precariato precario

VORREI MA NON POSTO (FISSO) - IN ITALIA IL TASSO DI DISOCCUPAZIONE SCENDE AI LIVELLI DEL 2011, MA CIRCÀ LA METÀ DEI NUOVI POSTI DI LAVORO SONO A TEMPO DETERMINATO - IL PRESIDENTE DELL'ISTAT GIAN CARLO BLANGIARDO: "LA PRECARIETÀ È UN'EREDITÀ CHE CI PORTIAMO DAL COVID E CHE SPERIAMO DI RECUPERARE PERCHÉ IL PROBLEMA RESTA QUELLO DELLA QUALITÀ"

lavorare in italia

Luca Monticelli per “la Stampa”

 

Riparte l'occupazione in Italia. L'Istat registra numeri record a marzo: ormai si è tornati al periodo pre Covid. Gli occupati aumentano di 81 mila unità rispetto a febbraio e sono 804 mila in più in confronto a marzo 2021, con un boom di donne e giovani. La metà dei nuovi posti di lavoro, però, è a termine. Complessivamente, le persone con un impiego tornano a superare la soglia dei 23 milioni di 40 mila unità, a un passo dal dato di prima della pandemia di gennaio 2020, quando si attestava a 23 milioni e 54 mila.

lavorare in italia

 

Il tasso di occupazione sale al 59,9% (+0,3 punti): livello record dall'inizio delle serie storiche, soprattutto grazie alla crescita di quello femminile (51,2%). Confrontando il primo trimestre 2022 con quello precedente si rileva un rialzo dell'occupazione pari allo 0,6%, per un totale di 133 mila nuovi lavoratori, mentre dall'inizio del 2022 l'incremento è di 170 mila unità.

posto fisso lavoro italia

 

La crescita è trainata dalle donne con 85 mila occupate in più rispetto a febbraio e 442 mila su marzo 2021. Gli uomini ne perdono 4 mila a febbraio e registrano +362 mila unità rispetto allo scorso anno. Il tasso di disoccupazione a marzo scende all'8,3% con un calo di 0,2 punti su febbraio e di 1,8 punti su marzo 2021, praticamente ai livelli del 2011. I disoccupati sono poco più di due milioni: - 203 mila le donne e - 209 mila gli uomini.

lavorare in italia

 

 Il tasso di inattività scende al 34,5% (-0,2%). Rispetto a marzo dello scorso anno gli inattivi diminuiscono di 747 mila unità. Gli occupati dipendenti a termine a marzo salgono a quota 3.159.000, il livello più alto dal 1977: si registra una crescita di 19 mila unità rispetto a febbraio e di 430 mila su marzo 2021. In totale, invece, i dipendenti permanenti sono 14,9 milioni con un aumento di 103 mila su febbraio e di 312 mila su marzo 2021.

 

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«Dopo il Covid ci troviamo con lo stesso numero di occupati, ma con una situazione meno garantita e più precaria», è il commento del presidente dell'Istat Gian Carlo Blangiardo a Sky Tg24. «La precarietà è un'eredità che ci portiamo dal Covid e che speriamo di recuperare perché se dal punto di vista quantitativo l'occupazione sta rialzando la testa, il problema resta quello della qualità del lavoro che è sempre più precario».

 

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 Per le donne si assiste a un «recupero», visto che la componente femminile è stata una delle più colpite dall'emergenza scatenata dall'epidemia. L'Istituto di statistica non diffonde il dato mensile sui settori di attività ma è probabile che la ripresa abbia riguardato i servizi come turismo, commercio e ristorazione, comparti con un'alta occupazione femminile. Frena invece il lavoro autonomo: - 41 mila unità a marzo (- 62 mila sull'anno) e, secondo Confesercenti, risultano 215 mila posti in meno dall'inizio della pandemia.

 

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Sulla stessa linea Confcommercio: «La ripresa dell'occupazione riguarda solo i dipendenti». La Uil è preoccupata dalla quantità di precari: «È positivo che il numero dei disoccupati sia diminuito, ma non possiamo stupirci se tornerà a salire quando lavoratrici e lavoratori che oggi hanno impieghi temporanei, domani torneranno a perdere il posto. Non è sufficiente leggere i numeri solo nella loro componente quantitativa, né avere un qualunque lavoro per dire di averne uno dignitoso», sottolinea la segretaria confederale Ivana Veronese.

 

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Per Tania Scacchetti della Cgil è «gravissimo» l'aumento dei contratti a termine e sprona così il governo: «Le priorità devono essere il contrasto alla precarietà e la crescita dei salari. Non è più accettabile che il lavoro sia fondato sulla flessibilità e su un modello di sviluppo economico e produttivo incentrato sulla compressione di costi e diritti».

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