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“LA DÉBÂCLE DELLA VACCINAZIONE IN EUROPA FINIRÀ QUASI SICURAMENTE PER CAUSARE MIGLIAIA DI MORTI INUTILI” - PAUL KRUGMAN, PREMIO NOBEL PER L’ECONOMIA, PICCHIA DURO: “LA CAMPAGNA È STATA RITARDATA DAI TENTATIVI DI PERSEGUIRE UNA POLITICA EUROPEA COMUNE, IL CHE ANDREBBE BENE SE L'EUROPA AVESSE QUALCOSA DI SIMILE A UN GOVERNO UNIFICATO. MA COSÌ NON È. SEMBRAVANO PIÙ PREOCCUPATI DI PAGARE TROPPO LE AZIENDE FARMACEUTICHE. QUINDI HANNO MINIMIZZATO I RISCHI…”
Camilla Conti per “La Verità”
«A very european disaster». Un disastro molto europeo. È questo l' esaustivo titolo dell' editoriale firmato ieri sul New York Times da Paul Krugman e dedicato alla gestione della campagna vaccinale nel Vecchio Continente.
Il premio Nobel per l' economia non ci va giù leggero. «La politica nell' Unione europea è stata segnata da un pasticcio dopo l' altro». Gran Bretagna e Stati Uniti hanno somministrato circa tre volte più dosi di Francia o Germania, e anche gli altri Paesi europei sono in ritardo. «La débâcle della vaccinazione in Europa finirà quasi sicuramente per causare migliaia di morti inutili.
E il fatto è che i pasticci della politica del continente non sembrano casi isolati, o poche decisioni sbagliate prese da pochi leader cattivi» ma «sembrano riflettere i difetti fondamentali nelle istituzioni e negli atteggiamenti del continente, compresa la stessa rigidità burocratica e intellettuale che ha reso la crisi dell' euro un decennio fa molto peggiore di quanto avrebbe dovuto essere», aggiunge l' economista americano. Indicando un filo conduttore del fallimento Ue: «I funzionari europei non sono stati solo avversi al rischio, ma avversi ai rischi sbagliati».
Ovvero: «Sembravano più preoccupati di ritrovarsi costretti a pagare troppo le aziende farmaceutiche, o a stanziare soldi per vaccini inefficaci o con pericolosi effetti collaterali. Quindi hanno minimizzato questi rischi ritardando il processo di approvvigionamento, mercanteggiando sui prezzi e rifiutando di concedere esenzioni di responsabilità.
Sembravano molto meno preoccupati per il rischio che molti europei potessero ammalarsi o morire perché l' implementazione del vaccino era troppo lenta», spiega il premio Nobel. Evocando una definizione data dal saggista americano Henry Louis Mencken del puritanesimo: «la paura ossessionante che qualcuno, da qualche parte, possa essere felice».
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Ecco, secondo Krugman gli eurocrati sembrano ugualmente perseguitati dalla paura che qualcuno, da qualche parte - che si tratti di aziende farmaceutiche o dei dipendenti del settore pubblico greco - possa trovare una soluzione per cavarsela.
Non solo. «In Europa la vaccinazione è stata ritardata dai tentativi di perseguire una politica europea comune, il che andrebbe bene se l' Europa avesse qualcosa di simile a un governo unificato. Ma così non è». La conclusione di Krugman è chiara: «Ancora una volta i responsabili delle politiche sono stati ossessionati dai rischi sbagliati. E l' Europa non è riuscita a coordinarsi». Morale: è stato un «fiasco».
Chissà se a Bruxelles faranno tesoro delle riflessioni di un premio Nobel. E se il whatever it takes di Ursula von der Leyen si tradurrà davvero nell' uso dei poteri di emergenza previsti dai trattati Ue per assumere il controllo della produzione e della distribuzione stoppando le esportazioni delle fiale nei Paesi extra Ue.
Di certo, la linea della Commissione viene vista da Londra come creata ad hoc per danneggiare il Regno Unito dove, per altro, la campagna vaccinale va a gonfie vele.
Il primo ministro britannico Boris Johnson starebbe cercando di costruire un fronte contro la Commissione Ue - e quindi anche contro Germania, Francia e Italia - per impedire che il divieto di esportazione dei vaccini dal blocco possa influire sul rifornimento di dosi del vaccino Pfizer-Biontech.
Secondo il Times, Bojo ha parlato giovedì sera con Alexander De Croo, il premier belga contrario al «ban» che rischia di danneggiare l' industria farmaceutica nazionale, in particolare l' enorme sito di produzione a Puurs della Pfizer. Nuove alleanze si stanno, dunque, formando.
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Con riflessi sulla supply chain dei vaccini (in Belgio c' è anche il centro logistico di Moderna e a Seneffe c' è lo stabilimento che si occupa di produrre e fornire il vettore virale di Astrazeneca).
Nel frattempo, Angela Merkel attiva il «freno d' emergenza» per far fronte alla terza ondata del Covid in piena campagna elettorale e con una Cdu in estrema difficoltà.
Le somministrazioni di Astrazeneca - sospese lunedì su input dell' istituto tedesco Ehrlich cui si sono poi allineati anche altri big europei come Italia, Francia e Spagna - sono ripartite ieri. La Merkel ha detto che si lascerebbe vaccinare con Astrazeneca «ma vorrei aspettare che sia il mio turno».
Qualche ora prima il ministro della Salute, Jens Spahn, aveva lanciato un nuovo allarme: «Attualmente non c' è in Europa una quantità sufficiente di dosi per fermare la terza ondata di coronavirus attraverso la sola vaccinazione», ha detto.
La situazione è talmente critica che il governo tedesco è disposto ad andare avanti da solo con il vaccino russo Sputnik. «Se verrà approvato dall' Ema e la Ue non prenderà una decisione centralizzata per eventuali forniture, la Germania potrà autonomamente siglare contratti con Mosca», ha detto Spahn aggiungendo di essere in contatto con «i colleghi russi del ministero della Salute a diversi livelli». Gli ha fatto eco la stessa Merkel in serata: «Ogni vaccino che viene autorizzato dall' Ema può essere utilizzato. Questa è per noi la strada preferenziale.
Se non dovesse esserci ordine europeo, cosa che io non credo accadrà, sarebbe possibile percorrere una strada tedesca». Proprio ieri il Fondo russo Rdif ha trovato un accordo con Stelis Biopharma per la produzione in India di 200 milioni di dosi dello Sputnik che si aggiunge al contratto già in essere con Gland Pharma of India per 252 milioni di dosi. La produzione per entrambi gli accordi inizierà non prima del terzo trimestre di quest' anno.
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