PAROLA DI SIINO - È APPENA USCITO IN LIBRERIA “VITA DI UN UOMO DI MONDO”, L’AUTOBIOGRAFIA DEL PIÙ FAMOSO PENTITO DI MAFIA, ANGELO SIINO: “NEGLI AMBIENTI POLITICI E MAFIOSI COMINCIÒ A CIRCOLARE LA VOCE CHE IO ERO IL MINISTRO DEI LAVORI PUBBLICI DI COSA NOSTRA, ANZI DI TOTÒ RIINA. I POLITICI CHE VOLEVANO DIVENTARE SINDACI DOVEVANO…”
Dal “Fatto quotidiano”
È appena uscito in libreria "Mafia. Vita di un uomo di mondo" (Ponte alle Grazie). È l' autobiografia del più famoso pentito di mafia, Angelo Siino, scritta insieme al suo avvocato, Alfredo Galasso. In queste pagine, Siino racconta come divenne il "ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra".
Le cose andavano a questo modo. I "politici", che di volta in volta potevano essere sindaci o assessori comunali e regionali, bandivano le gare degli appalti di servizi, più spesso di opere pubbliche, di solito decise dopo una consultazione con gli altri sodali, di cui generalmente mi occupavo io; quindi, la mia mediazione si svolgeva con gli imprenditori designati e concordati con i capimafia locali. Come suole dirsi, rappresentavo l' interfaccia. ()
Un' altra e più pesante imposizione di Totò Riina fu una "tassa" aggiuntiva dello 0,80% che era destinata a lui personalmente. () A parte la tassa subito denominata "tassa Riina", le percentuali ufficiali pagate da chi otteneva l' appalto erano il 2% per i "politici", il 2% per la famiglia mafiosa territorialmente competente, la cosiddetta "messa a posto", e lo 0,50 per i pubblici controllori.
Beninteso, i quattrini sborsati dall' imprenditore, singolo o società che fosse, erano quelli lucrati dalla maggiorazione del prezzo, iniziale o stabilita nel corso dei lavori. () Il lavoro mi occupava quasi quotidianamente, costringendomi a spostarmi un giorno a Sciacca per ricevere le indicazioni del capomafia locale e il giorno dopo a Caltanissetta per rassicurare l' assessore regionale ai Lavori pubblici dell' epoca che gli avrei portato di persona la valigia con i soldi della tangente; incarico che, eccezionalmente e malvolentieri, dovetti assumere per portare a compimento l' incarico.
Negli ambienti politici e mafiosi cominciò a circolare, tra ammirazione e ironia, la voce che io ero il ministro dei Lavori pubblici di Cosa Nostra, anzi di Totò Riina, il premier del Consiglio dei ministri, che peraltro non avevo mai incontrato personalmente. Cucita addosso, questa etichetta si è trasferita in molte pagine giudiziarie.
Ma un simile dicastero come e quando era stato istituito? Una sera dell' estate del 1982 ero andato a San Giuseppe, dove non abitavo più da quando avevo undici anni, per partecipare a una riunione di partito presso la sede locale della Democrazia cristiana, un retrobottega con quattro sedie sgangherate e un tavolo sverniciato, che si riempiva di gente alla vigilia di ogni tipo di elezioni. ()
Ad aspettarmi all' ingresso, quella sera, trovai Baldassarre Di Maggio, detto Balduccio, uomo di spicco della famiglia mafiosa di San Giuseppe, in un certo senso, come sapevo già, concorrente e poi successore di Giovanni Brusca dopo la sua latitanza, a capo della famiglia. Mi portò a fare due passi con la scusa di prendere il caffè, fino al bar di Ciruzzo, che ovviamente si guardò bene dal farsi pagare. "Vegnu pi cuntu di 'u zu'", mi disse con aria seria e per quanto poteva pensosa.
"Ha deciso che tu ti 'a occupari di appalti in tutta 'a Sicilia". 'U zu' venivano chiamati sia Totò Riina, detto 'u curtu per la sua statura, che Bernardo Provenzano, ribattezzato 'u ragionieri per la sua vocazione ai conti e agli affari. Però non chiesi a Balduccio chi dei due aveva stabilito che dovessi assumere l' incarico, perché avevo intuito che intenzionalmente il giovane rampollo sangiusepparo intendeva lasciarmi nel dubbio. () Da chiunque di loro due provenisse, ricevevo un ordine per bocca di un esponente accreditato della famiglia mafiosa facente capo a Bernardo Brusca, il più fidato alleato dei "corleonesi".
Mi limitai a chiedere spiegazioni sul da farsi e Balduccio mi rispose che il giorno successivo dovevo recarmi a Palermo, all' indirizzo e nell' ora scritti in un foglietto spiegazzato che tirò fuori dalla tasca posteriore dei jeans. In realtà, io desideravo avere una qualche conferma dell' autorizzazione dei capi di Cosa Nostra, ben conoscendo quali rischi avrei incontrato muovendomi liberamente senza preventiva protezione.
Piazza Luigi Sturzo, dietro il Politeama, al terzo piano di un edificio elegante di nuova costruzione: alle 4 del pomeriggio seguente mi presentai nello studio del geometra Pino Lipari, che conobbi in questa occasione, insieme alla figlia avvocato, e che avrei rivisto molte altre volte ricevendo ordini sotto forma di consigli e istruzioni sotto forma di informazioni.
Previsione rapidamente e facilmente verificata. Non ci misi molto a comprendere che Pino Lipari era il "consigliori" di tutti e due gli "zii" in materia di affari e quattrini. Come me, frequentava ambienti e personaggi della Palermo bene, in contatto con imprenditori rinomati, i Cassina ad esempio, che da anni si occupavano della manutenzione delle strade cittadine, ma anche avvocati e magistrati, che gli consentivano di muoversi a proprio agio all' interno del Palazzo di Giustizia.
Pino Lipari mi descrisse in modo chiaro e semplice come il sistema di gestione degli appalti si sviluppava attraverso una fase preliminare, che consisteva nella predisposizione del bando solitamente conformato in modo da limitare l' accesso alle imprese prescelte, una fase esecutiva, che si risolveva nell' afflusso e nel deflusso delle stesse imprese e, se necessario, nella preventiva conoscenza delle offerte, e una fase successiva in cui si provvedeva alla distribuzione delle tangenti. Era qualcosa di diverso, dunque, dal "pizzo", cioè dalla tradizionale "messa a posto". Io, mi annunciò sbrigativamente Pino Lipari, ero la persona più adatta a gestire le prime due fasi e, se occorreva, anche la terza.
Accreditato come personaggio presentabile presso politici e professionisti, al tempo stesso discendente di un capomafia riconosciuto, rappresentavo il soggetto idoneo per occuparsi di tale genere di affari. Aveva saputo che per questa ragione non ero stato "punciuto", proprio come lui, rendendo maggiormente libera e nel contempo delimitata la mia attività al servizio di Cosa Nostra. Fu così che fui nominato ministro dei Lavori pubblici, pur continuando ad amministrare la Siino Costruzioni spa.