LAVORA, PRODUCI, MUORI – L’ORDITOIO CHE HA UCCISO LUANA D’ORAZIO ERA STATO MANOMESSO PER PRODURRE DI PIÙ. ERA STATA RIMOSSA LA SARACINESCA DI PROTEZIONE, CIOÈ LA SBARRA CHE AVREBBE IMPEDITO ALLA 22ENNE DI AVVICINARSI TROPPO E DI FINIRE RISUCCHIATA DAI RULLI – NON SOLO: LA RAGAZZA ERA STATA ASSUNTA DALL’AZIENDA TESSILE DI MONTEMURLO CON UN CONTRATTO DI APPRENDISTATO PER “FUNZIONI DI CATALOGAZIONE” E NON DOVEVA MANOVRARE QUELLA MACCHINA PERICOLOSA…
Claudia Guasco per “il Messaggero”
L'ORDITOIO DOVE LAVORAVA LUANA D'ORAZIO
Luana D' Orazio non doveva lavorare all' orditoio, con un contratto di «apprendistato professionalizzato» non era la sua mansione, e quella macchina non era in condizioni di sicurezza. Peggio, sarebbe stata manomessa per produrre di più.
La morte dell' operaia di ventidue anni, mamma di un bimbo di cinque anni e mezzo, schiacciata dai rulli il 3 maggio in un' azienda tessile di Montemurlo in provincia di Prato, sembra essere la somma di regole non rispettate, illegalità e rischi sottovalutati. «Spero emerga la verità», dice combattiva Emma Marrazzo, che lunedì ha seppellito la figlia.
E un pezzetto alla volta, le indagini della Procura stanno ricostruendo ciò che è successo quella mattina attorno alle dieci. Che sarebbe tutto tranne una fatalità.
LA PERIZIA
I magistrati hanno sequestrato i due orditoi della fabbrica e dalla perizia è emerso che il macchinario gemello a quello su cui stava lavorando Luana aveva i sistemi di sicurezza manomessi.
Secondo i primi rilievi tecnici sarebbe stata rimossa la saracinesca di protezione, una sbarra che avrebbe impedito a Luana di avvicinarsi troppo e di finire risucchiata dai rulli. È un meccanismo indispensabile per prevenire gli infortuni sul lavoro, ma a volte viene eliminato per velocizzare le operazioni: in caso di necessità, gli addetti possono sistemare i fili senza interrompere la produzione.
Ma a rischio della loro vita. Da chiarire anche il motivo per cui non è entrata in funzione la fotocellula che blocca l' orditoio, se per un guasto o perché disattivata. Un precedente riferito da Emma Marrazzo spalanca uno scenario inquietante sulle condizioni di sicurezza all' Orditura Luana, ditta a conduzione familiare nella quale anche i proprietari e i figli lavorano alle macchine.
luana d'orazio leonardo pieraccioni
«Già in passato Luana ha avuto qualche problema. Mi ha raccontato di aver sentito tirare la maglia e di essersela infilata subito nei pantaloni. Non ti preoccupare mamma, sto attenta, mi ha rassicurato». Ma non è bastato e questa volta la giovane non ha avuto la stessa prontezza di riflessi. E forse nemmeno la preparazione adatta per quel compito. Stando a ciò che emerge dalle indagini, la giovane è stata assunta il 4 marzo 2019 con un contratto di «apprendistato professionalizzato» con mansioni di «catalogazione», niente quindi che prevedesse turni all' orditoio.
La Procura sta approfondendo anche questo aspetto, i pm vogliono verificare se Luana potesse svolgere quel ruolo ricevendo la formazione necessaria per un lavoro pericoloso. Come spiegano gli imprenditori del settore, i giovani impiegano anni per imparare il mestiere: ogni apprendista viene assegnato a un tutor e si comincia dai primi gesti, i più semplici, passando poi alle lavorazioni complicate. Luana è stata affidata a un operaio esperto? Da quanto è emerso sarebbe avvenuto il contrario: pochi giorni prima che morisse la giovane è stata affiancata da un ragazzo che l' aiutava.
NUOVI INTERROGATORI
La titolare della ditta Luana Coppini e il tecnico manutentore Mario Cusimano sono indagati nell' inchiesta per omicidio colposo e rimozione dolosa delle cautele anti infortunistiche. Presto saranno riascoltati dai magistrati, che chiederanno loro di illustrare le condizioni in cui lavoravano gli operai.
L' analisi sull' orditoio infatti potrebbe non essere decisiva, poiché accusa e difesa fissano l' incidente mortale in due fasi diverse. Per la Procura la ventiduenne è rimasta incastrata nel momento finale di lavorazione della macchina, quando l' ordito viene scaricato sul subbio, il grande cilindro rotante che avvolge il filo.
Mentre la difesa ritiene che sia stata agganciata mentre caricava la macchina, quando i movimenti del subbio vengono guidati mediate dei pedali. Emma Marrazzo non ha mai pronunciato parole di accusa, ma vuole che la morte di Luana non resti senza responsabili. «Chiedo giustizia non solo per mia figlia, ma per tutti i lavoratori che come lei hanno perso la vita. Non si può continuare a morire in questo modo».