PARRUCCA BLU LA TRIONFERÀ - IL MARCHESE FULVIO ABBATE RI-DIVENTA “FULVIA” PER LIBERARE LA SINISTRA DAL FETICCIO BOLDRINI E ABBATTERE TUTTE “LE RADICAL BIDÉ”: “UN POMPINO È UN POMPINO COSÌ COME UNA ROSA È UNA ROSA”
Fulvio Abbate per “Il Garantista”
Fulvia, con la sua parrucca, dapprima verde, e infine di un blu intenso quasi giottesco, è nata esattamente il 7 febbraio del 2007, con un articolo apparso su “l’Unità” di allora, muovendo da una riflessione sulla “femminilizzazione” del giornalismo d’opinione, assai prima che quel giornale finisse nelle mani di un maschio ambizioso di sinistra veltroniana quale Concita De Gregorio.
L’obiettivo, almeno inizialmente, era d’ottenere una semplice rubrica, metti, su “Vanity Fair” o magari su “Cosmopolitan”, una rubrica con la sua testatina con tanto di foto dell’opinionista, e la firma chiara e tonda a seguire: Fulvia Abbate, testualmente. E poco importa che dietro a Fulvia vi fosse un autentico maschio, cioè Fulvio Abbate, scrittore eterosessuale dichiarato, quello che tutti sanno essere quel che è con i suoi libri e per la televisione monolocale Teledurruti.
Dopo qualche tempo, pensate un po’, Fulvia ha però davvero trovato uno spazio per sé, su un giornale oggi svanito, “Il Riformista”. Una discreta vittoria, insomma. Un modo di dire: avete visto, siete riusciti a farmi diventare femmina? E così facendo, da femmina, rispondo alla schiuma del giornalismo che sembra avere perduto il piacere dell’invenzione, della libertà e dell’eros stessi. In breve, la nascita di Fulvia è stato un fatto decisamente politico, se non di più, una prova di pura fantasia, un dono a se stessi, un’avventura narcisistica davvero invidiabile.
Così molto presto Fulvia ha preso a mostrarsi anche in video, dispensando le sue riflessioni su questo o quell’altro argomento, e non certo assumendo su di sé il peso inutile del gossip, attività ritenuta per definizione un appalto femminile, semmai cercando di rispondere con il paradosso a un progetto di regressione culturale e soprattutto del fantastico in atto, anche e soprattutto a sinistra.
Dimenticavo di dire che, a parte mio padre, nessuno ha pensato che Fulvia avesse deciso di esistere in quanto opzione esibizionistica omosessuale, o come in una sorta di burlesque culturale. Già, dietro Fulvia non c’è proprio nessuna provocazione. Mio padre invece, quando ha visto la foto di Fulvia lì sul giornale ha detto testualmente: “Non immaginavo facessi le marchette”. E io: “No, papà, è un’operazione, come dire, situazionista”.
E Lui, di rimando: “Tu dirai che è un’operazione situazionista, ma gli altri penseranno che ti prostituisci vestito da donna”. Povero papà, morto qualche mese dopo, senza che né Fulvia né Fulvio siano riusciti a convincerlo, e dire che lui non era affatto uno stupido moralista, ma evidentemente il passo compiuto dal figlio, cioè mettere al mondo d’ogni media Fulvia, gli è sembrato eccessivo, imbarazzante, forse perfino vergognoso.
Va detto ancora che Fulvia, ama, sì, indossare l’anello d’oro e avventurina appartenuto a Gioconda, la zia più amata, ma non ha mai rinunciato alla voce maschile di Fulvio, il suo doppio, sempre escludendo di abbandonarsi alla parodia femminile, come avviene invece nei siparietti discotecari delle drag queen.
Affinché sia chiaro a tutti il valore d’uso politico e liberatorio ulteriore rispetto ai moralismi, in proposito sarà bene ricordare che c’è stato modo di vedere Fulvia mentre invitava la sinistra a liberarsi del feticcio di Laura Boldrini.
Fulvia, insomma, ha dichiarato fin dalla sua prima apparizione pubblica, d’essere davvero altro dalla sinistra del tacco basso, della zuppa di farro, della panzanella servita a “L’ultima spiaggia” di Capalbio, anzi, di Chiarone, di non avere nulla da condividere con lo spirito femminista borghese rionale del “Se non ora quando”, mostrando di non provare timore a dare il nome esatto alle cose, alle istanze, ai desideri, e dunque un pompino è un pompino, così come una rosa è una rosa, come diceva di quest’ultima la scrittrice Gertrude Stein. Le stesse femministe, da quartiere borghese romano Nemorense, Prati o Parioli, che hanno rifiutato di dibattere proprio con Fulvia su le pagine “Micro Mega”.
Come un kit di salvataggio ogniqualvolta c’è da affermare la fantasia, così come Diabolik si ritira nel suo laboratorio segreto dove stanno le mille maschere delle altrui identità, così, allo stesso modo, Fulvia mette mano alla sua parrucca blu, copre gli le palpebre di un ombretto che ha la stessa brillantezza delle code di pavone, e così va, sale sulla propria barricata e sorride innanzitutto a se stessa.
Quanto alla scintilla che ha convinto Fulvio a diventare Fulvia, fra molto altro, c’era di non avere più voglia d’essere masochisticamente ignorato dal lettore narcotizzato dai luoghi comuni, e dunque non restava che inventarsi finti rubrichisti rosa, pronti a tirare fuori le vere armi dell’immaginazione.
Perché appunto se tu scrivi di cose spicciole non ti si fila ormai nessuno, mentre se decidi di buttarti a capofitto nella storia delle infelicità amorose, allora tutto cambia, e subito prendono a leggerti con vera passione. “Per questa ragione anch'io, visto che non sono fesso e che la politica interessa sempre meno, e perfino allo stadio non c'è più gusto d'andare, ho pensato bene di riciclarmi come autentico rubrichista da posta del cuore”, così dicevo testualmente.
fulvio ABbATE - Foto Fulvia nuova
E ancora “Dovrò combattere, e combatterò. Dovrò surclassare le Natalie Aspesi, le Marie Latella, le Contesse Clara, le Donne Letizie, le Platinette, le Laure Laurenzi, le Guie Soncini, le Marie Corbi, e davvero, stringendo i denti, le surclasserò. Vincerò su tutte le altre colleghe professioniste del ramo rosa, femministe e no, sarà davvero un lavoro duro, eppure lo affronterò con pervicacia, mi comporterò insomma come quelle disoccupate che, una ventina e passa d'anni fa, quando arrivarono i computer corsero a iscriversi a una scuola per programmatori, nella certezza che lì ci fosse un vero sbocco occupazionale”.
LAURA BOLDRINI E LUCIANA LITTIZZETTO NEL BACKSTAGE DI CHE TEMPO CHE FA
Quanto al titolo della rubrica di cui sognavo inizialmente l’esistenza, visto che in queste cose occorre essere diretti, sinceri, concreti, mi sarebbe piaciuto che si intitolasse austeramente “I cazzi tuoi”. Sì, proprio così, “a cura della vostra cara amica Fulvia Abbate”.
Ecco la ragion d’essere di Fulvia, dimostrare che è possibile inventare perfino un’identità ulteriore in nome dell’amor proprio, contro ogni conformismo e ipocrisia. Come si dice in questi casi, Fulvia salvando se stessa ha salvato il mondo!