scende dal cielo: una perizia accerta che anche i soffitti appena costruiti cedono sotto il peso delle piogge. Nel 2013 il Provveditorato alle opere pubbliche indica in altri sei mesi il tempo necessario per concludere l’opera.

corte conticorte conti

 

Il committente, cioè la magistratura milanese, sembra disinteressarsi a lungo della cosa. Il progetto è stato voluto, ma adesso nessuno se ne vuole assumere la paternità. Ma alla fine qualcosa si deve muovere per forza, perchè le chiacchiere sul cantiere di Opera stanno raggiungendo il livello di guardia, e anche perché vengono chiesti ulteriori fondi.

 

Parte l’ispezione. Per la Corte d'appello viene spedito sul cantiere il giudice Pietro Gamacchio, per la Procura generale il sostituto Nunzia Ciaravolo. Ne escono con le mani nei capelli. Nella sua relazione, la Procura generale «constata il degrado delle opere già realizzate e lo stato di abbandono del cantiere». E parte l’esposto alla Procura e alla Corte dei conti. L’impresa promette di ripartire e di chiudere i lavori entro il prossimo luglio.

Ebbene: il "Giornale" è entrato nel cantiere.

 

Corte dei Conti RomaCorte dei Conti Roma

Ed è chiaro che neanche per luglio sarà terminato, neanche se i pochi operai che vi si aggirano lavorassero anche di notte. Ma è altrettanto chiaro che se e quando sarà finito, sarà un mostro senza senso, figlio di una concezione della giustizia già obsoleta quando il piano è partito, e ora difficilmente accettabile. L'aspetto più desolante sono le gabbie in cui i detenuti dovrebbero aspettare l’udienza, un reparto da denuncia alla convenzione di Ginevra: sotto il livello del suolo, senza finestre, gradoni di cemento come unico appoggio.

 

L’aula di udienza colloca il pubblico e persino la stampa in una specie di loggione separato dall’aula da un vetro blindato. Le stanze all’ultimo piano che dovrebbero ospitare i sonni dei magistrati e dei giudici popolari durante le camere di consiglio sono dei loculi, alcuni dei quali senza finestre e senza bagno, ed è del tutto impensabile che i giudici accettino di passarvi la notte.

 

Se l'idea di fondo era risparmiare i costi degli alberghi dove attualmente le giurie passano la notte durante le camere di consiglio conclusive dei processi (durante le quali giudici togati e popolari sono costretti a una sorta di clausura), nè la ubicazione nè la realizzazione sembrano idonee a immaginare che questo possa accadere nel bunker di Opera. Senza pensare ai costi di gestione: dalla vigilanza armata, al riscaldamento, alle utenze, fino al personale di servizio: a meno di non immaginare che, mentre decidono la sorte dei loro imputati, i giudici si rifacciano il letto da soli.

 

 

Ultimi Dagoreport

andrea orcel gaetano caltagirone carlo messina francesco milleri philippe 
donnet nagel generali

DAGOREPORT - BUM! ECCO LA RISPOSTA DI CALTAGIRONE ALLA MOSSA DI NAGEL CHE GLI HA DISINNESCATO LA CONQUISTA DI GENERALI - L’EX PALAZZINARO STA STUDIANDO UNA CONTROMOSSA LEGALE APPELLANDOSI AL CONFLITTO DI INTERESSI: È LEGITTIMO CHE SIA IL CDA DI GENERALI, APPENA RINNOVATO CON DIECI CONSIGLIERI (SU TREDICI) IN QUOTA MEDIOBANCA, A DECIDERE SULLA CESSIONE, PROPRIO A PIAZZETTA CUCCIA, DI BANCA GENERALI? - LA PROVA CHE IL SANGUE DI CALTARICCONE SI SIA TRASFORMATO IN BILE È NELL’EDITORIALE SUL “GIORNALE” DEL SUO EX DIPENDENTE AL “MESSAGGERO”, OSVALDO DE PAOLINI – ECCO PERCHÉ ORCEL HA VOTATO A FAVORE DI CALTARICCONE: DONNET L’HA INFINOCCHIATO SU BANCA GENERALI. QUANDO I FONDI AZIONISTI DI GENERALI SI SONO SCHIERATI A FAVORE DEL FRANCESE (DETESTANDO IL DECRETO CAPITALI DI CUI CALTA È STATO GRANDE ISPIRATORE CON FAZZOLARI), NON HA AVUTO PIU' BISOGNO DEL CEO DI UNICREDIT – LA BRUCIANTE SCONFITTA DI ASSOGESTIONI: E' SCESO IL GELO TRA I GRANDI FONDI DI INVESTIMENTO E INTESA SANPAOLO? (MAGARI NON SI SENTONO PIÙ TUTELATI DALLA “BANCA DI SISTEMA” CHE NON SI SCHIERERÀ MAI CONTRO IL GOVERNO MELONI)

