L'ARRESTO DEL BOSS LUIGI CUCCARO DIVENTA UNA SCENEGGIATA: QUANDO ARRIVANO I CARABINIERI AD PRENDERLO, NEL QUARTIERE BARRA, FAMILIARI E AMICI SI SCHIERANO A SUA DIFESA CON URLA, STRATTONI, PSICODRAMMI, INSULTI E SPINTE
Antonio Piedimonte per “la Stampa”
Tutti addosso ai carabinieri per salvare il boss dall’arresto. Nel cuore della notte si sono precipitati prima lungo le scale del palazzo e poi in strada per cercare di far scappare il ras del quartiere, il latitante Luigi Cuccaro, capo operativo di uno dei clan più sanguinari di Napoli, ricercato da due anni perché destinatario di tre ordini di custodia cautelare richiesti dalla Direzione distrettuale antimafia, per omicidio, associazione mafiosa, droga e contrabbando. Urla, strattoni, insulti, spinte e, come spesso accade in questi casi, con donne e bambini in prima fila.
La reazione, che non ha salvato il capoclan, non meraviglia sia perché frequente in questi casi sia perché si tratta della stessa famiglia camorristica che sino a qualche anno fa era regolarmente omaggiata durante le processioni religiose con tanto di «inchino», applausi, canzoni, volo di palloncini, minuto di silenzio («per i nostri morti») e benedizione finale del prete.
IL BLITZ A CASA DEL COGNATO
Dagli Anni 80 il clan Cuccaro regna incontrastato a Barra e in altre aree della sempre turbolenta periferia orientale della città. Tutto questo però non ha fermato gli uomini del Nucleo investigativo del Gruppo di Torre Annunziata che ieri, grazie al lungo lavoro d’investigazione, sono andati a prendere il latitante sin dentro uno dei suoi bunker, un piccolo vano nascosto dentro casa di un cognato. Una volta in trappola, lui si è arreso e mostrando la carta d’identità ha detto: «Sono io, sono Luigi Cuccaro».
A tradire il boss è stata la «tranquillità» di chi è costretto a fare il latitante nel proprio quartiere: aveva organizzato una festa per il suo onomastico. La sorpresa gliela hanno fatta i carabinieri. E a nulla è valso il tam tam e l’immediata mobilitazione della folla, se non a far discutere sugli altri aspetti della questione camorra.
In attesa che si comincino ad affrontare gli altri fondamentali aspetti della secolare emergenza, il risultato «militare» di Barra assume grande rilevanza perché ottenuto in una zona tra le più calde e contro uno dei pochi clan che hanno retto bene allo tsunami di arresti e pentimenti che si è abbattuto su di loro negli ultimi anni.
«LO STATO HA VINTO»
Appare dunque soddisfatto il primo artefice di questo successo, il comandante provinciale dell’Arma, il generale Antonio De Vita: «Abbiamo dato un’ennesima dimostrazione che a Napoli non esistono zone franche e al tempo stesso abbiamo voluto dare un segnale a tutte le persone perbene che vivono a Barra e nel resto della città: non c’è roccaforte che possa fermare lo Stato, non esistono zone franche».
Il 42enne Luigi Cuccaro - che era subentrato al fratello Angelo un anno fa - è accusato, insieme con l’altro fratello Michele (ancora latitante e ora unico reggente del clan), anche dell’omicidio del boss Ciro Veneruso, detto «o’ baffone», ucciso nel 1996. A questa cosca è ricondotto l’agguato del novembre del 2000, durante il quale fu ammazzata Valentina Terracciano, una bimba di due anni.