DIES IRAQ - LA LOTTA ALL’ISIS INIZIA DA INTERNET: MOLTI ACCOUNT TWITTER VENGONO LASCIATI APERTI PER CONSENTIRE ALL’INTELLIGENCE DI INFILTRARSI. E LA POPOLARITÀ DEL CALIFFATO DIVENTA UN’ARMA A DOPPIO TAGLIO
Guido Olimpio per il “Corriere della Sera”
Pochi giorni fa l’intelligence occidentale ha espresso la propria contrarietà per la chiusura di alcuni account twitter di simpatizzanti dell’Isis. Per gli analisti è meglio lasciarli aperti, sono una finestra sul mondo dei militanti. A volte seguendo i messaggi si è in grado di ricostruire contatti, amicizie, luoghi di un presunto estremista.
I seguaci dell’Isis, ma anche quelli di altri movimenti ritenuti pericolosi, appaiono spesso sui social network. Il traffico talvolta è impressionante. Usano la rete per la propaganda, per documentare le operazioni e anche per intimorire gli avversari postando foto truculente.
Teste mozzate, esecuzioni di massa, volti di prigionieri in preda al terrore. Insieme a questo però ci possono anche essere delle notizie utili all’intelligence. Molti volontari occidentali finiti in Siria sono abbastanza puntuali nel raccontare quello che fanno. Il jihadista americano Douglas McCain, ucciso pochi giorni fa in battaglia, ha tracciato sul web un «sentiero» interessante. Magari non ci sono segreti, però frammenti che aiutano a comporre il quadro.
Il filone investigativo che si dipana lungo la rete vale sopratutto per i combattenti che partono dall’Occidente o dal Nord Africa senza avere grandi contatti operativi. Scoprono la «causa» guardando video, leggendo articoli. Cresce la febbre, vogliono partecipare. Un processo già visto negli anni ‘90 con il qaedismo. Allora c’erano le videocassette che mostravano i combattimenti e i martiri della Jihad.
Oggi, nell’epoca di Youtube, tutto è più rapido. Anche se poi serve sempre un aggancio che permetta all’aspirante mujahed di entrare nel cerchio. Alcuni vanno letteralmente all’avventura recandosi in Turchia, i più scaltri sanno già dove bussare. Si tratta comunque di passaggi delicati, dove il volontario può compiere il passo sbagliato lasciando tracce indelebili.
Ecco che la grande popolarità dell’Isis negli ambienti più estremi, con tanti che desiderano arruolarsi, si trasforma in un’opportunità per l’intelligence. C’è modo di monitorare e anche di infiltrare elementi. Viene anche da pensare sul ruolo di alcuni imam (o presunti tali), molto ciarlieri, che minacciano e si presentano in pubblico come «membri dell’Isis». Un po’ troppo in vista per essere parte di un’organizzazione con tanti avversari.
Il pericolo dell’infiltrato è avvertito dall’Isis e dalle fazioni che si richiamano al qaedismo. Pochi giorni fa, notizie (inverificabili) trapelate dalla Siria, sostengono che un importante dirigente è stato ucciso per ordine di al Baghdadi in quanto sospettato di aver passato informazioni alla Gran Bretagna. Ubaida al Magribi, responsabile del controspionaggio avrebbe pagato con la vita la collaborazione con il nemico o un semplice errore. La previsione è che altri potrebbero fare la stessa fine.
E’ inevitabile. Quando un’organizzazione cresce, i suoi ranghi diventano meno compatti. Si aprono varchi, non tutti sono «provati», certi rapporti di fedeltà possono essere meno solidi. E’ su questo che punta l’intelligence, pur sapendo che la lotta sarà lunga.