giorgia meloni intervista corriere della sera

DAGOREPORT - GRAN PARTE DEL GIORNALISMO ITALICO SI PUÒ RIASSUMERE BENE CON L’IMMORTALE FRASE DELL’IMMAGINIFICO GIGI MARZULLO: “SI FACCIA UNA DOMANDA E SI DIA UNA RISPOSTA” -L’INTERVISTA SUL “CORRIERE DELLA SERA” DI OGGI A GIORGIA MELONI, FIRMATA DA PAOLA DI CARO, ENTRA IMPERIOSAMENTE NELLA TOP PARADE DELLE PIU' IMMAGINIFICHE MARZULLATE - PICCATISSIMA DI ESSERE STATA IGNORATA DAI MEDIA ALL’INDOMANI DELLE ESEQUIE PAPALINE, L’EGO ESPANSO DELL’UNDERDOG DELLA GARBATELLA, DIPLOMATA ALL’ISTITUTO PROFESSIONALE ARRIGO VESPUCCI, È ESPLOSO E HA RICHIESTO AL PRIMO QUOTIDIANO ITALIANO DUE PAGINE DI ‘’RIPARAZIONE’’ DOVE SE LA SUONA E SE LA CANTA - IL SUO EGO ESPANSO NON HA PIÙ PARETI QUANDO SI AUTOINCORONA “MEDIATRICE” TRA TRUMP E L'EUROPA: “QUESTO SÌ ME LO CONCEDO: QUALCHE MERITO PENSO DI POTER DIRE CHE LO AVRÒ AVUTO COMUNQUE...” (CIAO CORE!)

alessandro giuli bruno vespa andrea carandini

DAGOREPORT – CHI MEGLIO DI ANDREA CARANDINI E BRUNO VESPA, GLI INOSSIDABILI DELL’ARCHEOLOGIA E DEL GIORNALISMO, UNA ARCHEOLOGIA LORO STESSI, POTEVANO PRESENTARE UN LIBRO SULL’ANTICO SCRITTO DAL MINISTRO GIULI? – “BRU-NEO” PORTA CON SÉ L’IDEA DI AMOVIBILITÀ DELL’ANTICO MENTRE CARANDINI L’ANTICO L’HA DAVVERO STUDIATO E CERCA ANCORA DI METTERLO A FRUTTO – CON LA SUA PROSTRAZIONE “BACIAPANTOFOLA”, VESPA NELLA PUNTATA DI IERI DI “5 MINUTI” HA INANELLATO DOMANDE FICCANTI COME: “E’ DIFFICILE PER UN UOMO DI DESTRA FARE IL MINISTRO DELLA CULTURA? GIOCA FUORI CASA?”. SIC TRANSIT GLORIA MUNDI – VIDEO

banca generali lovaglio francesco gaetano caltagirone philippe donnet alberto nagel milleri

DAGOREPORT - DA QUESTA MATTINA CALTAGIRONE HA I SUDORI FREDDI: SE L’OPERAZIONE DI ALBERTO NAGEL ANDRÀ IN PORTO (SBARAZZARSI DEL CONCUPITO “TESORETTO” DI MEDIOBANCA ACQUISENDO BANCA GENERALI DAL LEONE DI TRIESTE), L’82ENNE IMPRENDITORE ROMANO AVRÀ BUTTATO UN PACCO DI MILIARDI PER RESTARE SEMPRE FUORI DAL “FORZIERE D’ITALIA’’ - UN FALLIMENTO CHE SAREBBE PIÙ CLAMOROSO DEI PRECEDENTI PERCHÉ ESPLICITAMENTE SOSTENUTO DAL GOVERNO MELONI – A DONNET NON RESTAVA ALTRA VIA DI SALVEZZA: DARE UNA MANO A NAGEL (IL CEO DI GENERALI SBARRÒ I TENTATIVI DI MEDIOBANCA DI ACQUISIRE LA BANCA CONTROLLATA DALLA COMPAGNIA ASSICURATIVA) - PER SVUOTARE MEDIOBANCA SOTTO OPS DI MPS DEL "TESORETTO" DI GENERALI, VA BYPASSATA LA ‘’PASSIVITY RULE’’ CONVOCANDO  UN’ASSEMBLEA STRAORDINARIA CHE RICHIEDE UNA MAGGIORANZA DEL 51% DEI PRESENTI....

volodymyr zelensky donald trump vladimir putin moskva mar nero

DAGOREPORT - UCRAINA, CHE FARE? LA VIA PER ARRIVARE A UNA TREGUA È STRETTISSIMA: TRUMP DEVE TROVARE UN ACCORDO CHE PERMETTA SIA A PUTIN CHE A ZELENSKY DI NON PERDERE LA FACCIA – SI PARTE DALLA CESSIONE DELLA CRIMEA ALLA RUSSIA: SAREBBE UNO SMACCO TROPPO GRANDE PER ZELENSKY, CHE HA SEMPRE DIFESO L’INTEGRITÀ TERRITORIALE UCRAINA. TRA LE IPOTESI IN CAMPO C'E' QUELLA DI ORGANIZZARE UN NUOVO REFERENDUM POPOLARE NELLE ZONE OCCUPATE PER "LEGITTIMARE" LO SCIPPO DI SOVRANITA' - MA SAREBBE UNA VITTORIA TOTALE DI PUTIN, CHE OTTERREBBE TUTTO QUEL CHE CHIEDE SENZA CONCEDERE NIENTE…