L’ITALIA HA ANCORA UNA SPERANZA: CI SONO 500 MILA RAGAZZI, TRA GLI 11 E I 17 ANNI, CHE NON HANNO ACCESSO A INTERNET O NON HANNO NEANCHE IL PC - SONO I “DISCONNESSI DIGITALI”, CHE NON CAZZEGGIANO SUI SOCIAL E NON SI RINCRETINISCONO SU YOUTUBE
1 - I RAGAZZI CHE NON TI ASPETTI - SONO I “DISCONNESSI DIGITALI”
Gianluca Nicoletti per “la Stampa”
SMARTPHONE RAGAZZI RISTORANTE TEENAGER TELEFONO
Era ora che qualcuno ci ricordasse che esistono anche i disconnessi digitali. Nel nostro Paese quasi mezzo milione di adolescenti vive fuori da Internet e per questi ragazzi la rete rappresenta, in realtà, un reticolato che li separa dai loro più fortunati coetanei.
Sembra difficile immaginarlo, eppure secondo una ricerca Ipsos per «Save the Children» i «disconnessi» tra gli 11 e i 17 anni residenti in Italia che non hanno mai avuto accesso a Internet sarebbero 452 mila, ossia l’ 11,5% del totale, rispetto ai nostri adolescenti che, invece, crescono digitalmente corroborati.
I disconnessi sono presenti in tutto il territorio nazionale, con una percentuale più elevata nel Sud e nelle isole (17,4%, 270 mila). E’ chiaro che degli orfanelli digitali nessuno si vanta in famiglia, anche perché la presenza di adolescenti «diversamente connessi» è maggiore nelle famiglie che lamenta condizioni economiche «assolutamente insufficienti» (22,7%) oppure con «risorse scarse» (14,2%).
Vita quotidiana
Forse è possibile immaginare quanto possa essere misera la vita quotidiana dell’adolescente disconnesso digitale proprio analizzando l’ iperattività del suo medio coetaneo. La fetta più visibile dei genitori italiani, infatti, ogni giorno celebra l’apoteosi dei loro genialissimi «nativi digitali».
Fantastica la piccina che già smanetta sullo smartphone prima ancora di gattonare, è mirabolante il frugoletto che si fa un «selfie» sul vasino, mentre diventerà un grande scienziato il moccioso che twitta con gli amichetti della madre appena lei lascia incustodito il suo prezioso tablet. Il feticismo genitoriale degli emigranti digitali non può che andare in sollucchero, immaginando che la generazione che sta nutrendo a batterie agli ioni polimeri di litio, le stesse dei telefoni cellulari, avrà una vita sempre più social e interconnessa.
Il risultato di tanto orgoglio è visibile: il 39% dei minori si è iscritto a Facebook a 12 anni, mentre il 32% ha dichiarato di averne 18, dimostrando che dichiarare un’età falsamente maggiore è la scappatoia più tollerata che hanno per entrare prima possibile nel gran tourbillon della poli-relazione smanettante. Uno su due di questi genietti conosce le regole sulla privacy (51%), ma non se ne preoccupa (57%).
La presenza di adolescenti disconnessi è estremamente ridotta in quelle che dichiarano condizioni economiche «ottime o adeguate» (6,5%). Naturalmente ci sono anche i disconnessi che vivono in famiglie che dichiarano di vivere in condizioni economiche «ottime o adeguate».
Sono un numero esiguo rispetto alla media (6,5%) e probabilmente crescono in un habitat familiare radical-luddista, per cui la continenza alla tentazione tecnologica è considerata alla pari di qualsiasi pratica salutista. Sono quelli che fino a un decennio fa affermavano con orgoglio di non guardare la tv e oggi si sentono asceti perché possono ostentare come virtù eroica il fatto di non essere mai entrati in un social media e di tenersi ben distanti da un mondo così approssimativo, rispetto alla solida cultura costruita sui libri, come quello della rete.
Il senso del presente
Eppure si dovrebbe riflettere che i giovani disconnessi da Internet, volontari o coatti che siano, rimarranno comunque congelati in una dimensione del passato, che invece che preservarli li condannerà a vivere in un eremitaggio digitale. Quasi degli «scomunicati» senza colpa, che si vedranno scivolare accanto il senso più profondo della contemporaneità come perenne occasione perduta.
2. MA C’È ANCHE LA RINUNCIA VIRTUOSA
Gianluca Nicoletti per “la Stampa”
ossessione e dipendenza da smartphone
Esiste anche il fenomeno della disconnessione virtuosa, o per lo meno motivata da un pensiero razionale. La professoressa Amy Webb, che insegna new media all’Harvard University, ha pensato bene di congelare l’identità digitale della sua piccola «Kate» di 5 anni. Fino a che non sarà maggiorenne la bimba non esisterà in rete, ma la sua mamma sarà la custode di tutti i gli account a suo nome in tutti i social media al momento esistenti.
Per i suoi 18 anni Kate si guadagnerà anche una consapevole cittadinanza digitale. Certo è che sarebbe importante che circolasse con maggiore evidenza il concetto che i disconnessi non sono certo giovani che si salveranno l’anima, solo perché sono digitalmente inattivi, sia per necessità quanto per virtù.
Un altro gesto di disconnessione, intesa come atto salutista, è la clamorosa uscita dalle rete del blogger inglese Andrew Sullivan. L’ha annunciato a 51 anni e dopo essere stato un vero pioniere del giornalismo digitale. Un milione di persone al mese seguiva il suo blog, ma lui non ce la faceva più a continuare perché saturo della sua vita digitale.
ossessione e dipendenza da smartphone
Eppure uno studio di Boston Consulting, per conto di Google, sul rapporto tra i consumatori di mobile Internet, in Italia, Germania, Francia, Regno Unito e Spagna, ha rilevato che gli intervistati fossero disposti a rinunciare ad alcolici, caffé, film, esercizio fisico e il 17% di loro persino al sesso, pur di non rinunciare al loro smartphone sempre connesso.
Sembrerebbe quindi paradossale il riflusso di chi dichiara di volersi riprendere la propria vita, troncando il rapporto con i social media succhia tempo. Chi non ce la fa da solo cerca aiuto nelle così dette app anti-social, come Cloak e Split, che dovrebbero aiutare a fuggire dalla tentazione di incappare in amici e conoscenti in giro per i network.
ossessione e dipendenza da smartphone
È facile che si tenda ad associare alcune reali patologie da abuso compulsivo della rete con una generale filosofia di disconnessione ascetica, è la fase successiva all’atteggiamento fondamentalista che fino a qualche anno fa imponeva alle persone “per bene” di tenere i giovani il più possibile alla larga della rete, ricettacolo di vizio e perdizione. Oggi Internet è parte dei nostri primari bisogni di nutrimento sociale, se immaginiamo dei giovani disconnessi non possiamo probabilmente che pensarli infelici.